Poesia scritta come fosse una preghiera. Una critica ai costumi contemporanei e al nichilismo imperante, sperando che molto presto quacosa possa cambiare.

A te.

A te che sei nascosta, volevo dirti: ”ti vedo”

a te che conosci il modo, “Dicci, come?

Come sei scappata prima della fine?

A te, che hai suddiviso il potere in gerarchie

raccontando la storia dei vincenti e bruciando quella dei perdenti.

“Dicci, se quello che respiriamo è opera tua.”

A te, regina con abiti di geisha, donna multiforme…”guidaci”.

Femmina cui piace uccidere senza sporcarsi,

a te, dea umana, santa, protettrice delle cause perse,

che ci hai guidati dal voler essere al voler avere.

A te, che ci inginocchi su briciole made in china scambiate con la nostra dignità,

“guidaci, ancora, tra mercatini e mercatoni, alla ricerca della nostra identità.”

A te, demone che confeziona assassini e,

a te, che ci vaccini, benedicendoci con il rame come fossimo pomodori,

a te, che hai emarginato il brutto e mercificato il bello,

a te, che hai colpevolizzato i deboli a favore dei potenti,

a te, che corrodi la cultura per sensibilizzare uguaglianza e stabilità,

a te, che vituperi onanismo e ti ritrovi nelle vesti di bambina,

“insegnaci a bombardare giustificando libertà, pace e democrazia”.

A me, che sono parte di te. Ti odio.

A te, cavaliere sibaritico e catafratto, che maneggi l’arte della guerra per compensare mancanze,

a te, figlio di Urano, che hai inventato il tempo per dare una misura all’esistenza

e adesso lo lanci sul mercato a forma di pasticca.

A te che hai trasformato il bisogno in desiderio e guadagni dal proibizionismo

“scegli la note con cui suonare i canoni blasfemi di questa poesia”.

Scegli il suicidio per rinascere i colori, ora dormi.

A noi, contrappunti di anime diverse, amiamo.