Il Viaggio Finale è un racconto breve di Daniele Minucci sulla desolazione della nostra società.

Lo sapevate che, in un punto di confine tra la Via Lattea e la Galassia di Andromeda, si erge una imponente muraglia di rifiuti che mozza il fiato, quasi impedendo il passaggio? Piccole sonde inattive da anni, rottami di altre spedizioni, navicelle private disperse nel nulla o vittime di incidenti spaziali, riassunti di immigrazione interstellare, navette degradabili che lentamente si frammentano in piccole unità destinate a scomparire. Materia inghiottita da buchi neri, metallo organico forato dal passaggio di meteoriti. Ed è così piacevole la sensazione di questo naufragio. Pure io, all’interno del mio sistema degradabile, perdo la coscienza nello spazio, uno spazio che si auto ingurgita vomitando di tanto in tanto scenari commoventi e strazianti, e immobile attendo il momento giusto per azionare il processo.

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Passo il tempo leggendo storie di vecchi astronauti e osservando attentamente l’universo che mi si para davanti, perso in uno stato allucinato. La navicella pensa ad esplicare tutte le mie funzioni vitali. Su mia richiesta offre paccottiglie che richiamano il sapore dei cibi terrestri.

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Sono qua per terminare i miei giorni. Quando mi sarò stufato di questo viaggio premerò un pulsante e il sistema interromperà la gestione delle sue responsabilità, lasciando entrambi in un’oscurità eterna. Naufragheremo per alcuni giorni attraverso lo spazio, e la mia sarà una morte semplice e indolore. L’ossigeno cesserà lentamente lasciandomi a sogni cullanti.

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Biblioteca di bordo, oggetto n.27, cap.3-Jonathan Sweetfisht. Uno dei miei articoli preferiti. Sweefisht intraprese un viaggio interstellare in solitaria della durata di 20 anni terrestri. Tornato sulla terra era completamente cambiato. Dichiarò ai microfoni di aver visto scenari impensabili ma estremamente geometrici. Durante il viaggio, si insinuò nella sua mente un’idea folle quanto interessante. Si concentrò prevalentemente sulla conformazione delle costellazioni, ed arrivò ad ipotizzare che qualsiasi corpo contenuto nello spazio non era altro che un atomo. Atomi che, una volta uniti, creavano un’entità immensa, con una vita propria, cosciente. Questo era lo spazio, questa grande entità che ci conteneva tutti. Durante il suo viaggio Sweefisht non comunicò mai con la terra, non scattò foto e non fece ricerche che potessero provare la sua teoria. Per molti non riuscì a reggere la solitudine spaziale.

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Bedivere è la mia IA personale. Non l’ho mai azionata perché avevo bisogno del silenzio assoluto. Adesso, in cerca di compagnia, digito il mio codice ed ecco apparire Bedivere su un piccolo schermo della navicella. Ha le sembianze umane e un aspetto glaciale. La sua voce improvvisa mi fa sobbalzare.

“Salve signore” dice Bedivere. “Dove siamo?”

Lo guardo stupito, cerco di riprendermi e poi rispondo. “Non lo so…”

“Da quanto tempo è cominciato il suo viaggio?”

“Non so neanche questo B, ormai è da molto che non conto più i giorni…infondo, sono qua per questo…cancellare i luoghi, cancellare il tempo. Almeno la loro concezione umana.”

“Non capisco”

“Ti faccio un esempio…per me quassù il tempo non esiste, se non sotto forma di colore…ultimamente è stata questa la mia unica forma di orientamento spazio-temporale. Il cambiamento delle tonalità.”

“………….”

“Qualcosa non va?”

“Perché è qua?”

“Come scusa?”

“Perché ha intrapreso questo viaggio?”

“Non riesco a ricordarmi molto bene neanche questa cosa…dovrei pensarci meglio”

“Lei è qua per morire?”

“…..sì”

“Perché qua? Perché è fuggito dal mondo?”

“Non c’è un vero e proprio motivo…almeno, ce ne sono molti ma non credo che siano ottimi…era un mio grande desiderio, farla finita qua…chi non vorrebbe vedere lo spazio prima di morire?”

“………”

“Lo sognavo fin da piccolo. Ricordo che rimasi folgorato dall’intervista di un famoso astronauta. Raccontò che si era sempre divertito molto ad osservare le stelle dalla terra. Le costellazioni dal nostro pianeta assumevano forme riconoscibili come quelle di un toro, o di un emù. Ma lassù, una volta avvicinatosi ad esse, non erano più identificabili ma, anzi, più vi si avvicinava e più ne scopriva altre, ed altre ancora. Si susseguivano all’infinito, magari nascoste. Bastava avere una prospettiva diversa, nuova, per scovare inaspettatamente centinaia di nuove costellazioni. Da quel momento decisi che avrei visto lo spazio, un giorno. Poi improvvisamente, con l’evoluzione dei viaggi interstellari, comparvero delle agenzie che offrivano un servizio particolare. Un viaggio eterno, sino alla fine dei propri giorni, all’interno di una navicella che avrebbe cominciato un percorso di degradazione solo quando gliel’avremmo ordinato. Inizialmente i vari governi vietarono la cosa. Ma si scoprì che il sistema era usato da alcune nazioni per liberarsi degli immigranti, di tutti gli indesiderati per cui non c’era più posto nella terra. Lo spazio era la loro pattumiera immensa, dove nessuno avrebbe visto ne trovato i loro crimini. Così, dopo lo scandalo, i viaggi eterni, le villeggiature finali, furono permesse al mondo intero a prezzi accessibili. Divenne subito una moda, tutti i malati terminali e gli anziani decisero di finire la propria esistenza lassù. Poi fu il tempo dei più giovani, dei disadattati, o forse solo dei sognatori. Io sono uno di questi, ecco perché fondamentalmente sono qua. Le navicelle non seguono un percorso preciso, almeno che non sia indicato dal cliente, si perdono semplicemente nello spazio, vagando per un periodo massimo di 10 anni terrestri. Ma queste cose dovresti saperle pure tu….”

“Sì….Non ho mai visto il mondo…come è il mondo?”

“…..ahah..mio Dio, questa è una domanda veramente difficile. Gli ultimi ricordi che ho sono quelli del “Viaggio Finale”, l’agenzia dove ho prenotato il mio viaggio. Avevano dei prezzi veramente ottimi. Ricordo anche una mia vecchia ragazza. Sognava di diventare una grande programmatrice, ma finì a fare porno 3d per testare i nuovi motori grafici. Poi ricordo un sacco di dolore, e sofferenza, e guerre, truffe, grandi artisti, donne bellissime, disperazione, religioni, paura e un’immensa felicità mischiata a piscio e merda. Nient’altro. Solo immagini nebulose destinate a svanire.”

“Non ho mai visto il mondo. La mia memoria ha in archivio solo file video dello spazio registrati durante il mio sonno. Nel mondo, dove sono stato costruito, non ero stato ancora attivato. Potrò vederlo un giorno?”

“Mi dispiace ma quando deciderò di fermarmi ti fermerai pure tu e la navicella comincerà a degradarsi. Le superfici si limeranno lentamente accartocciandosi nello spazio un po’ per volta. Perderemo coscienza insieme e diverrai un semplice piccolo detrito destinato ad essere fotografato dagli emigranti spaziali che verranno.”

Bedivere ha per un secondo un’espressione triste sul suo volto artificiale mentre mi guarda dritto negli occhi. Eccolo qua il mio compagno di viaggio, destinato nello spazio alla nostra stessa infelicità sulla terra. Mi fermo un secondo a pensare ed improvvisamente commisero Bedivere per non avere mai visto il mondo, anche se non riesco a capire il motivo. Intanto lui continua a fissarmi ed io sposto lo sguardo verso le stelle che si susseguono intorno a me, aspettando l’attimo perfetto in cui tutto finirà.

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