Drogato per Amore: racconto inedito di un giovane talento letterario.

Una gomma da cancellare Pelikan ottagonale blu da inchiostro: la sfregava con forza e vigore. Aveva provato prima con il pane, poi con una Staedler Mars Plastic e infine con una Faber Castel bicomponente – mescola rossa per matite, quella blu per inchiostro, senza ottenere alcun risultato.

“La Pelikan per l’inchiostro è perfetta”, gli avevano detto, “deve solo fare attenzione a non usare troppa forza altrimenti si mangia la carta”. Quest’ultimo avvertimento lo aveva convinto. Con la Pelikan ce l’avrebbe fatta.In terra filamenti di gomma blu si radunavano intorno allo sgabello. L’inchiostro nero composto da resina acrilica, pigmento, glicerina, acqua, amamelide, alcol isopropilico, risultava impossibile da rimuovere. Più strofinava più i filamenti di gomma da blu si coloravano di rosso, fenomeno non accaduto con gli altri tipi di gomma: lo prese come una dimostrazione di efficacia.

 

Alcol, marjuana, hashish, LSD, MDMA, mescalina, no cocaina perché peggiorava la sua situazione, no eroina perché aveva paura degli aghi, viaggio, tatuaggio, lancio con il paracadute, bunjee jumping. Queste sono alcune delle attività che aveva provato/subito per dimenticarsi di lei: alcune fatte singolarmente, altre combinate tra loro.
Ad esempio, quando si era lanciato dal ponte Salle legato ad un elastico, nel Parco Nazionale della Majellla, il suo corpo aveva lottato per contrastare due forze: la gravità e la dietilamide dell’acido lisergico. Non a caso aveva sperimentato tale mix: la gravità, o meglio, la caduta determinata da questa, avrebbe provocato nel suo corpo una massiccia produzione di dopamina nonché di adrenalina; a sua volta l’LSD avrebbe stimolato la produzione di serotonina, istamina e ancora di adrenalina. Quello che sperava era di raggiungere, attraverso un sovraddosaggio di mediatori chimici, una overdose di benessere: che era ciò che riteneva necessario per sconfiggere la depressione post-lei. L’overdose, in effetti la raggiunse, ma fu una cosa diversa. Non si trattò banalmente di un esperienza ‘combatti e fuggi’, fu ben altro. L’LSD amplificò l’effetto della caduta e la caduta quella dell’LSD, così che si ritrovò a cadere per circa dieci giorni, urlando con il classico sorriso ebete che solo chi precipita sa fare, sconvolto dalla tachicardia, dalla stipsi e da una confusione percettiva che gli alterava tutti e cinque i sensi.

Quei dieci giorni non furono però una disfatta, ma al contrario un piccolo ma significativo successo, un passo nel lungo cammino che lo separava dall’elisir di euforia permanente. Dieci giorni drammatici, di autentica agonia: furono però anche, una manciata di ore, totalmente prive della sua costante presenza, che però una volta passate, tornò ad essere quel profondo dolore che assediava quel corpo lungo e smagrito. Doveva trovare un metodo, una ricetta, per stabilizzare quell’euforia presente durante quelle 240 ore neutralizzando però gli effetti collaterali.

 

Il vento lo colpiva dritto in faccia, i continui sobbalzi lo facevano andare ripetutamente sul pavimento, dal portellone spalancato vedeva per metà il mare e per l’altra metà il litorale laziale: dall’alto, quel panorama, sembrava una partita a tetris ben giocata, con tutti i tetramini ben disposti. Non riusciva a capacitarsi di essere stato così lucido, nonostante lo stato delle cose, da aver fatto una partita a Tetris così ben impostata e vincente. Era euforico, felice, come non lo era da tempo. Le sue vescicole stavano rilasciando serotonina nel citoplasma e l’aumentata quantità di serotonina fuoriuscita dalle sinapsi stava determinando una stimolazione dei recettori serotoninergici con il conseguente impennamento vertiginoso dell’umore. Ciò era provocato non dall’altezza di 4000 metri a cui stava viaggiando lo Skyvan, né tantomeno dalla paura del lancio che entro poco avrebbe dovuto fare ma semplicemente dall’assunzione della metilenediossimetanfetamina o la più comunemente nota MDMA. In realtà non c’era una spiegazione empirica che potesse spiegare cosa stava accadendo nel suo corpo: la sua ricerca lo aveva portato alla conclusione che per stabilizzare la felicità derivante dall’alta concentrazione di dopamina nel cervello fosse necessario assumere un mix di sostanze psicoattive. Le sostanze prescelte furono: alcool (Whisky Islay Ardbeg) e marjuana (Amnesia Haze). Il consumo simultaneo delle droghe combinato con una forte scarica di adrenalina dovuta dal lancio con il paracadute avrebbe dovuto generare la stabilizzazione tanto agognata. Purtroppo però non andò così.

Il pilota tandem con il quale era imbragato, alla settima volta che finiva con il culo per terra, avrebbe forse dovuto decidere di sospendere il lancio, invece decise di mettere fine a quel movimento rapsodico lanciandosi per primo dal portellone spalancato con la, non tanto celata, intenzione di terrorizzare il principiante indisponente e sovraeccitato. Dopo circa 5 secondi di caduta libera ad una velocità di circa 170 km/h l’istruttore intuì che qualcosa non era andata per il verso giusto. Una scarica di liquidi lo colpì praticamente ovunque, una secchiata di liquami umani dall’odore maligno, pungente, acre: il vomito aveva uno strano sapore torbato. Dopo di che, passato il vomito, cosa alla quale era preparato, dovette fronteggiare dapprima le convulsioni e poi gli attacchi epilettici del suo passeggero provocati dal sovraccarico di serotonina e dopamina.

 

Per otto ore ti dicono quello che devi fare, come ti devi vestire, con chi puoi parlare. Lei correva sulla spiaggia con il sole in faccia. Nonna che cucina. Voci lontane. A baseball non puoi più giocare, neanche con la Tommy John surgery. Quando ti deciderai ad aggiustare la tavoletta del cesso? Il tatuatore lo guarda con diffidenza e valuta l’opportunità di evitare quel tattoo. Il té è bollente, ma come fai a berlo amore? La mamma seduta vicino a lui che gli tiene la mano. Sorrisi, coccole, sesso. Lacrime che sgorgano da nuvole gonfie di dolore. Pioggia. Io vado, torno stasera. Attenta che fuori piove. Passeggiate lunghe chilometri. Se entri in quel negozio ti uccido. Troppe scarpe. Troppe borsette. Non trovi che sia la totale privazione di te stesso? Giacca e cravatta, riunioni, lavoro. 8 ore al giorno senza di te per dieci anni. Dormi e ti avrei dovuto stringere. Ho un credito di 19.040 ore. Il papà seduto vicino a lui che gli tiene la mano. Quel film, quei film: “se nel titolo non c’era una delle seguenti parole – amore, amicizia, arcobaleno, felice, sposo, amica, tenerezza, gelosia, sole, lui, lei e via dicendo – non erano per lei”. Il cane seduto vicino a lui che gli lecca la mano. Stasera di nuovo vellutata di carote. Io sulla tazza e tu sulla tazza dell’altro bagno. Partire senza di te. Il molo che si allontana. Le lacrime che provano a raggiungerlo. Dover partire perché te non ci sei più. “Sei sicuro? Dopo tutto quello che è accaduto vuoi davvero questa V sulla pelle?” Inchiostro. Lacrime. Pioggia. Ho il keeway, la pioggia non uccide. Attenta che fuori piove. Pedalo piano amore. Il divano bagnato. Il ragazzo che allo stop non frena. Io muoio. No, è lei a morire. Io impazzisco.

 

In ospedale restò, dopo il lancio, per due mesi. Lo stabilizzarono con il litio. La sua memoria era compromessa, le sue funzioni celebrali no. Riusciva ad alimentarsi e a svolgere tutte le funzioni biologiche. Aveva capacità di ragionamento e istinto di sopravvivenza. Non era più lui. Si poteva però dimettere e così fu. Era però come un involucro vuoto, scricchiolante, pronto a implodere. Sulla spalla aveva quella lettera, ed era l’unica cosa che gli era rimasta di lei, pochissimi altri ricordi e un dolore inumano. Quella lettera non significava nulla, lei era dentro di lui, anzi era l’unica cosa rimasta dentro di lui. Il sangue intorno allo sgabello oltre al blu si stava colorando di nero. Nessun dolore. La Pelikan, anzi le sei Pelikan avevano fatto il loro dovere, estirpando pelle e tatuaggio avevano rimosso ciò che di lei era su di lui ma che non era lei.