Con la morte di Licio Gelli è definitivamente calato il sipario sul sospettato legame tra P2 e servizi segreti statunitensi. 

Licio Gelli muore e assieme a lui, forse, svaniscono le speranze di far luce sulle reali dinamiche di quelli che furono tra i più oscuri avvenimenti della storia d’Italia dal secondo dopoguerra. Le maggiori testate giornalistiche hanno sprecato fiumi di parole nel descrivere colui che parrebbe essere stato per molti il burattinaio degli anni di piombo, nascosto a ‘sguardi indiscreti’ da un velo nero come la sua fede fascista. Leggendo i citati articoli però , si ha come l’impressione che il Gran Maestro abbia interpretato un ‘one man show’ , organizzando o venendo in qualche modo coinvolto negli scandali e nei maggiori episodi di violenza di quegli anni (ad esempio, ‘strage dell’Italicus’, ‘caso Moro’, ‘strage di Bologna’, ‘crac Banco Ambrosiano’ e morte del banchiere Roberto Calvi). Parrebbe quasi che i giornali abbiano avuto l’intenzione di liquidare frettolosamente un passato in qualche modo ancora scomodo, la cui memoria è ‘difficile’ anche solo da maneggiare. In realtà, come ben sappiamo, gli interessi in gioco erano molteplici, così come gli orchestratori dietro il proscenio della storia. A tal proposito, sono ad esempio intriganti le parole dell’ex presidente della repubblica Francesco Cossiga sui presunti legami tra Stati Uniti e la P2:

 

«La P2… Vede, in Italia, pochi hanno davvero capito che cos’era la P2. Quella Loggia è sempre esistita, Giuseppe Zanardelli, all’inizio del secolo, ne è stato uno dei capi. Era la loggia dove venivano trasferiti i grandi esponenti della politica, militari ed altro, quando la massoneria era la religione laica dello Stato. Era una loggia regolare, collegata al Gran Maestro. Negli anni Settanta, quando è iniziata la politica di avvicinamento tra Dc e Pci, la P2 è finita sotto l’ombrello americano, è diventata una specie di Lega dei ‘super atlantici’. Questa era la P2. Lei crede davvero che il capo di stato maggiore della Difesa, il comandante dell’Arma dei Carabinieri, i capi dei due servizi segreti, il segretario generale del Cesis e altre persone di questo livello prendessero ordini da Gelli? Ma siamo diventati matti? Gelli era soltanto una specie di segretario amministrativo della P2, in alto, molto più in alto c’era qualcun altro…»

 

Cossiga fa riferimento senza alcun giro di parole ad una diretta intromissione degli USA come attore di rilievo nelle vicende italiane degli anni di piombo. USA che addirittura, parrebbe, diedero il loro benestare al tentato golpe Borghese del 1970, a patto però che venissero rispettate alcune condizioni ben precise da loro dettate. Il ruolo attivo degli Stati Uniti fu poi ammesso nel 1990 anche da un presunto ex agente della CIA di nome Richard Brenneke, il quale al Tg1 dichiarò:

 

“Conosco la P2 dal 1969 e ho trattato con la P2 in Europa da allora sino ai primi degli anni 80. Vede, il governo degli Stati Uniti ha mandato soldi alla P2, in un certo periodo una somma inviata toccò i dieci milioni di dollari al mese. Dieci milioni di dollari in un mese, altre volte queste somme erano inferiore a un milione di dollari al mese, una volta agli inizi degli anni Settanta, mi ricordo chiaramente perché fui io a consegnare i soldi, ricordo che la somma totale superava i 10 milioni di dollari. Ci siamo serviti di loro per creare situazioni favorevoli nell’esplodere del terrorismo in Italia e in altri paesi europei agli inizi degli anni Settanta, fatti questi che ebbero gran peso perché ci furono dei governi che caddero in seguito a questa situazione”.

 

Nonostante Gelli abbia smentito le parole dell’agente americano, lo stesso riconosceva la forte influenza politica e militare statunitense, arrivando a descrivere l’Italia del dopoguerra come una vera e propria colonia. Ecco alcune sue espressioni: “dalla fine della guerra eravamo ormai una colonia degli Usa”. “[gli USA] Seguivano la situazione perché consideravano l’Italia una colonia americana. Grazie alle basi militari alleate c’erano in Italia 3/4000 soldati americani. Gli americani facevano una grossa ombra”. Il Gran Maestro temeva però che negli anni ’70 i comunisti guidati da Berlinguer (segretario del Partito Comunista Italiano) potessero in qualche modo rappresentare un pericolo: “[gli USA] erano un male da un lato, perché l’Italia non era padrona di fare ciò che voleva, ma un bene dall’altro, perché costituivano con la loro presenza, un’ulteriore sicurezza”. Ulteriore perché lo stesso Gelli ammette “di non avere mai creduto che il Pci potesse arrivare effettivamente al potere [ma] la presenza in Italia di un partito comunista molto forte poteva solleticare delle tentazioni”.

 

Non è quindi chiaro quale sia stato il vero livello di commistione tra la loggia del Gran Maestro Licio Gelli e gli Stati Uniti ma parrebbe logico pensare come, avendo le due parti in gioco un nemico comune (l’ideologia comunista), le loro strade si siano incrociate in più di un’occasione. Ed oltre ad essere probabili colpevoli (direttamente od indirettamente) di delitti ed attentati, e nemici giurati del cosiddetto ‘compromesso storico’ intrapreso da Berlinguer tra il 1973 e 1979 per avvicinare il Pci alla DC di Aldo Moro, governo statunitense e piduisti si sono macchiati di un’altra gravissima colpa: quella di aver lottato contro qualsiasi alternativa, imponendo con la violenza la propria visione delle cose senza lasciare spazio ai compromessi tra le fazioni in campo. Hanno cioè ‘forzato’, piegato la storia costringendola in una direzione a loro favorevole e non permettendo così un naturale dialogo tra le parti. Cosa sarebbe oggi l’Italia se la ‘strategia della tensione’ non avesse irrimediabilmente compromesso un’intesa tra il blocco comunista e le forze maggioritarie della DC? Ci è stata negata la possibilità di saperlo. Ed abbiamo ereditato un sistema capitalistico che forse così com’è, non ci appartiene fino in fondo, ‘costretti’ ad abbracciarlo a forza di sangue e segreti, e privo oggigiorno (almeno così parrebbe) di una sua antitesi, di un’alternativa.

 

Prendendo spunto da Hegel e la sua dialettica però, il processo di Aufhebung e quindi di ‘progresso’ si ottiene attraverso la tensione tra il preservare ed il cambiare, giungendo così ad una nuova sintesi; però cambiare in cosa, nell’Italia di oggi? Quale può essere l’alternativa di fronte a noi? Dovremmo riflettere sulla pericolosità intellettuale di accettare come unica possibilità quella di un ‘ereditato’ sistema economico di matrice statunitense, senza avere nessun’altra scelta: la possibilità di un suo superamento (progresso) potrebbe divenire impraticabile.

 

Si ringrazia il Dottor Giuseppe Miranda per i consigli.