La notte degli Oscar si avvicina...

Domenica 5:30 p.m., ora californiana, meno sette rispetto al meridiano di Greenwich. Ancora pochi giorni e si accenderanno i riflettori sul Dolby Theatre di Los Angeles, sede della cerimonia degli Oscar 2016.
La domanda che tiene banco è una: riuscirà finalmente Leonardo DiCaprio a vincere questa benedetta statuetta, dopo quattro candidature – le ultime tre per attore protagonista – ed altrettante delusioni? Forse mai come quest’anno l’attenzione è indirizzata decisamente verso la categoria Academy Award for Best actor in a Leading Role, spostando di qualche gradino verso il basso l’interesse per il premio più prestigioso, l’Oscar al miglior film.
Allora leviamoci subito il dente e diciamo che dovrebbe proprio essere l’anno buono, e poco importa se questa non è la sua migliore interpretazione, sebbene la più estrema; sarà un Oscar riparativo. Possibili outsider lo Steve Jobs di Michael Fassbinder e il Dalton Trumbo – rigoroso esempio di cinema civile a stelle e strisce – di Brian Cranston. Senza dimenticare Eddie Redmayne, vincitore lo scorso anno.

 

Spostando la nostra attenzione sulla cinquina – pardon, ottina – dei candidati nella sezione principe, verrebbe quasi da pensare che questa possa essere un’annata estremamente incerta, considerando quanti tra i film candidati si collocano su livelli qualitativi abbastanza buoni. Purtroppo, sembra non sarà così. Rumors dagli States lasciano intendere che il film della 20th Century FoxRevenant, per la cronaca – sia il grande favorito per aggiudicarsi l’ambito premio, permettendo così a Alejandro González Iñárritu di bissare il successo dello scorso anno. Come si dice, la speranza è l’ultima a morire; e allora perché non sperare in un successo meno scontato e più meritato? In attesa di vedere Room – e Brooklyn – credo che nessuno meriti la statuetta più de Il caso Spotlight, cinema d’inchiesta che tanto ricorda Tutti gli uomini del presidente. Produzione indipendente, scritto ottimamente e interpretato ancora meglio; non un capolavoro, ma chi lo è tra gli otto proposti?

 

Oscar 2016 (3)

Il caso Spotlight

 

Combattuta potrebbe essere anche la lotta per aggiudicarsi la Miglior Regia, nonostante i bookmakers paghino 1,20 la posta giocata sulla vittoria del regista messicano – sì, sempre di Iñárritu parliamo – che sarebbe il terzo Director della storia a vincerne due consecutivi (a quasi settanta anni dai primi due, John Ford e Joseph Mankiewicz). Fin troppa grazia. George Miller – per lo straordinario e visionario Mad Max: Fury Road – e Adam McKay – per La Grande Scommessa – possono legittimamente aspirare a impedirgli l’ingresso nella Storia.

 

Completando il discorso sugli attori, il grande favorito per il successo finale nella categoria Academy Award for Best Supporting Actor è Sylvester Stallone (Creed). Poche le chance per la spia russa Mark Rylance (Il ponte delle spie); ancor meno quelle di Christian Bale (La Grande Scommessa).
Discorso a parte meritano invece le candidature femminili. Tra le protagoniste pare scontata la vittoria di Brie Larson – e chi ha visto Room ne conferma l’ottima prova – eppure non sarebbe certo uno scandalo se a vincere fosse Cate Blanchett, che in Carol conferma di essere una delle migliori attrici viventi – se mai ce ne fosse stato bisogno – ma ha già vinto due anni fa con Blue Jasmine e il bis pare poco probabile. Jennifer Lawrence viene ormai regolarmente candidata – quasi a prescindere da chi o cosa interpreta, o come lo interpreta – ma sembrerebbe improbabile un suo exploit; Saoirse Ronan è brava, forse bravissima – in pochi anni è passata da Joe Wright a Wes Anderson – e avrà sicuramente il tempo per rifarsi.
Ma la partita più incerta è senza ombra di dubbio quella per l’attrice non protagonista, dove a contendersi il riconoscimento troviamo cinque donne “cazzutissime”, capeggiate dalla Jennifer Jason Leigh del capolavoro tarantiniano The Hateful Eight. A ruota seguono Kate Winslet, Rachel McAdams, Rooney Mara e Alicia Vikander. Favorita la protagonista (!!!) di The Danish Girl. Personalmente faccio il tifo per Kate Winslet (Steve Jobs), era dai tempi di The Reader che non offriva una performance così autentica e convincente.

 

Successi blindati invece per l’ungherese Il figlio di Saul (Film Straniero) e Inside Out (Animazione) che qualcuno – me compreso – avrebbe voluto vedere nella categoria principale, come già successo per Toy Story 3, Up e, prima ancora, La Bella e la Bestia. Potrebbe prendersi una bella rivincita vincendo l’Oscar alla migliore sceneggiatura originale dove deve battere la concorrenza di Spotlight. Per quella Non Originale la lotta sembrerebbe più equilibrata, con La Grande Scommessa e The Martian leggermente favoriti su Brooklyn, Carol e Room.
L’Oscar alla migliore colonna sonora dovrebbe essere appannaggio di Ennio Morricone – nonostante i validi competitors, su tutti l’eterno John Williams di Star Wars: Il risveglio della Forza – e il riconoscimento sarebbe stra-meritato considerata la potente bellezza della colonna sonora composta per Quentin Tarantino.

 

L’ultima annotazione riguarda gli assenti, categoria anche questa molto imponente. Se desta qualche perplessità l’assenza, tra i migliori film, dei vari Steve Jobs, Carol, Inside Out, del tutto incomprensibile è l’indifferenza dell’Academy nei confronti della regia di Quentin Tarantino e, soprattutto, della sceneggiatura di Aaron Sorkin (vera colonna portante del film di Danny Boyle, Steve Jobs). Ma, si sa, è caratteristica peculiare dei membri dell’AMPAS quella di lasciare per strada qualcosa – o qualcuno – di particolarmente valido.