La simulazione dentro la simulazione.

“Per tali persone insomma, feci io,

la verità non può essere altro che

le ombre degli oggetti artificiali.”

Platone, Il Mito della caverna (Repubblica)

 

Ricordi videogiocati

Sento ancora il rumore delle pagine sfogliate e l’odore della carta. Chiudo gli occhi e mi sembra di rivedere il mio vecchio posto in aula, ultimo banco vicino alla finestra, per cacciare fuori lo sguardo nei momenti di distrazione. Ero un giovane studente al primo anno del liceo classico, e tra le letture di quegli anni che lentamente sfumano nella mente, mi piace sempre ricordare come una delle più stupefacenti quella del Mito Della Caverna di Platone. L’idea di un genio capace di rapire chiunque, nonostante l’età e il pensiero. Ma poi qualcosa è andato storto e la mia carriera scolastica, da brillante quale era, ha subito un fatale crollo verso il nulla.

 

In quello stesso periodo veniva fuori anche il mio 1% (mettiamo pure 5) da nerd (come si usa dire oggi). Una sorta di attrazione irrefrenabile verso i videogiochi ed il loro mondo. Un passatempo dal potenziale enorme, che pareva prefissarsi l’obiettivo di far sognare milioni di persone stimolando la fantasia. Eppure tutti quei pixel che si spostavano nello schermo mi ricordavano incredibilmente  le ombre della caverna di Platone.

 

mito della caverna 

 

La caverna di No Man’s Sky

 

C’è qualcosa che spinge l’uomo a simulare l’uomo. Una sorta di curiosità primordiale verso la replica di sé stesso. Auto compiacimento o semplice curiosità? Tutto può veramente riassumersi in un gioco? O, ancora meglio, nel videogioco? Ricordo tre esempi perfetti di questa necessità umana.

 

Il primo è Civilization, una delle pietre miliari dei giochi per pc. Si tratta di un gioco di strategia a turni creato da Sid Meier nel ‘91, dove si comincia la partita agli albori della civiltà sino ad arrivare nel futuro. L’obiettivo è creare e gestire un proprio impero, passando da qualsiasi fase possibile: guerre, carestie, scoperte tecnologiche. La cosa interessante è che, partiti da una mappa totalmente deserta con neanche una città, 4000 anni avanti Cristo, si ha la possibilità di evolvere l’umanità a nostro piacimento, tanto che il gioco è divenuto quasi un esperimento sociale per alcune persone che ci stanno giocando da circa 10 anni.

 

Il secondo è Simcity, dove si può costruire una città da zero. Questa simulazione ci porta direttamente verso il futuro, avvicinandosi molto al concetto di megacittà. Difatti alcuni giocatori sono riusciti a costruire città con 100 milioni di abitanti.

 

 

 

Il terzo è la simulazione dell’uomo stesso e dei rapporti sociali. Ovvero The Sims. Il gioco nato nel 2000, permette di avere una vera e propria seconda vita virtuale, con la creazione di un avatar che nasce, si riproduce, conosce persone e muore.

 

Il gioco consiste prevalentemente nell’esplorare: per questo si avvicina ad una vera e propria Odissea nello spazio definitiva.

 

Ma adesso non vogliamo più simulare l’uomo, bensì l’universo. Infatti sta per uscire (a giugno) uno dei videogiochi più interessanti di sempre, ovvero No Man’s Sky. Ed è stupefacente che sia ideato da una software house indie che fino a poco tempo fa aveva all’attivo solo quattro membri: Sean Murray, Hazel McKendrick, Dave Ream e Grant Duncam. Quattro geniacci che sognavano da tempo di viaggiare dentro un intero universo tramite i videogiochi, e che hanno scelto di rendere tutto questo realtà. Il gioco consiste prevalentemente nell’esplorare. Ognuno potrà scoprire nuovi pianeti o nuove specie animali dandogli il proprio nome, avvicinandoci ad una vera e propria odissea nello spazio definitiva.

 

Ma come si crea un universo? La Hello Games (questo è il nome della sh del gioco) si basa sulla programmazione procedurale per generare qualsiasi elemento che apparirà sullo schermo. In parole povere si parla di algoritmi che creano in maniera casuale pianeti man mano che andiamo avanti (lo stesso concetto di Minecraft che genera un mondo ad ogni partita). Così i programmatori hanno quasi toccato con mano il concetto di (in)finito. Difatti nel gioco ci sono 18.446.744.073.709.551.616 di pianeti esplorabili, e naturalmente pure le specie animali che abitano i vari eco sistemi si generano in maniera procedurale, fino ad ottenere milioni di creature diverse.

Secondo i calcoli di Sean Murray “al ritmo di esplorazione impossibile di un pianeta al secondo ci vorrebbero circa 585 miliardi di anni per esplorarli tutti.”

Tutto ciò è sbalorditivo, e fa di No Man’s Sky la più grande caverna platonica di sempre. Naturalmente dopo il nostro universo reale. Ma se anch’esso fosse una simulazione?

 

Elon Musk come simulazione numerica

 

Elon Musk sa sicuramente di cosa stiamo parlando. Elon Musk è il co-fondatore di Paypal nonché leader della SpaceX, una certa aziendina che si occupa della costruzione di veicoli spaziali. È pure uno dei 101 uomini più ricchi del mondo, fatto sicuramente non trascurabile.

Dopo essersi interessato al gioco della Hello Games, il nostro caro Elon ha subito posto una domanda a Sean Murray. Ovvero: vista la tua creatura, chi ci dice che pure noi non viviamo in una simulazione?

 

“What are the chances that we’re living in a simulation? ”

 

La domanda è legittima, e ultimamente è stata posta da molti scienziati, filosofi e fisici illustri.

Tra le teorie più fantascientifiche c’è quella del filosofo Nick Bostrom, per cui facciamo parte di una simulazione di una civiltà aliena.

 

Più interessante quella di Richard Terrile, astronomo che ha collaborato spesso con la NASA.

Rich si basa sulla legge di Moore, secondo la quale i computer raddoppiano le loro potenzialità ogni due anni. Quindi, pensando che al giorno d’oggi i computer della NASA elaborano informazioni al doppio della velocità umana, in futuro potranno esistere super pc in grado di simulare intere esistenze. In particolar caso la nostra. Secondo questa teoria non siamo altro che la simulazione di scienziati del futuro, e quando scopriamo delle verità (matematiche od etiche) non facciamo altro che scoprire parti di codice utilizzati dai supercomputer del futuro.

Inoltre alcuni fisici dell’università di Bonn hanno pubblicato un documento chiamato “Vincoli sull’universo come una simulazione numerica”. Questo scritto cerca di provare se il nostro universo è veramente una simulazione. E lo fa attraverso altrettante simulazioni, che hanno portato ad universi finiti (proprio come quello di No Man’s Sky, anche se enorme). E proprio questa particolarità del nostro universo reale porterebbe a pensare ad una simulazione. Inoltre, sempre attraverso programmi, hanno dato il via ad alcune ricreazioni di forze della natura all’interno dell’universo, riscontrando alcune anomalie e asimmetrie. Se queste anomalie fossero riscontrate anche nella realtà potrebbero essere la prova definitiva che siamo all’interno del pc di uno smanettone del futuro che vuole ricostruire parti di storia antica.

 

Tutto molto inquietante e caotico come la caverna di Platone. Non siamo altro che prigionieri incatenati costretti ad osservare delle ombre che ci sembrano la realtà?

 

Non resta altro che consolarci con la risposta di Sean Murray alla domanda di Elon Musk:

 

Even if it is a simulation, it’s a good simulation, so we shouldn’t question it. I’m working on my dream game, for instance. I’m more happy than I am sad. Whoever is running the simulation must be smarter than I am, and since they’ve created a nice one, then presumably they are benevolent and want good things for me.”

 

 mito della caverna

 

Riusciremo a vedere il sole?

 

Ma tutte queste domande sono necessarie? Forse non dovremmo porgercene altre? Rileggo le teorie e sento che qualcosa non torna. Troppi punti di domanda, troppe ombre. Il paradosso, che rischia di portare all’emicrania, è: ma se viviamo in una simulazione, perché ci chiediamo se viviamo o no in una simulazione? Che i creatori di essa ci stiano mettendo alla prova per vedere se la nostra coscienza può arrivare al livello dei loro super computer? E questi creatori, si limitano al ruolo di semplici spettatori oppure fanno parte del gioco? Intanto volgo lo sguardo verso il sole, come facevo alcune mattinate noiose nella mia vecchia aula del classico, e mi chiedo se è vero oppure un ammasso di pixel e di atomi procedurali. E in questo momento solo di una cosa sono sicuro: il mio 1% da nerd sta per tornare dopo anni ed anni affascinato da questa grande simulazione (nella simulazione?) che è No Man’s Sky. Perché nonostante tutto ai nostri giorni anche i videogiochi hanno qualcosa da dire.