I fratelli Coen rispolverano il registro comico e realizzano forse il loro film più libero.

A righteous man

L’ultimo film dei fratelli Coen è, spesso, una summa dei loro film precedenti; come se il loro intero universo cinematografico venisse, in occasione di ogni nuovo lavoro, decostruito e riassemblato in modo da dare vita ad un prodotto originale ma profondamente riconoscibile come coenianoUna cosa del genere è accaduta anche con Ave Cesare!, ovvero, quando Barton Fink incontra A Serious Man (o, se preferite, Burn After Reading).

 

Al centro del racconto c’è Eddie Mannix (Josh Brolin), un uomo probo, profondamente religioso e dedito al lavoro corpore et anima. Siamo negli anni ’50, ad Hollywood. Mannix è dipendente di una grande casa di produzione, e si occupa di risolvere ogni tipo di inconveniente che può verificarsi nel corso della lavorazione di un film. Tutto deve filare liscio e niente può intralciare la potente macchina capitalista che produce sogni ad uso e consumo degli americani (eh sì, il sogno americano costruito ad hoc); che sia un scoop giornalistico lesivo dell’integrità di una star, una gravidanza inappropriata, oppure la scomparsa di un attore famoso – piuttosto audace in tema di donne e alcool – ogni possibile frattura deve essere ricomposta, o comunque camuffata (la classica polvere sotto al tappeto). A tutto questo, pensa Mannix.

 

 

Ave Cesare(1)

Alden Ehrenreich e Ralph Fiennes in una scena del film

 

 Un mesto sogghignare

Abbandonato il Greenwich Village e i sixties newyorkesi di A proposito di Davis, con Ave Cesare! i fratelli Coen riprendono in mano il registro comico, e realizzano una commedia in stile Burn After Reading, in particolare per il genere di risata che è in grado di suscitare, qui più libera rispetto a quella caustica vero marchio di fabbrica dei loro film. Eppure anche quando suscitano ilarità – assolutamente irresistibili almeno due scene del film – i fratelli del Minnesota sono maledettamente seri. Come già in parte in Barton Fink, anche qui viene sfiorato il tema scomodo del maccartismo – e dell’ideale comunista, ospite indesiderato, nella patria della liberaldemocrazia. Infatti, a rapire il protagonista del film (interpretato da George Clooney) in lavorazione presso gli studios (appunto Ave Cesare!) sono un gruppo di comunisti, ex sceneggiatori hollywoodiani – forse vagamente ispirati ai celebri “dieci di Hollywood” – che impartiscono al loro “ospite” la lezione marxista.

 

Ma i Coen, come detto, prediligono in questo caso adottare toni più leggeri, consentendo anche al loro cinema – spesso rigoroso – una digressione più libera. Ecco allora che ci è dato assistere alla lavorazione di pellicole fantastiche (la sirenetta di Scarlett Johansson), di film in costume, di musical in stile Cantando sotto la pioggia (divertente il balletto del marinaio Channing Tatum). Insomma, Hollywood sembra davvero la “fabbrica dei sogni” alla George Méliès.

 

L’unica cosa che resta mesta, allora, è quel sogghigno che di tanto in tanto compare sul volto dei vari protagonisti del film – e che il regista interpretato da Ralph Fiennes chiede sconsolatamente al pessimo attore che la produzione gli ha affibbiato – un riso ironico, forse un po’ caustico.

 

Ave Cesare(2)

George Clooney

 

 No country for unfaithful men

Ma come ogni film dei Coen che si rispetti, anche questo può avere diverse chiavi di lettura. A ben vedere, uno dei temi che sorreggono il film è quello della fede. Fede in un Dio – esilarante la scena della tavola rotonda organizzata da Eddie Mannix con i rappresentanti delle principali confessioni religiose per assicurarsi che Ave Cesare! non turbi la sensibilità di alcuno – ma anche fede nel sistema capitalistico (e nelle sue regole); fede nell’ideale politico; assenza di fede (del monologo che Baird Whitlock/George Clooney deve recitare all’esito del film davanti alla croce del ladrone pentito dimentica per l’appunto quella parola) e, alla fine di tutto, fede nel Cinema.