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Quella del Leicester è la favola più incredibile degli ultimi cinquant’anni. In un calcio che stagione dopo stagione, decennio dopo decennio, è cambiato sempre più, dove i soldi l’hanno fatta da padrone e dove adesso non c’è più spazio per i sogni degli uomini comuni, dei normali, di coloro che si sono innamorati di questo sport da piccoli, vivendo con le emozioni che solo il pallore riesce a darti. Ecco, quest’anno, un signore di nome Claudio Ranieri, ripudiato dall’Italia con l’etichetta di “eterno secondo”, è riuscito a far diventare realtà una vera e propria favola, nel paese dove più che in tutti gli altri la concorrenza è altissima e il dio denaro ha deciso di costruire la sua dimora calcistica. Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal, Liverpool, Tottenham, Newcastle, Everton e West Ham United: nove società inglesi nei primi venti posti dei club che fatturano di più al mondo. Se dovesse essere giocato un campionato a 20 squadre formato dalle società più ricche del pianeta, quasi la metà proverrebbero dunque dall’Inghilterra, ma non ci sarebbe il Leicester, e questo rende ancora più l’idea del miracolo fatto dalle Foxes in questa stagione.

 

Leicester campione

I giocatori del Leicester festeggiando la vittoria

 

La rivincita del condottiero 

 

Come dicevamo, l’uomo al timone di questo favoloso Leicester ha il nome di Claudio Ranieri, un allenatore italiano, nato a Roma, nel quartiere Testaccio, capace di fare la storia di un club che nei suoi 132 anni di vita non era mai riuscito a laurearsi campione. La sua è una vera rivincita, nei confronti di chi lo ha sempre bistrattato, nel corso degli anni, dall’Italia alla Spagna, dove non era mai riuscito a vincere un campionato seppur allenando squadre del calibro di Juventus, Roma, Inter, Napoli, Fiorentina, Atletico Madrid, Valencia e anche, in Premier League, Chelsea. Non una carriera banale, né tantomeno da allenatore di secondo piano, ma nella sua bacheca mai uno scudetto, tant’è che in molti lo hanno criticato, definendolo un tecnico non vincente, ma quest’anno è arrivata la sua personale rivincita, nel modo più bello, con un gruppo di ragazzi umili, partiti con l’obiettivo di mantenere la categoria per poi, con il tempo, ambire per traguardi più nobili, a partire dalla qualificazione in Champions League entro cinque anni. Ne è bastato uno, perché le “volpi” hanno centrato l’obiettivo lo scorso 20 aprile, a un mese dalla fine del campionato, prima di coronare il sogno di una città da 285.000 abitanti che mai avrebbe pensato di risvegliarsi con la Premier in tasca. Ranieri ha creato una macchina perfetta, un gruppo di amici, capaci di fare la storia del calcio inglese, con il capitano Wes Morgan, primo jamaicano a vincere il titolo in Inghilterra, con Riyad Mahrez, primo algerino, e con Jaimie Vardy, l’uomo dei gol, con una vita tutta da raccontare.

 

Leicester campione

Il Condottiero

 

American Dream: Jaimie Vardy 

 

Oltre a Claudio Ranieri il personaggio copertina di questo Leicester è stato senza dubbio il numero 9, il giocatore capace di trascinare la sua squadra a suon di gol, e di battere il record di Ruud Van Nistelrooy, segnando per undici gare consecutive in Premier League, ma soprattutto facendo conoscere la sua storia al mondo intero, e facendo capire che attraverso la voglia, il sacrificio e la determinazione, niente è impossibile. Già, perché Jaimie Vardy, nato a Sheffield l’11 gennaio 1987, è l’American Dream, nato dalla strada e diventato una stella. Il calcio scorre nelle sue vene da sempre, fin da quando era un bambino e giocava nelle giovanili del South Yorkshire e dello Sheffield Wednesday. Dal 2003 al 2010 ha invece militato nello Stockbridge, dove a sedici anni guadagnava 30 sterline a settimana, per quello che poteva essere considerato solo e soltanto un hobby. Anche perché Jaimy lavorava in fabbrica, costruendo protesi in fibra di carbonio, e combattendo contro chi voleva farlo mollare. Il primo a credere su di lui fu Neil Aspin, manager dell’Halifax Town:

 

Avevano provato a dissuadermi, dicendomi ‘È una testa calda’. Ma il gioco valeva la candela: lo volevo, ci ho scommesso e non me ne sono mai pentito.

 

Poi nel 2011 Andy Pilley, presidente del Fleetwood Town, squadra di Conference, quello che in Italia è il campionato di Eccellenza, lo acquistò a sorpresa:

 

Carl Garne, nostro osservatore, mi chiamò dicendo: ‘Segnati le mie parole, giocherà nell’Inghilterra!

 

La seconda vita di Vardy è iniziata proprio così, nei dilettanti, dove ha continuato a inseguire il suo sogno, prima della chiamata del Leicester, nel 2012, l’anno della svolta definitiva della sua carriera. Prima la promozione dalla Championship alla Premier League, poi l’incredibile salvezza della passata stagione, con sette vittorie nelle ultime nove gare di campionato, e infine l’anno dei record, del riscatto, della rivincita nei confronti di chi, da adolescente, lo aveva scartato a causa della sua statura e che adesso potrebbe ricevere una telefonata dallo stesso numero 9 delle Foxes. Perché Vardy non le ha mai mandate a dire, il suo carattere è sempre stato difficile, tanto che nel 2007 ha dovuto indossare una cavigliera elettronica dopo l’arresto per una rissa in un pub che lo ha costretto alla condanna di 6 mesi di coprifuoco nelle ore notturne. Neanche questo lo ha fermato, perché Jaimy in quell’occasione era accorso in aiuto di un suo amico che non avrebbe mai potuto lasciare da solo, come del resto i suoi compagni di squadra in questa stagione, consapevole di poter scrivere una delle pagine di storia più incredibili del calcio inglese. Numeri da capogiro, che hanno convinto anche Roy Hodgson, commissario tecnico dell’Inghilterra, a convocarlo in Nazionale, per la gioia di Carl Garne, che ci aveva visto lungo.

 

Leicester campione

Nothing is impossible

 

Gli altri eroi 

 

Ranieri, Vardy, ma la vittoria del Leicester ha molti altri protagonisti. Una squadra di operai che ha saputo entrare nella leggenda, che ha ricevuto i complimenti da parte di tutto il mondo del calcio, e che ha incollato alla tv milioni di appassionati, in tutto il mondo. La forza del gruppo per un obiettivo comune, con giocatori sconosciuti ai più prima dell’inizio del campionato che gli amanti del pallone non potranno mai più dimenticare. Da Kasper Schmeichel, figlio d’arte, che da bambino alzava le coppe in braccio al padre Peter, uno che la Premier l’ha vinta cinque volte, più una Champions League, una Supercoppa UEFA e anche un Europeo con la maglia della Danimarca; alla difesa formata da Danny Simpson, Wes Morgan, Robert Huth e Christian Fuchs. Quattro giocatori che hanno sputato sangue per arrivare all’obiettivo, dovendosi scontrare contro i migliori attaccanti del mondo, chiudendo la porta in faccia a molti, di settimana in settimana. Poi il centrocampo, con due mediani in grado di completarsi l’uno con l’altro. N’Golo Kante da una parte, Danny Drinkwater dall’altra. Instancabile il primo, capace di macinare chilometri, di essere sempre al posto giusto nel momento giusto, di fare la differenza sia in fase di interdizione che in quella di possesso palla, e conquistandosi la convocazione nella Nazionale francese che ospiterà i prossimi europei. Su di lui potrebbe scatenarsi una vera e propria asta di mercato durante la prossima estate e un certo Fabio Capello in pochi mesi è passato dal chiamarlo “il Makelele dei poveri” a “il Makelele dei ricchi”, segno della sua continua crescita. Drinkwater invece ha dato il ritmo alla squadra, le sue geometrie hanno permesso al Leicester di non andare quasi mai in difficoltà con nessuno, su nessun campo e lo stesso Vardy lo ha definito in più di un’occasione il giocatore ideale per le sue caratteristiche da attaccante:

 

Quando Danny ha la palla penso solo a correre, poi il suo lancio arriverà, certamente, e a quel punto dovrò solo pensare a fare gol.

 

Marc Albrigton e Jeff Schlupp si sono invece alternati sulla sinistra, in quel 4-4-2 che Ranieri ha reso perfetto, mentre dall’altra parte Riyad Mahrez ha conquistato l’Inghilterra grazie al suo estro e alla sua imprevedibilità. Lo scorso 25 aprile è stato eletto miglior giocatore della Premier League ed è stato lui il primo africano a vincere questo premio:

 

Drogba e Yaya Toure non lo avevano vinto? Per me è un vero onore, è un orgoglio. Sono stato il primo, ma certamente non il migliore.

 

E infine i compagni d’avventura di Jaimie Vardy, gli attaccanti che seppur per motivi diversi, hanno contribuito in prima persona al successo delle Foxes. Shinji Okazaki, sempre titolare e al servizio della squadra, e Leonardo Ulloa, l’uomo dei gol importanti, nei minuti finali. Un gruppo che ha fatto la storia del calcio, che verrà ricordato per decenni, che ha dato speranza a tutti, e che ha dimostrato al mondo intero che niente è impossibile e che i soldi non sono tutto. Restano poi Andy King, l’unico ad aver vinto tre campionati, in altrettante categorie diverse con la maglia del Leicester, Demarai Gray, Nathan Dyer, Marcin Wasilewski, Mark Schwarzer, Gokhan Inler, Matty James, Ben Hamer, Liam Moore, Ben Chilwell e Hamza Choudhury, perché è giusto che tutti i componenti della rosa vengano nominati, perché le vittorie arrivano anche dagli spogliatoi e questa favola è stata scritta da tutti, dal presidente all’ultimo dei magazzinieri.

 

Leicester campione

 

Modello (quasi) inesportabile

 

Come abbiamo detto il Leicester ha acceso i sogni di tutti, lo slogan “Impossible is nothing” mai come in questa occasione calza a pennello, ma ci sono alcuni parametri che fanno capire che molto difficilmente in Italia potrà concretizzarsi una storia simile a quella scritta delle Foxes in questa stagione. Tutto o quasi, come sempre, nel calcio gira intorno ai soldi, e in questo senso la ripartizione dei diritti tv in Inghilterra è molto diversa da quella italiana. Le cosiddette piccole nel Regno Unito incassano cifre non troppo distanti dalle big, cosa che nel Bel Paese non accade. Difficile dunque che società come Chievo Verona, Carpi, Frosinone o Crotone possano arrivare a competere con Juventus, Milan, Inter, Roma o Napoli senza che arrivi un patron in grado di investire soldi propri, con l’unica eccezione rappresentata dal Sassuolo, una società sana, che non può certo vantare un fatturato monstre, ma che attraverso la pianificazione e la voglia di portare avanti un progetto ambizioso potrebbe presto qualificarsi alle coppe europee (al momento il club emiliano si trova al sesto posto in Serie A e potrebbe dunque riuscire nell’impresa anche in questa stagione). Per ambire allo scudetto servirebbe però un miracolo, come quello fatto dal Leicester di Ranieri, una favola divenuta realtà, che ha fatto emozionare gli amanti del calcio, di quel gioco che coinvolge gran parte della popolazione europea, ma che spesso finisce per essere monotono e prevedibile. Proprio per questo le Foxes meritano un grazie, da parte di chi è cresciuto a pane e pallone, e che al gol di Hazard, seguito dal triplice fischio dell’arbitro Clattenburg nella gara tra Chelsea e Tottenham, non hanno potuto trattenere una piccola lacrima di felicità.

 

 

Parole di Lorenzo di Benedetto 

(Giornalista sportivo di Tuttomercatoweb.com)