L'icona pop che combatte contro le ingiustizie.

In tutto il mondo, le persone hanno spille, t-shirt e altri oggetti con i disegni di Keith Haring.

Vera icona pop, è stato uno degli artisti più celebri del suo tempo; ancora oggi, il suo stile incomparabile e le sue figure iconiche sono riconoscibili da tutti.

Ha esposto con Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat, Roy Lichtenstein e Robert Rauschenberg e nel 1982 ha conosciuto la fama in Europa partecipando a Documenta 7, poi esponendo in musei, celebri gallerie e biennali internazionali.

Ma poca è stata l’attenzione rivolta alla dimensione politica che sottende tutta la sua carriera.

Attraverso i suoi disegni nelle metropolitane, i dipinti, le sculture, lancia messaggi di giustizia e cambiamento sociale. Ha combattuto contro il razzismo, il capitalismo e l’oppressione dell’individuo dalla dittatura dello Stato.

Haring non ha mai considerato l’arte come uno strumento di propaganda, anche se ha utilizzato i meccanismi nello spazio pubblico per diffondere le sue idee.

Molto attento ai bambini, ha combattuto contro la droga e l’AIDS, ma anche contro l’apartheid in Sud Africa. Ha vigorosamente denunciato i pericoli del nucleare, la distruzione dell’ambiente e tutti i tipi di minacce per l’umanità e il nostro pianeta. Non era un utopista ma nutriva il sogno che «non vi è nulla che sia mai fine perché tutto può diventare la base per qualcosa di nuovo e diverso».

Per Haring l’arte era una cosa seria. Affascinato dalla storia dell’arte e dalla cultura, ha letto gli scritti di numerosi artisti, specialmente di Kandinsky, Rothko, Warhol, Dubuffet.

Fiducioso nel suo tratto, ha sfruttato con talento i media del suo tempo – del nostro tempo.

Sul giornale che tiene dal 1977 alla fine della sua vita, si pone numerosi interrogativi e riflessioni. Elabora il suo pensiero e il suo vocabolario iconografico. E scrive: «I miei disegni tentano di creare la vita, di inventarla».

Keith Haring ha l’ossessione di disegnare in modo spontaneo, senza lavoro preparatorio. Ci mette tutta la sua energia – come si trattasse di una performance.

Disegnare è un atto politico, e negli ultimi mesi di vita diventerà un atto di resistenza alla morte. Comincia una linea, la interrompe per completare un disegno, un dipinto o un murales, e la prolunga fino al prossimo lavoro come se non fosse mai stata interrotta.

Già nel 1978, scrive in un album da disegno: «Scelgo quando smettere, il mio lavoro non è e non sarà mai “finito”…». Le sue opere sono finite, ma la linea politica continua sempre, anche dopo la morte.

 

Voglio ricordare Keith Haring con alcuni scatti che feci a Parigi nel 2013, al Musée d’Art Moderne, in una magmatica mostra intitolata The Political Line.