Un paese migliore a colpi di mezze vittorie.

“Per le conquiste civili il difficile viene dopo”. Lo ha scritto Luigi Manconi, all’indomani dell’approvazione alla Camera del testo del Decreto Cirinnà che sancisce il nuovo istituto giuridico delle unioni civili, su Pagina99. Nascondersi dal dichiarare che sia un passo avanti importante per i diritti civili degli omosessuali è stato un esercizio svolto da tanti, e senza troppe difficoltà. D’altronde, qualche ora dopo l’approvazione del testo, a festeggiare nei pressi della Fontana di Trevi c’erano una manciata di persone: Monica Cirinnà, pioniera della proposta di legge, Ivan Scalfarotto e qualche rappresentante delle associazioni LGBT. Nessuna folla entusiasta.

 

E invece no.

Un pacato entusiasmo che trova legittimità nelle picconate subite dal testo di legge dal momento della sua presentazione, avvenuta il 15 marzo 2013. Tra commissioni e sedute parlamentari il testo ha impiegato tre anni a trovare la luce, lasciando dietro di sé elementi fondamentali, che avrebbero reso quei festeggiamenti improvvisati, chissà, fiumi di persone finalmente fiere di vivere in un paese capace di non lasciare indietro nessuno. E invece no.

 

 

Scrive Claudio Rossi Marcelli, “la sconfitta invece è quella che si è consumata sulla pelle delle migliaia di bambini italiani discriminati per l’orientamento sessuale dei propri genitori”. La stepchild adoption. Diventata ornamento di un dibattito privo di serietà e onestà intellettuale tra le fila degli oppositori della legge. Uno scioglilingua impronunciabile, a quanto pare, ma anche il pretesto per tirare in ballo argomenti come la teoria del gender, la gestazione per altri, insomma la fine della lucidità, l’inizio del blaterare. L’esito finale è stato quello di mettere l’opinione davanti al diritto e il sondaggio davanti alla Costituzione.

 

Nel nome dei “diritti dei bambini”, al grido di “non toccherete i nostri figli”, si è finito per discriminarli in virtù dell’orientamento sessuale di uno dei genitori biologici.

 

Quello che gli italiani non hanno capito.

La questione della stepchild adoption è stata ben descritta da Elisabetta Ambrosi sulle pagine de Il Fatto Quotidiano: “forse gli italiani non hanno capito bene, probabilmente nessuno glielo ha spiegato con chiarezza, perché neanche i parlamentari contrari sapevano ciò di cui parlavano a proposito di stepchild adoption. […] Non hanno capito che senza una protezione normativa se uno dei due genitori muore il bambino figlio del genitore biologico può essere considerato orfano”. E ancora le visite in ospedale, andarlo a prendere a scuola. Eccetera. Insomma la vita quotidiana. E se una legge sui diritti civili non riesce a legiferare sulla vita quotidiana, allora inevitabilmente diventa facile starsene in casa, invece che scendere a festeggiare. Diventa facile limitarsi a sventolare una bandiera arcobaleno sul proprio profilo Facebook. Andare a dormire dicendosi che domattina l’Italia sarà un paese più civile, ma digrignare i denti perché qualcosa non torna.

 

 

Eppure, il difficile potrebbe arrivare adesso.

“Per le conquiste civili il difficile viene dopo”, dicevamo citando Manconi. Il sociologo ricorda il referendum sul divorzio e la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza: “se pensiamo a quelle riforme in materia dei diritti che hanno segnato una fase storica e che sempre vengono richiamate come gloriosi precedenti, dico subito che nemmeno la legge sul divorzio (1970) e sull’interruzione volontaria di gravidanza (1978) sono definibili come epocali”. Per il divorzio fu necessario aspettare tanto tempo prima che il sistema entrasse a regime; per l’IVG, si sa, gli obiettori di coscienza popolano i nostri servizi sanitari pubblici impedendo, di fatto, la possibilità di godere di un diritto ‘vecchio’ di quasi quarant’anni. E allora sì, il difficile potrebbe venire dopo anche per le unioni civili e le prime avvisaglie sono arrivate all’indomani dell’approvazione. Qualcuno si è già inventato la formula dei sindaci obiettori, che però non trova fondamento all’interno del testo di legge.

 

 

I diritti ottenuti, non sono “per sempre”, scrive Manconi, ma occorre tenere alta la guardia, difenderli ogni giorno e non smettere di “accudirli con cura e sollecitudine”. Nel caso dei diritti degli omosessuali, queste difficoltà saranno accompagnate dalla necessaria (e inesorabile) battaglia per l’ottenimento del matrimonio egualitario. Il primo passo è stato fatto. Ora è necessario difendere questa posizione nuova e lottare per farne un altro.

 

 

La questione morale e il PD.

Ha serpeggiato (e serpeggia ancora) il malumore tra le fila del Partito Democratico: da una parte c’è chi troppo impegnato a sottolineare l’importanza della nuova legge, dall’altra invece qualcuno si sente in dovere di chiedere scusa. Michela Marzano su tutti: “Ho votato sì, ma ho chiesto anche scusa perché, quello che stavamo per votare, non era ciò che avevamo promesso, detto, assicurato alle persone”, ha detto lasciando il suo partito. Quando si pensa al PD infatti, in relazione alla lunga vicenda politica sulla Cirinnà, viene in mente un contenitore troppo grande affinché potesse uscire qualcosa senza che si rompesse qualche pezzo durante il viaggio. La sensazione è che la fretta di flaggare la casella dei diritti civili abbia avuto il sopravvento sull’interezza del risultato da portare a casa.

 

 

Monica Cirinnà ha dichiarato che il tempo del matrimonio egualitario coinciderà con l’arrivo della prossima legislatura, ma fino ad allora ci sarà da lottare affinché la legge che porta il suo nome venga messa in pratica senza ripensamenti ed esclusioni. Renderla monca anche nella sua applicazione significherebbe aver raggiunto la metà della metà del risultato sperato all’inizio del cammino.