Quando è chi parla di droga ad essere nocivo.

Il THC è il principale principio attivo della cannabis. E lo è, ovviamente, dall’avvento della pianta sul nostro pianeta. C’è da sempre. Secondo il TGR Piemonte il THC è invece una “nuova droga” che si sta diffondendo tra i giovani piemontesi, “diecimila volte più potente della cannabis”. Il servizio è andato in onda lo scorso 17 maggio. Un servizio standard, con immagini da un convegno affiancate da due interviste a (presumibilmente) due responsabili di Aziende Sanitarie (quella di Torino, che ha diffuso i dati sui consumi, e quella di Bologna). A far rimanere di sasso sono le parole dell’anchorman che lancia il servizio (“C’è una nuova droga che si è affacciata sul territorio piemontese, si chiama THC. È una nuova sostanza stupefacente con effetti molto pericolosi. Secondo una ricerca dell’Azienda sanitaria Torino 2 si sta diffondendo soprattutto tra gli adolescenti”), e il testo del servizio, letto dalla giornalista: “Insieme alla marijuana questi giovani assumono anche THC, una sostanza psicoattiva che ha effetti diecimila volte superiori alla tradizionale marijuana”.

 

 

Un errore difficilmente comprensibile.

Del prodotto giornalistico in questione sono due le cose che lasciano un po’ confusi: la prima è perché sia stato chiamato un dipendente della ASL di Bologna a parlare in Piemonte; la seconda è quale ostacolo insormontabile non abbia permesso alla redazione del TGR di scrivere su Google “THC”. Forse i pc dei dipendenti Rai hanno installato Yahoo come principale e unico motore di ricerca.

 

No. Da un controllo effettuato dalla nostra redazione digitando THC anche su Yahoo, la pagina Wikipedia del Delta-9-tetraidrocannabinolo è il primo risultato. Non serve nemmeno uno scroll per una definizione corretta da copiare e incollare sul proprio editor di testo preferito.

 

A voler cercare la migliore giustificazione possibile ci si cimenta in un compito difficile e probabilmente inutile. Trattasi del peggior errore che un giornalista possa commettere nel proprio lavoro. Gli aggravanti, come se tutto ciò non bastasse, sono molteplici: un errore commesso da un’emittente facente parte del servizio pubblico e su un argomento su cui il ricevente ha assolutamente bisogno di chiarezza, ancora, e non di mediocri, no anzi, imperdonabili errori di questo calibro.

 

D’altronde, sembra essere una tendenza di mamma Rai quella di trattare argomenti rilevanti con superficialità e rasentando l’amatorialità. Come qualche giorno fa, quando durante una trasmissione di Virus, su Rai Due, è stato permesso a Red Ronnie (sì, il presentatore, in cerca forse di una qualsiasi forma di notorietà) di sbraitare assurdità sull’inutilità dei vaccini obbligatori. Di fatto sommergendo senza possibilità di rivincita la figura dello specialista presente in studio.

 

Le scuse.

“Scusateci, è successo”. Ha detto l’anchorman che ha lanciato il servizio disastroso sul THC; e lo ha detto con la faccia che vedete nell’immagine. Si è scusato a nome di tutta la redazione, precisando che solitamente il TGR tende a trattenersi anziché sfociare nell’allarmismo. “E’ stato un qui pro quo che ha generato questa cattiva informazione”, ha anche detto.

 

Il problema è che i qui pro quo dalle nostre parti danno adito e costruiscono lo spazio sufficiente affinché il dibattito pubblico assuma delle forme distruttive, aride e superficiali, dove le argomentazioni non superano l’asticella del ridicolo, ma che a quanto pare fanno presa su molti. E’ stato così per il dibattito sulle unioni civili, sulla crisi dei migranti e sarà così per quello sulla legalizzazione. Quindi, mentre alcune componenti del sistema Stato si adoperano nella stessa direzione del progresso e dell’apertura, altre – in questo caso il servizio pubblico di informazione –  scivolano (o marciano) su posizioni e affermazioni figlie di superficialità, rinuncia all’approfondimento e incapacità, in grado però di generare un effetto domino di cui troppo tardi tendiamo a riconoscere il danno. Magari alla vigilia dell’approvazione di una qualche legge (come nel caso delle unioni civili e la stepchild adoption)

 

 

L’eco degli errori.

Immaginate un futuro prossimo: proposta di legge sulla legalizzazione delle droghe leggere. L’Adinolfi di turno (se non quello originale) sul palco del No-Buchi-nel-Cervello Day al Circo Massimo. Anche in quell’occasione esagererà sui numeri (“Siamo due milioni”), e allora andremo a cercare nuovamente su Google capienza Circo Massimo. Poi dirà che il THC è una nuova droga che rientra nelle leggere, ma che in realtà è diecimila volte più potente della cannabis, che già di suo fa venire i buchi nel cervello. E allora andremo tutti a cercare su Google chi mai avrà detto ‘sta stronzata per primo. Sui nostri schermi tornerà nuovamente il faccione imbarazzato dell’anchorman del TGR Piemonte e sarà troppo tardi per cercare di convincere tutti dell’errore commesso da lui e tutti gli altri che negli anni hanno commesso errori parlando e scrivendo di droga, di vaccini, di eutanasia, di immigrati, di omosessualità, di gestazione per altri, di gender, di parità dei sessi, e così via.

 

Sono già passati più di due anni da quando la Corte Costituzionale sancì l’incostituzionalità della Legge Fini-Giovanardi, il riferimento legislativo che equiparò le droghe leggere a quelle pesanti e che inasprì le pene previste fino a quel momento dalla Iervolino-Vassalli del 1990, rientrata in vigore. In mezzo ai coraggiosi tentativi di minoranze di parlamentari, non v’è stata ancora alcuna iniziativa da parte del governo Renzi in materia di droghe, e se il tono del dibattito sarà quello cui abbiamo assistito finora, non rimane che aspettarsi tempi lunghi e proposte vaghe. Terreno fertile per la concretezza è ovviamente un dibattito basato su dati e affermazioni certe, di sicuro non su scivoloni giornalistici facilmente strumentalizzabili. Ad esempio, parlando di esempi positivi, c’è da registrare il passo in avanti fatto nel territorio toscano in materia di consumo di cannabis ad uso terapeutico. Per la precisione, di farmaci ottenuti dalla lavorazione della cannabis (sia mai che ne esca qualcosa di diecimila volte più potente) che saranno disponibili a partire dal prossimo agosto nei banchi delle farmacie di tutto il paese. Qualcosa dunque si muove, silenziosamente, sotto tutto quel parlare. Il rischio è quello di ritrovarsi presto con una legge da cambiare velocemente e un dibattito pubblico non abbastanza maturo.