Radiohead live at Primavera Sound 2016: in parole povere, uno show indimenticabile.

Primavera sound 2016, il concerto dei Radiohead è stato l’evento più atteso, anche per la notevole attenzione rivolta all’uscita del loro nuovo album. Il ritorno della band britannica è stato un argomento ampiamente trattato e ha dato la possibilità ad haters e fan più accaniti di avviare una guerra mediatica che si è focalizzata poco sulla musica e ha mostrato anche le tante lacune del nostro spirito critico. “A Moon Shaped Pool” è un album che ha dimostrato tutta la loro concretezza, la loro abilità nel plasmare insieme emozione e tecnica per l’ennesima volta in più di 25 anni di carriera.

Lo stage Heiniken, dalle 20, era già gremito per la performance “selvaggia” delle Savages. Più di un’ora di  attesa, la gente si è moltiplicata e alle 22 e 15 puntualissimi entrano in scena e si comincia subito con “Burn the Witch”, rielaborata senza archi ma che assume una sostanza maggiore dal punto di vista dell’intensità. Thom Yorke e soci si dimostrano la solita macchina da guerra e suonano senza interruzioni, con la presenza di un gioco di luci e immagini multiple che stanno a sottolineare quanto la performance sia focalizzata sull’insieme, sul gruppo e sulla precisione dell’esibizione che viene sporcata al momento giusto.

 

Radiohead

 

Dopo una parte intima con brani estratti tutti dall’ultimo lavoro (su “Daydreaming” cala quasi un silenzio totale che commuove), iniziano ad elevarsi i toni e la potenza e con un terzetto da brividi che infiamma letteralmente il Forum (“The National Anthem”, “Talk Show Host” e “Lotus Flower”) con una ventata di vibrazioni psichedeliche notevoli. Poi arriva il primo segnale che la serata sarebbe andata in una certa maniera quando Thom accenna “No Surprises”. E’ solo il primo di una serie di classici che hanno dato alla serata quasi la connotazione di concerto d’addio. E infatti seguiranno “Pyramid Song”, “Karma Police”, “Everything in its Right Place”, “Paranoid Android”, “Nude”, “There There”. Menzione speciale per la toccante esibizione di “Street Spirt” e l’elettrizzante presentazione dell’intramontabile “Idioteque”. La vera e propria sorpresa finale è la chiusura con “Creep” che rappresenta la ciliegina sulla torta che nessuno si aspettava. E se in apparenza potrebbe essere una fine banale, vi assicuro che ascoltare un pezzo del genere dal vivo non ha nulla di scontato. Esattamente il contrario.

I Radiohead non si sono risparmiati, sono stati molto generosi a mettere su una setlist del genere che racconta un po’ la loro storia fra successo di pubblico e una esplorazione continua. Ma non è questo l’aspetto più importante; quello che emerge, per l’ennesima volta, è la loro maestosità come collettivo. Non c’è solo Yorke o J.Greenwood, c’è un insieme di musicisti collaudato da anni che riesce ad esprimersi ai massimi livelli e che permette al pubblico di concentrarsi sulla performance e sulla musica e non è sempre una cosa semplice e da tutti. La loro naturalezza nel fare questo dimostra la quantità e la qualità del contributo che hanno dato alla musica.