Armati di ricetta si può trovare davvero di tutto.

“Sensazione di profondo orgasmo in tutto il corpo, totale ed euforica pace dei sensi”. Le definizioni degli effetti dell’eroina le conosciamo tutti, anche solo pensando ai passi più celebri di Trainspotting, dove la straordinaria potenza della droga per eccellenza viene paragonata al più forte orgasmo che si abbia mai provato, moltiplicato per mille… “e neanche allora ci siete vicini”. Forse i più smaliziati di voi stanno già affiancando ai nostri eroi scozzesi quelli molto più nostrani di Amore Tossico, ma non siamo qui per fare un excursus cinematografico (anche se sarebbe davvero interessante) sugli effetti del più potente derivato oppioide… altrimenti staremmo già parlando della sconsiderata overdose di Mia Wallace, che confonde la regina delle droghe con la più volgare cocaina.

 

Gli effetti, si diceva, sono noti in misura più o meno accurata a tutti, ma forse non lo sono i meccanismi che li rendono possibili. E nemmeno come i fratellini minori dell’eroina ci siano spesso più vicini di quanto non pensiamo.

 

Di fondo, la diacetilmorfina (o eroina), è un potente analgesico, ovvero un antidolorifico. La molecola di partenza la suggerisce il nome stesso, ed è ovviamente la morfina: ma un piccolo accorgimento rende la molecola di base tremendamente più efficace a livello di farmacocinetica (ovvero come la sostanza viene assorbita e comincia ad esercitare il proprio meccanismo d’azione), e di conseguenza più potente. Sono stati aggiunti due gruppi di acetile alla morfina, per favorire l’assorbimento attraverso la barriera ematoencefalica (che possiamo descrivere semplicisticamente come una sorta di dogana tra il nostro cervello e il circolo sanguigno)… in sostanza, è una sorta di versione pompata e incazzatissima della morfina, che già non scherzava. I chimici erano convinti di avere tra le mani il farmaco perfetto, che non sembrava mostrare gli effetti collaterali della morfina, e che al contempo sopprimeva il dolore in maniera mai neppure immaginata prima. Ma soprattutto, l’affinità che dimostra con quelli che chiamiamo i ‘recettori oppioidi’ (gli stessi delle endorfine, per intenderci) è elevatissima: ne conseguono quegli effetti di piacere totale e pace dei sensi che hanno reso l’eroina la sostanza più subdolamente e minacciosamente seducente che il mondo conosca.

 

Ma la natura, se vogliamo l’ordine superiore che equilibra le forze di questo mondo, non regala mai nulla: a fronte di questi momenti di sublimante benessere, il consumatore di eroina dovrà scontare una pena tremenda e dantesca, i sintomi dell’astinenza dati dalla dipendenza totale e imprescindibile che la sostanza provoca sull’uomo. Possiamo tralasciare le motivazioni biochimiche (che hanno a che fare con la drastica riduzione di cAMP intracellulare, un metabolita fondamentale nell’equilibrio del nostro organismo) che spiegano scientificamente la dipendenza da oppioidi: pensiamo semplicemente ad una sorta di do ut des, una drammatica regola di base che sembra essere alla base di un po’ tutti i meccanismi che ci relazionano alla natura biologica e psicosomatica. Se ci ubriachiamo (a meno che non abbiamo tra i quindici e i vent’anni), ne pagheremo le conseguenze il giorno a seguire. Se ci sfondiamo di sostanze euforizzanti, faremo i conti con una tremenda depressione da rimbalzo. Se entriamo nel vizioso cul de sac dell’eroina, apporremo la nostra firma ad un contratto con un sacco di clausole scritte in piccolo. La sindrome d’astinenza colpirà brutale e implacabile, con tutti quei sintomi (febbre, vomito, dolori ossei e muscolari, emicranie, depressione, insonnia) destinati a scomparire solo quando i recettori oppioidi, infuriati per l’assenza della compagna di merende, troveranno di nuovo pane per i loro tossici denti: meglio se sarà la vecchia amica, ma anche una sostanza affine potrà placare almeno un po’ i tremendi e tormentosi mali.

 

E sono proprio queste sostanze affini a rappresentare i fratelli minori dell’eroina, una serie di composti studiati farmacologicamente ad hoc per avere una buona efficacia terapeutica e, nei limite del possibile, limitati effetti secondari. Effetti secondari che sono poi quelli più legati alla sensazione di euforico piacere, ma anche alla perdita temporanea di memoria, confusione, sonnolenza… insomma, il pacchetto completo.

 

Dalla classica codeina al più underground metadone, passando per il più affabile ossicodone fino al controverso tramadolo, molti sono i farmaci oppioidi che vanta il glorioso Sistema Sanitario Nazionale: altro non sono che, semplificando leggermente le questioni farmacologiche, morfina imbellettata e resa presentabile per l’uscita in società. In alcuni i casi gli effetti riescono ad essere molto vicini a quelli della sorella innominabile, con un potenziale di assuefazione e dipendenza che però resta sempre ad un livello pericolosamente alto… Ma senza l’acetilazione, le molecole avranno un effetto più graduale (manca il ‘rush’ proibito dell’eroina, che possiamo però gustare in certa misura ascoltando ad un volume decente Heroin di Lou Reed), ed un rischio di dipendenza ridotto. Fondamentale in questo senso è distanziare le assunzioni il più possibile, per non viziare i recettori oppioidi… pena la comparsa dei sintomi della temibile astinenza.

 

l'eroina

 

È soprattutto l’ossicodone (in commercio nel nostro paese come Oxycontin e Depalgos) a fare la parte del leone tra le sostanze analgesiche con potenziale ricreativo, soprattutto grazie alla potenza (circa doppia rispetto alla morfina) e ad una farmacocinetica ancora non del tutto chiara, che media un’ottima attività anche sui recettori oppioidi responsabili dell’euforia. Negli Stati Uniti l’Oxycontin è arrivato ad essere un vero e proprio problema sociale, al pari quasi dell’eroina, con tanto di rapinatori che nelle farmacie non pretendono il contante ma le scorte di farmaco. Come medicinale è utile nella terapia del dolore da moderato a grave, in Italia soprattutto per i casi di dolore oncologico, e si presenta sotto forma di compresse a rilascio prolungato. Come sostanza d’abuso, viene ingerita, sniffata, a volte persino iniettata. La via nasale è stranamente molto diffusa, sebbene comporti una notevole perdita di principio attivo, che non è studiato per l’assorbimento tramite le mucose del naso… senza soffermarci sulla brutalmente pericolosa somministrazione endovenosa, è l’ingestione la via che il gaudente sperimentatore dovrebbe perseguire: per aggirare il rilascio controllato del farmaco, la compressa viene frantumata ed ingerita, garantendo un picco plasmatico (ovvero la concentrazione di farmaco nel circolo sanguigno) più vicino alle esigenze ludico-ricreative. Purtroppo le case farmaceutiche hanno mangiato la foglia, e hanno recentemente costituito la compressa di Oxycontin in modo tale che, anche se sminuzzata, il sistema di rilascio prolungato non venga aggirato (usando un sistema detto ‘a matrice’, contro il classico ‘reservoir’). Per fortuna, al momento, il farmaco Depalgos non sembra voler allinearsi alla perniciosa tendenza, e fornisce un prodotto splendente e in linea con i bisogni del tossico del nuovo millennio.

 

I primi effetti dopo l’assunzione di ossicodone si manifestano circa in mezz’oretta: un senso di leggera spensieratezza si abbina ad una percezione sensibilmente rallentata. Nel giro della prima ora si uniscono alla festa una piacevole pesantezza delle membra e una blanda euforia: blanda non perché sia poco percepibile, quanto più perché non si accompagna alla voglia di fare chissà cosa… è più una sorta di placida completa contentezza. Nelle ore a seguire le sensazioni galleggiano tra questo pacifico benessere dei sensi ed una serafica serenità del corpo, per poi vedere affacciarsi una più o meno rilevante sonnolenza. Ma non è la sonnolenza che associamo al sonno profondo, nemmeno quella confusa data dall’abuso di alcol o di altre sostanze: anche stavolta la sensazione è di galleggiare, stavolta tra il sonno e la veglia, in quello stato in cui tutto è possibile. Alla musica che magari ci stiamo godendo, possono affacciarsi delle leggere allucinazioni sonore, delle suggestioni oniriche che forse abbiamo sperimentato appunto nel limbo tra questo mondo e quello di Morfeo. Quando poi, diverse ore dopo, sopraggiungerà il sonno, sarà soavemente turbato da qualche risveglio, qualche confuso riemergere alla realtà da un continuo e sognante divenire, che non sembra gettarci mai tra le braccia del sonno più riposante, in favore di un trasognato permanere in un sogno ad occhi aperti, o di una veglia ad occhi chiusi.

 

Tutto questo, ovviamente, a patto di avere la ricetta medica.

 

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