Uscire dalla droga attraverso le comunità di recupero.

I termini comunità di recupero o centro di riabilitazione, sono delle etichette riguardanti realtà di cui ancora si conosce poco. Cosa accade al loro interno? Quali sono le lotte di un tossicodipendente che vuole ricominciare?  Incontro Guido Rocca a Milano. Ex cocainomane, da tempo ripulito, decide di raccontarmi la sua esperienza.

 

Il Cartello: Hai cominciato a fare uso di cocaina per divertimento, con degli amici. Un modo molto comune di cominciare. Quando è diventata una dipendenza?

Guido Rocca: È vero, ho cominciato per gioco da adolescente. Fin da subito è stato un modo per evadere e allo stesso tempo sentirmi parte di un gruppo. Quando ho notato che la cocaina riusciva a farmi sentire più sicuro e meno timido, ho capito che era diventata la soluzione a un malessere interiore: non avevo fiducia in me stesso. Solo grazie alla cocaina, quando uscivo la sera, potevo divertirmi, parlare con le ragazze, ballare senza remore.

 

Raccontaci i tuoi primi tentativi di disintossicazione.

Verso la fine dei diciotto anni volevo smettere. Ho deciso di partire e ho viaggiato molto tra Brasile, Nepal, Africa e India, pensando che bastasse scappare da Milano per allontanare il bisogno di drogarmi. Ma la cocaina è dappertutto. Credevo che bastasse cambiare vita e giro di amicizie per smettere. Quando raggiungevo una nuova meta mi sentivo sollevato, ma durava solo qualche giorno. Poi finivo sempre per farmi.

 

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La cocaina è dappertutto

 

Allora come hai deciso di comportarti?

All’età di ventiquattro anni sono tornato e mi sono stabilizzato a Milano. A Milano non ne combinavo una giusta: incidenti, risse, arresti. La mia ragazza di allora era molto preoccupata. E lo era anche mia madre. Così mi hanno portato in una clinica psichiatrica. Ci sono rimasto per tre settimane, dove mi hanno diagnosticato bipolarismo e borderline. Naturalmente io non avevo nessuno di questi due disturbi mentali. Ero solo un cocainomane. Mi hanno dato altre droghe senza alcun riguardo. Questa volta legali. Ho preso degli antipsicotici come il Seroquel. Un altro errore commesso dallo psichiatra è stato dirmi che, il fatto che mi drogassi, non era per colpa mia, ma dei miei genitori, per il loro divorzio. È come se mi avessero dato una giustificazione. E come se non bastasse si accordò con mia madre per farmi avere mille euro al mese se io mi fossi curato secondo i loro dettami. Sentivo di fare una stronzata. Ma quei soldi mi facevano comodo.  I farmaci anestetizzavano l’effetto della cocaina. Perciò uscivo, bevevo, pippavo, tornavo a casa e con quelle pastiglie potevo dormire.  Stavo rischiando la vita, mischiando tutte quelle sostanze.

 

E nemmeno questo ti ha convinto a smettere?

Una volta, dopo aver assunto questi farmaci con alcool e cocaina in corpo, ho sentito una forte ansia nel petto. Sapevo che se mi fossi addormentato sarei morto. Ho barcollato per quattro ore in una stanza, cercando di rimanere sveglio, mentre pregavo Dio e promettevo a me stesso che se fossi sopravvissuto avrei smesso. Una volta passata quell’ansia, mi sono addormentato. La sera dopo mi sono drogato di nuovo. Non è la paura a far smettere un tossicodipendente.

 

Perché è così difficile?

Per due fattori. Il primo è più scientifico: il corpo di un tossicodipendente è pieno di tossine, le quali si depositano nei grassi.  Anche se si smette, le tossine rimangono. Le tossine bruciano le vitamine, creando sbalzi d’umore, cali d’entusiasmo, rabbia e voglia. Inoltre le droghe creano delle associazioni mentali. Se ti fai in un ambiente, la tua mente registrerà ciò che hai intorno. Registrerà le percezioni.  Inoltre facendo uso di droga, saresti giù di corda e se dovessi entrare in un ambiente simile a quello in cui ti sei sballato,  la tua mente creerebbe un’associazione facendoti tornare la voglia di drogarti. Per me, Milano, i suoi bar, la musica dei locali, erano tutte delle associazioni alla cocaina. Per questo la permanenza in luoghi naturali può dare sollievo. Ma è solo momentaneo.

 

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La permanenza in luoghi naturali può dare sollievo. Ma è solo momentaneo

 

Come sei entrato in contatto con il centro di disintossicazione Narconon?

Mia madre decise di farmi parlare con un ragazzo che si era disintossicato dal crack. Abbiamo parlato in un bar in cui di solito mi facevo.  Mi consigliò il programma Narconon, perché con lui aveva funzionato. Ovviamente non ero interessato. Aspettavo solo che finisse quella conversazione per andare dall’altra parte della strada, dal pusher.  Mi allontanai, dicendo che ce l’avrei fatta da solo. Dopo di che mi sono fatto per tre giorni di fila e sono stato male. Ero in uno stato disastroso.  Non avevo soldi, non avevo una dimora fissa, la mia ragazza mi aveva lasciato, mia madre era disperata. Così ho deciso di chiamare il responsabile del centro e provare con il percorso di terapia. Per una volta stavo andando nel posto giusto.

 

Perché un tossicodipendente è sempre restio a farsi aiutare?

Uno dei temi fondamentali dell’uomo è l’aiuto. L’aiuto è sintomo di sanità mentale. Se una persona sta bene non ha problemi ad aiutare e a farsi aiutare. Un tossicodipendente è una persona che ha ricevuto degli aiuti sbagliati da realtà come le comunità, gli psicologi o le famiglie. Un tossicodipendente oltre a non riuscire a ricevere aiuto, fallisce anche nell’aiutare. Spesso viene incolpato per i guai che combina. I rapporti che rovina, per lui sono un altro fallimento. Le persone soffrono per colpa sua. E lui non può farci niente.  Un tossicodipendente ha sulle spalle talmente tanti fallimenti sull’aiuto, sia dato che ricevuto, che non vuole nemmeno più sentirla, la parola aiuto.

 

Il centro disintossicazione Narconon ha un programma strutturato in diverse fasi. Hai cominciato dall’eliminazione delle sostanze tossiche dal corpo, per recuperare la tua energia.

Sono stato seguito da un’equipe per sconfiggere la dipendenza fisica. Ho iniziato sottoponendomi a delle saune e ho assunto vitamine in grande quantità. Mi sono riabilitato fisicamente in un mese. Ricordo che, dopo quindici giorni, ero sotto la doccia e mi è venuto da piangere: guardando le tendine della doccia, ho notato delle figure di colore giallo. Era da tanto che non vedevo il giallo così vivo e luminoso. Mi sono accorto che le tossine della droga mi avevano offuscato i sensi e alterato le percezioni di tutto ciò che mi circondava. In quel momento è stato come ritrovare un amico che avevo perso da troppo tempo.

 

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Il centro di riabilitazione Narconon

 

In questa fase il programma Narconon non ricorre a nessun tipo di droga sostitutiva o farmaco per la riabilitazione. Per quale motivo?

È possibile curare un alcolizzato bevendo birra? Un tossicodipendente non dovrebbe utilizzare un’altra droga. Il metadone, ad esempio, non è altro che eroina sintetica.

 

In seguito come hai affrontato la tua tossicodipendenza?

Con degli esercizi. Un tossicodipendente vive costantemente nel passato.  Se, vedendo un piatto, mi venisse voglia di pippare per il ricordo della cocaina stesa a strisce, allora non avrei il controllo sulla mia mente. Se il passato mi investisse senza il mio consenso, mi verrebbe voglia di pippare. È ciò di cui parlavo prima riguardo alle associazioni mentali legate alla droga.  In questa fase svolgevo degli esercizi per rimanere ancorato al tempo presente, eliminare i pensieri del passato e raggiungere una stabilità emotiva. Erano azioni semplicissime, ma fatte con consapevolezza. La soluzione per vivere sereni e affrontare i problemi: vivere il tempo presente, proiettati e verso il futuro. Con la droga, potresti essere nel posto più bello del mondo, insieme alla persona della tua vita e non goderti quel momento.

 

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Un tossicodipendente vive costantemente nel passato. ©Victoria Shatilova

 

Raccontaci l’ultima fase della riabilitazione.

Si studiano i comportamenti, i tipi di personalità, le tecniche di comunicazione: si acquisiscono una quantità di conoscenze e abilità tali da poter affrontare la vita.  Grazie a quella fase ho imparato a iniziare una cosa, portarla avanti e terminarla senza farmi abbattere dalle difficoltà.  Prima non avevo l’autostima necessaria.

 

Quanto è durata la tua riabilitazione?

Circa quattro mesi, dopo dodici anni di tossicodipendenza.

 

Molte persone cercano di smettere da soli. Secondo te è possibile?

Certo che è possibile. È impossibile riabilitarsi da soli però. Una persona che smette può passare la vita a resistere, non frequentare più i bar per paura di avere una ricaduta e stare lontano da tutti coloro che si drogano. Così è possibile. Conosco anche persone che smettono con una sostanza e cominciano con un’altra.  Magari smettono con la cocaina ma bevono il doppio. Non conoscono nessuno che ha smesso senza riabilitarsi ed è sereno però. Resistere alla voglia di drogarsi significa non essere fuori dalle droghe.  Non è vita.

 

Quindi non ti è mai venuta voglia una volta uscito dal centro di disintossicazione?

No perché se mi venisse voglia mi rifarei. Non riuscirei mai a resistere a una tentazione. Cederei. Mi conosco. Il punto è proprio questo: non sento alcun bisogno perché ho gli strumenti giusti per affrontare la vita.

 

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