Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio

“L’ignoranza dei popoli e il fanatismo religioso sono funzionali al mantenimento della tirannia” (Voltaire)

 

Quando parliamo di superstizione il giusto riferimento per definire l’argomento senza inciampare in sinonimi riverberanti è quello delle credenze.

La credenza è una convinzione derivata dall’esperienza o dall’interazione con altri individui;ha una valenza cognitiva e, rispetto ai valori, che si promuovono come principi guida, le credenze sono cognizioni riguardo al mondo, ipotesi soggettive, probabilistiche, che un oggetto abbia un particolare attributo o che un’azione porterà a un certo tipo di conseguenza.

ha una valenza cognitiva e, rispetto ai valori, che si promuovono come principi guida, le credenze sono cognizioni riguardo al mondo, ipotesi soggettive, probabilistiche, che un oggetto abbia un particolare attributo o che un’azione porterà a un certo tipo di conseguenza.

Le credenze spiegano le superstizioni perché anch’esse non sono fatti e soprattutto possono non essere vere.

Quest’ultima assunzione comunica la natura instabile e labile della credenza che riflette la possibilità di essere esposta, modellata, incamerata e utilizzata come metro di interpretazione della realtà, anche se errata.

Ecco che le superstizioni nascono dalla miscellanea di convinzioni sbagliate che si scontrano con la curiositas umana e danno vita a risposte irrazionali per fatti quotidiani che in realtà hanno basi imprecise, poi il passaparola, il tempo e la storia ultimano il lavoro.

 

La superstizione influisce sul pensiero, sulla percezione e sull’interpretazione delle condotte di vita e concerne il convincimento che gli eventi futuri possano essere influenzati da comportamenti particolari, sciolti dalle leggi deterministiche sulle relazioni causali.

Il termine latino super (sopra) stitio (stato) fu utilizzato per la prima volta da Cicerone nel De natura deorum per indicare la devozione patologica di chi trascorreva le giornate rivolgendo alla divinità preghiere voti e sacrifici, – affinché serbasse i suoi figli “superstiti”-.

Da qui riflette il termine come espressione di atteggiamento che si affida al mondo soprannaturale con lo scopo di sopravvivere.

Addirittura Lucrezio nel De Rerum Naturae propone un significato ambiguo di religione che i dossografi hanno a lungo meditato sulla possibilità di essere tradotto col termine superstizione, caricando la parola di responsabilità e lasciando dubbi e alterchi sull’interpretazione.

Tuttavia spesso è possibile riconoscere nelle superstizioni, e soprattutto nei comportamenti per ovviare le loro conseguenze, delle forme di persistenza sintomatologiche di patologie psichiche.

La persistenza e il fattore sovrannaturale stigmatizzano la modalità con cui le persone percepiscono queste convenzioni e trovano difficoltà a ignorarle.

Le cause degli effetti sovradimensionati delle superstizioni sono legati potenzialmente sia alla suggestione individuale sia alla percezione di controllo soggettiva, di natura intrinseca o estrinseca.

 

I casi in cui la superstizione costituisce e sostituisce in modo completo o parziale le logiche razionali del comportamento si riscontrano solitamente in individui con particolari timori e insicurezze, rendendo possibile anche l’insorgenza di disturbi ossessivi-compulsivi.

Timore e paura dell’uomo per fenomeni rari, misteri in cui l’ignoto prevale sul raziocinio creano un vuoto che rende l’essere umano vulnerabile al potere, in particolare al potere che si camuffa come pietra in grado di riempire quel vuoto: le principali credenze sono infatti state alimentate soprattutto dalla chiesa e dagli stregoni, che percepivano nell’ignoranza e nella vulnerabilità del loro popolo un forte alleato per aumentare il loro potere.

È proprio il timore, turbamento in grado di spingere l’uomo a escogitare rimedi per restituire sicurezza, che ha generato, alimentato e conservato la superstizione.

La psicologia riserva alla superstizione il ruolo di inefficiente strategia di coping nel fronteggiare incertezze e pericoli, dunque tecnica che agisce in colluttazione con nozioni alterate di responsabilità, supervalutazione del rischio e intolleranza verso l’eventuale mancanza di certezze.

 

Il numero 17 porta sfortuna

Il numero 17, scritto in caratteri romani appare così: XVII. Facendo l’anagramma di queste lettere si ottiene la scritta latina “VIXI”. Il significato di questa parola è “ho vissuto” ed era la frase che veniva incisa sulle tombe romane prima che fosse sostituita con l’attuale “Rest In Peace”. Se a questo numero ci sommiamo il giorno in cui è stato crocifisso Gesù, il risultato è quello di ottenere Venerdì 17, giorno di massima apoteosi della sfortuna.

 

superstizioni

 

Passare sotto la scala

L’origine di questa superstizione non ha nulla a che vedere con la scala in sé o con la pericolosità che l’oggetto comporta.

Il motivo principale è dovuto al triangolo magico che l’oggetto crea quando viene appoggiato ad un muro. Questa figura geometrica, composta da 3 lati (3 come il numero perfetto, simbolo di pace e armonia), rappresenta l’equilibrio e la perfezione. Passando attraverso questo triangolo l’equilibrio si spezza.

Secondo gli Antichi Egizi il triangolo era una figura geometrica sacra (si pensi alle piramidi) e violare la sua integrità attraversandolo era una grave offesa agli Dei, che veniva punita con sfortuna eterna. Secondo i cristiani invece il triangolo simboleggiava la Santa Trinità. Attraversarlo voleva dire affrontare Dio, gesto parimenti punito con sfortuna eterna.

A dare notevole risalto a questa superstizione ai giorni nostri, però, ci hanno pensato i media. Si pensi ai cartoni animati, ad esempio. Quante volte le scene d’animazione hanno mostrato personaggi di vario tipo passare tranquillamente sotto scale di varie dimensioni e cadere, subito dopo, vittime di un infausto destino? È forse anche per questo motivo che le persone sono portate a cambiare strada se lungo il loro percorso si imbattono in delle scale.

 

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