Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio

 

“In bocca al lupo”

“In bocca al lupo” è un’espressione rivolta per antifrasi

Volendo essere precisi va detto che questo non è propriamente un caso di superstizione ma di scaramanzia. Lo scopo di dire “in bocca al lupo” ad amici e conoscenti è quello di augurare buona fortuna quando qualcuno è in procinto di affrontare una prova difficile, dall’esito solitamente incerto. Il suo significato letterale è quello di andare nella bocca del lupo, che, metaforicamente parlando, vuol dire cacciarsi nei guai.

Secondo le ipotesi più accreditate, l’espressione è nata in tempi antichi dai cacciatori che erano soliti pronunciare questa frase ai propri colleghi, sperando che tutto andasse per il meglio durante le battute di caccia. Il lupo, secondo antiche tradizioni popolari, era la personificazione del male: un animale feroce e malvagio che seminava morte e paura tra le campagne. Tutti lo temevano, soprattutto pastori e cacciatori che avevano maggior possibilità di imbattersi in un branco. Da qui nacque l’abitudine di augurarsi “in bocca al lupo” per scongiurare un loro incontro.

Ma per quale motivo si augura una cosa brutta (cacciarsi nei guai) per intenderne una bella (spero che vada tutto bene)? Semplice, “in bocca al lupo” è un augurio rivolto per antifrasi. In altre parole vuol dire che il significato attribuito dalle persone a una parola è opposto al significato assunto dalla stessa parola a condizioni normali.

 

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Rompere uno specchio

Rompere uno specchio può essere una vera catastrofe per le persone più superstiziose perché questo gesto malaccorto genererà sfortuna per ben sette anni.

Questa credenza si è originata nell’antica Roma e deve la sua notorietà al valore simbolico che assumevano gli specchi, visti come oggetti magici (al pari di tutte le altre superfici riflettenti). Lo specchio, secondo le convinzioni dell’epoca, non era solo in grado di riflettere tutto ciò che stava di fronte ma era anche in grado di riflettere l’anima delle persone. Proprio per questo motivo frantumare uno specchio era come spezzare la propria anima, con la conseguenza che la vita umana si trovava svuotata della parte più pura e nascosta che possedeva e questo equivaleva ad uccidere sé stessi o a farsi molto male.

 

Perché proprio sette anni? Ci sono due versioni a questo riguardo. La prima è dovuta alla visione che i romani avevano del ciclo vitale di un uomo, che era in grado di rinnovarsi periodicamente ogni sette anni. Rompere uno specchio equivaleva a danneggiare temporaneamente la propria anima, che riacquistava la sua integrità solo alla fine del ciclo vitale. Una motivazione più pratica è data dal valore economico dell’oggetto. In passato, infatti, il costo di uno specchio era molto elevato, considerando anche il fatto che spesso veniva adornato con metalli e pietre preziose. Far distrattamente cadere quel piccolo articolo di lusso poteva rivelarsi molto doloroso anche dal punto di vista economico, tanto che sarebbero serviti sette anni di lavoro (parliamo dei meno abbienti, ovviamente) per potersene ricomprare un altro.

 

 

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Il gatto nero che attraversa la strada

Questa credenza risale al Medioevo. Il periodo in cui l’individuo componeva il suo agire di regole dettate dagli alti poteri monarchici. Eppure questo stesso individuo veniva cagionato per pene non provate, frutto di un libero arbitrio senza influenze, composto di sole scelte pattuite con se stessi e senza la possibilità o la necessità, a volte, di provarle. Questo è il periodo della caccia alle streghe.

La caratteristica di queste donne malvagie era quella, una volta armate di scopa e cappello, di uscire di notte per le loro battute di caccia. I gatti vennero presto associati alle fattucchiere perché ritenuti dal popolo dell’epoca l’unico animale domestico che vagava per strade e vicoli durante la notte e quindi complice delle streghe. In particolare erano i gatti neri quelli presi più di mira. Nero come il colore della morte, nero come il colore del diavolo e degli inferi.

 

Questi esseri malvagi al servizio delle streghe andavano puniti. La pena, come purtroppo accadde anche per migliaia di donne innocenti, era quella capitale. Fu così che i nostri cari felini vennero arsi vivi, scorticati, crocefissi o gettati dai campanili durante le festività religiose, senza alcun rimorso.

Il motivo per il quale un gatto nero porta sfortuna solo se taglia la strada della persona che ha davanti deriva però dalla mancata illuminazione notturna in epoca Medievale. Quando, all’imbrunire del giorno, una carrozza vagava per le strade, poteva capitare che l’attraversamento di un gatto (soprattutto se nero, cioè più difficile da vedere) spaventasse i cavalli al punto da disarcionare la carrozza. Da qui l’origine della superstizione.

Il gatto però non è sempre stato visto come un essere maligno e cattivo. I greci e gli Antichi Egizi, ad esempio, li adoravano. In particolare i secondi, oltre a considerarli sacri, arrivavano a punire con la morte gli umani che anche solo per sbaglio ne avessero ucciso uno. Nella marina inglese, inoltre, i gatti erano considerati le mascotte delle navi sulle quali venivano ospitati.

 

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