5 capolavori della letteratura diventati classici con il passare degli anni.

Siamo alla Vigilia e manca meno di un giorno a Natale. È il periodo dell’anno, insieme alle vacanze estive, in cui abbiamo più tempo da dedicare alla lettura. Allora vediamo di leggere o rileggere alcuni libri che chi ama la letteratura non può assolutamente perdere. Ecco 5 libri da regalare o regalarsi per Natale.

Tropico del Cancro – Henry Miller

“Abito a villa Borghese. Non un granello di polvere, non una sedia fuori posto. Siamo soli, e siamo morti”.

 

Così Henry Miller ci catapulta dentro il suo mondo di miseria e solitudine, di luce e ombra, di fame e arte.
Siamo nella Parigi degli anni Trenta, una Parigi non mitizzata, a differenza del Romanticismo imperante del tempo, una città popolata da aspiranti artisti, squallide stanze di albergo, risse, truffe, puttane, vagabondi e sbornie ricorrenti.
Miller descrive una vita bohemienne lontana da tutte le convenzioni, un’odissea alla scoperta della propria identità, un viaggio nella carne e nelle viscere dell’uomo. Sguazza nella superficialità del Mondo per cercare di sopravvivere, e, come il cane assetato che beve dalla pozza, Miller beve dal grande calice della Vita. Fa indigestione di alcool, sesso e arte, per poi vomitare tutto fuori con una scrittura travolgente, una lirica nuova che si erge a rappresentare non un popolo ma il mondo intero.

 

“E questo allora? Questo non è un libro. È libello, calunnia, diffamazione. Ma non è un libro, nel senso usuale della parola. No, questo è un insulto prolungato, uno scaracchio in faccia all’Arte, un calcio alla Divinità, all’Uomo, al Destino, al Tempo, all’Amore, alla Bellezza… a quel che vi pare. Canterò per voi, forse stonando un po’, ma canterò. Canterò mentre crepate, danzerò sulla vostra sporca carogna…”.

 

Lorenzo Borghini

Chiedi alla polvere – John Fante

“Così l’ho intitolato Chiedi alla polvere, perché in quelle strade c’è la polvere dell’Est e del Middle West, ed è una polvere da cui non cresce nulla, una cultura senza radici, una frenetica ricerca di un riparo, la furia cieca di un popolo perso e senza speranza alle prese con la ricerca affannosa di una pace che non potrà mai raggiungere.
E c’è una ragazza ingannata dall’idea che felici fossero quelli che si affannavano, e voleva essere dei loro”.

 

John Fante

nel prologo di Chiedi alla polvere

 

Siamo a Los Angeles, negli anni Trenta e lo sfondo è l’America della Grande Depressione.
Arturo Bandini, alter ego di Fante, è un’anima libera e allo sbaraglio, che si trascina di motel in motel cercando di diventare uno scrittore. Poi incontra Camilla Lopez, una ragazza ispano-americana, e proietta la sua incapacità di vivere nella sua incapacità di amarla. Camilla è il suo ultimo esilio, la sua Sant’Elena, un doloroso rifugio dal mondo intero.
Il suo è un amore platonico, idealizzato, intoccabile, immacolato, e Camilla rappresenta l’Amore, non un amore.
John Fante dà vita ad un romanzo dolente, bagnato di spiagge al chiaro di luna, pregno di humor grazie allo spietato Bandini, che è (dis)onesto nella sua spietatezza, ossessionato dalla scrittura, da sogni di belle donne e macchine scintillanti. Fante alterna frasi brevi simili a scariche di cazzotti ad altre più distese, quasi cantate. Chiedi alla polvere è un’ode all’Amore e alla Vita, toccato dalla mano di Dio.

 

Lorenzo Borghini

Il libro nero – Orhan Pamuk

“Perché nel ricercare l’anima malinconica della sua città natale, ha scoperto nuovi simboli per rappresentare scontri e legami fra diverse culture”.
Queste le motivazioni per il premio Nobel assegnato all’autore turco nel 2006. E mai motivazione è stata così azzeccata. Il Libro Nero è la summa di tutto ciò, uno di quei romanzi che difficilmente si dimenticano.
Galip, un giovane avvocato turco, un giorno scopre che sua moglie Ruya (sogno in turco) è scomparsa. Anche il suo fratellastro Celal, famoso giornalista autore di articoli ricchi di fantasia che faranno spesso capolino tra i capitoli del libro. Così Galip si tufferà alla ricerca della consorte, in un labirinto di intrecci che unirà la storia di una nazione, la Turchia, alla storia delle persone che la abitano. Tutto sullo sfondo di una Istanbul, simbolo per antonomasia dell’Occiriente, malinconica e poetica come non mai.
Con questa perla Pamuk ci regala uno degli ultimi grandi capolavori del Novecento. Anche perché fondamentalmente Il Libro Nero è una storia d’amore. Amore verso una città e una nazione (pur con le sue mille contraddizioni), verso una donna e amore verso la scrittura e la narrazione. Una narrazione che unisce il tema della memoria a quello dell’invenzione letteraria. Un’invenzione continua che come neve (quella, rarissima come i capolavori, di Istanbul) ricopre il cuore del lettore lasciando il segno.

 

Daniele Minucci

Ferdydurke – Witold Gombrowicz

In pochi lo sanno, ma Gombrowicz è stato uno degli autori più geniali del Novecento. Nell’arco della sua carriera ha sfornato veri e propri capolavori come Pornografia e Cosmo. Ma è in Ferdydurke che si forgia la sua poetica, quel “ghigno dell’immaturità” destinato a fare scuola.
Con uno stile sempre frizzante, Gombrowicz ci descrive le peripezie di Gingio, un trentenne che un giorno torna improvvisamente bambino.
Finito di scrivere nel 1938, Ferdydurke è la perfetta satira di una società, quella europea, grottesca come non mai eppure descritta da un occhio estremamente lucido e sensibile. Rispecchiando la crisi di identità di un continente attraverso l’ingenuità, l’immaturità che talvolta ripugna, talvolta attrae, e specialmente la crisi di identità dell’uomo che inscena un conflitto contro se stesso. Regredire nell’età di un uomo è come regredire nell’intera umanità, così Gombrowicz tratta anche “dell’aspetto tragico dell’evoluzione, provando ad esprimere il conflitto eterno tra l’uomo e la sua forma, conflitto tanto doloroso oggi come nel corso dei secoli” (così diceva lui stesso). Libro incredibilmente attuale, vista l’assenza di maturità nella nostra epoca, Ferdydurke è un capolavoro, a metà tra Kafka e Freud, adatto per chi vuole tornare bambino e (specialmente) per chi vuole tornare adulto.

 

Daniele Minucci

Le braci – Sandor Marai

Le braci è forse il miglior romanzo del grande scrittore ungherese Sandor Marai, attivo nel corso del ventesimo secolo. Una storia di amicizia, passione, tradimento; un incedere ritmato e coinvolgente verso lo svelamento di un dramma che da personale si fa universale, sfiorando il senso più profondo delle passioni umane. Un fuoco che arde nel cuore di ciascun essere umano e che, quasi ineluttabilmente, ridisegna i confini del proprio destino. Un tempo Henrik e Konrad sono stati amici inseparabili, così diversi ma così legati, fino al momento in cui il destino li ha posti di fronte alla pulsione bruciante delle loro passioni. Dopo oltre quarant’anni i due si ritroveranno nel castello di Henrik, per fare finalmente i conti col passato, col tradimento, con quegli eventi che hanno segnato per sempre le loro vite. Ma ci sono domande alle quali non è possibile rispondere con le parole.

 

Daniele Castellani