Fenomeno tanto rivoluzionario quanto quelli di illuminazione ed elettrificazione a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, nell’era contemporanea quello della “Datificazione” descrive l’inarrestabile produzione e consumo di dati, pertinenti ad attività tanto disparate quanto i dispositivi utilizzati per quantificarle (softwares avanzati, hard disks, smart phones, notebooks, GPS…). Tale processo prevede infatti una fondamentale traduzione in serie numeriche o formato digitale di informazioni ed attività altrimenti invisibili, successivamente possibili da tracciare, misurare ed ottimizzare. Ad un’inarrestabile datificazione corrisponde dunque un’altrettanto inevitabile ‘quantificazione dell’esperienza umana’, tendenza in vertiginoso aumento soprattutto dopo l’avvento del Digitale e di Internet. (Basti pensare che, come riportato dal giornale online Senesc(i)ència, scambiamo 2.5 quintilioni di byte di dati ogni giorno e che, solamente nel 2009, è stato generato lo stesso volume di informazioni prodotto in tutta la storia, fino a quell’anno).

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Senza che nemmeno ce ne accorgiamo, le nostre attività quotidiane vengono automaticamente tracciate e registrate sul Web e tramite tale operazione sono successivamente delineati dettagliati profili individuali, che rispondono ai nostri interessi e gusti: il nostro network di amicizie è organizzato e visibile su Facebook, quello professionale coordinato tramite LinkedIn, mentre le nostre preferenze musicali vengono memorizzate da Spotify o la corrispondenza privata su Gmail selezionata e tradotta in seducenti annunci pubblicitari. Allo stesso modo, il fenomeno di datificazione risulta dunque rilevante nel mondo del business, dove gli obiettivi sono spesso stabiliti sotto forma di dati; nel campo della ricerca scientifica e medica, per una letterale datificazione della salute umana tramite sofisticati sensori; o nell’educazione, dove i processi di apprendimento sono sempre più spesso monitorati e condotti a distanza, attraverso tecnologie di e-learning (esempio efficace quello della giovane Khan Academy).

Hello World! Or: How I Learned to Stop Listening and Love the Noise, Christopher Baker, 2009

Hello World! Or: How I Learned to Stop Listening and Love the Noise, Christopher Baker, 2009

Il ‘datacentrismo’ ha dunque un duplice risvolto: se da un lato conduce ad una progressiva ‘mercificazione del sé’, ad una incontrollata violazione della privacy e dunque ad un diffuso sistema di sorveglianza globale (come poco più di un anno fa ci ha dimostrato lo scandalo datagate, a seguito delle rivelazioni dell’informatico Statunitense Edward Snowden), dall’altro consente lo sviluppo di tecniche scientifiche all’avanguardia e di metodi di studio e ricerca sempre più specifici. In questo universo di dati, ad un tempo distopico ed utopico, viene dunque da chiedersi come si possano salvaguardare i paradigmi di soggettività ed autonomia, ma anche, e più semplicemente, come sia possibile razionalizzare e conservare la conoscenza prodotta, rendendola così accessibile a tutti.

A queste domande tenta di dare risposta Big Bang Data, mostra itinerante attualmente in corso presso il Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona. Combinando installazioni multimediali, mappe geografiche, cartacee o interattive, report scientifici e statistici, video documentari e testimonianze storiche, Big Bang Data esplora la natura fisica dei dati e prende in considerazione le tecniche che quotidianamente sono utilizzate per produrli, organizzarli e successivamente conservarli. Allo stesso modo, la mostra fa luce sull’uso ed abuso degli stessi, ponendo al centro le questioni fondamentali di soggettività, privacy, democrazia e, non ultima, quella della memoria: come trascendere la fisiologica tendenza a dimenticare, quando macchine elettroniche e dispositivi sempre più potenti assolvono per noi alla funzione di preservare ingenti sets di informazioni?

World Processor, Ingo Günter, 1989-2012

World Processor, Ingo Günter, 1989-2012

La prima di una serie di mostre all’interno del progetto BETA, che si pone l’obiettivo di analizzare i cambiamenti apportati all’esistenza umana dall’avvento del Digitale, Big Bang Data non solo riunisce opere di artisti internazionali, ma si configura come una vera e propria centrale di studio, aperta ad individui di tutte le età. Attraverso un ricco ciclo di laboratori, conferenze, incontri e video-proiezioni, la mostra infatti riunisce insieme specialisti in ogni disciplina, tra cui esperti in matematica, ingegneria, neuro-scienza, cardiologia e giornalismo, per riflettere sull’ormai evidente ‘totalitarismo dei dati’.

OpenStreetMap: A Year of Edits, ITO World, 2013

OpenStreetMap: A Year of Edits, ITO World, 2013

Curata dall’architetto Olga Subirós e dal ricercatore/curatore José Luis de Vicente, Big Bang Data rimarrà aperta fino al 16 Novembre per poi spostarsi presso la Fundación Telefónica di Madrid, il 25 febbraio 2015. Per chi non avesse l’opportunità di volare in Spagna per l’occasione, un’altrettanto esaustiva esperienza della mostra è possibile sul sito dell’evento, che oltre ad offrire dettagliate descrizioni delle opere esposte, raccoglie importantissime riflessioni sul tema (sotto forma di video, interviste e papers di ricerca). Che dite, non siete curiosi di scoprire come davvero funzioni l’universo dei Big Data?

24 hours uploads in Flickr

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