Fino al 2 luglio il Palazzo Reale di Milano ospita Manet e altri artisti dell'epoca, calandoci in una Parigi in moderno divenire urbanistico.

Dall’8 marzo il Palazzo Reale di Milano ospita Édouard Manet e i suoi contemporanei in una mostra volta a omaggiare il rapporto fra l’arte e la trasformazione urbana della Parigi dell’Ottocento. A questo scopo, nessuna città migliore di Milano, che per la sua corsa all’innovazione e la sua vivacità sembra il luogo più adatto a ricalcare il fervore parigino dell’epoca. Con più di cento capolavori provenienti dal Museo di Orsay, è come se avessimo ‘preso in prestito’ un po’ di Francia, una sorta di innocente rivincita considerando che tra le mura del Louvre risiede ancora La Gioconda del maestro italiano Leonardo da Vinci.

Il percorso espositivo è suddiviso in 10 sale dove sono collocate 17 opere di Manet e più di 40 degli altrettanto influenti artisti dell’epoca, tra i quali Boldini, Cézanne, Degas, Fantin-Latour, Gauguin, Monet, Renoir, Signac. A Édouard Manet è attribuita maggiore importanza, probabilmente per il suo ruolo chiave di ‘iniziatore di un’epoca’. Egli infatti fu da sempre considerato precursore dell’impressionismo, corrente artistica nata in Francia nella seconda metà dell’800: ciò nonostante, non accettò mai di esporre con gli impressionisti né di definirsi tale.

 

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Una foto di Édouard Manet

 

Manet voleva conquistare il Salon, che spesso rifiutò le sue opere, e così facendo divenne il re dello scandalo. A Palazzo Reale mancano tuttavia le opere più conosciute dell’artista, Le déjeunersur l’herbe (1863) e Olympia (1863), quelle che più di ogni altra suscitarono lo shock per il rovesciamento dei canoni pittorici e morali del tempo. Un richiamo all’Olympia è però fin da subito rintracciabile nella prima sala della mostra, dedicata alla ritrattistica. Qui possiamo ammirare il ritratto offerto in dono a Émile Zola, grande sostenitore di Édouard Manet, nel quale l’artista decise di dipingere sullo sfondo una miniatura dell’Olympia, che l’amico tanto difese.

 

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Il famoso Olympia di Édouard Manet

 

La seconda sala è dedicata interamente alla Parigi moderna e a tutti quegli artisti che ne fecero la propria musa. Tra il 1852 e il 1870 infatti, sotto le direttive del barone Haussmann e di Napoleone III, la capitale del Secondo Impero cambiò totalmente fisionomia: venti nuovi arrondissement, nuovi edifici, chiese e spazi residenziali, accanto ai vecchi in continua ristrutturazione. Parigi si imborghesisce e gli artisti ne sono ugualmente protagonisti, progettandola architettonicamente sul proprio foglio, dipingendone le sensazioni del momento (Monet – Les Tuileries, 1875) o lasciandosi andare alla nostalgia per una Parigi più desolata e periferica (Paul Signac – La strada di Gennevilliers, 1883). Lo stesso Manet soleva camminare per le strade parigine assieme al suo amico Baudelaire in cerca di ispirazione. A tal proposito quest’ultimo, nel saggio Il pittore della vita moderna (1863) coniò il termine flâneur per indicare colui che vagabonda nell’ambiente circostante per raccoglierne la piena essenza, pur mantenendosi distaccato e critico osservatore.

 

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Paul Signac, Strada di Gennevilliers, 1883

 

Sebbene il mondo dell’arte sia sempre più affascinato dalle novità della vita urbana, gli artisti non abbandonano i motivi naturalistici, che anzi vengono riscoperti con uno stile del tutto nuovo. È questo il tema delle due sale successive, dove l’acqua, i paesaggi e le nature morte diventano assolute protagoniste. Nel 1868 in Chiaro di Luna sul porto di Boulogne, Édouard Manet dipinge la poeticità di un paesaggio notturno in lontananza, visibile dalla finestra del suo hotel. Egli non tarderà però a lasciarsi suggestionare dal fiorire dell’impressionismo e dalle possibilità che il plein air offre. Artisti come Renoir, Monet, Cézannee molti altri, abbandonano i propri atelier e iniziano a dipingere nella natura stessa, alla ricerca di colori vivaci e della massima luminosità. Un chiaro esempio è Argenteuil (1872) di Monet, realizzato a partire da un battello nel mezzo delle acque della Senna, una sorta di grande atelier galleggiante.
Come già accennato, è proprio dallo splendore della natura ‘viva’ che il percorso espositivo ci condurrà inaspettatamente di fronte a una serie di malinconiche nature ‘inanimate’, dove le peonie di Manet sembrano elevate a soggetti aulici. È un tema che l’artista privilegiò soprattutto nei suoi ultimi anni, quando la vecchiaia non gli permetteva di terminare grandi composizioni. Furono in particolare le peonie il suo fiore prediletto, che egli coltivava direttamente nel giardino di Gennevilliers.

 

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Chiaro di luna sul porto di Boulogne, Édouard Manet, 1869

 

La quarta sala apre le porte al clima spagnolo, grande fonte di ispirazione per Édouard Manet soprattutto dopo il 1865, anno in cui su consiglio dell’amico Zacharie Astruc, intraprese il suo viaggio nella penisola iberica. Una serie di opere rimandano alle realtà osservate in Spagna(Combattimento di tori, 1865-1866) ma è Il pifferaio (1866) a dominare la stanza. L’opera dallo scuro fondale neutro rimanda chiaramente a Velasquez, da lui considerato il ‘pittore dei pittori’: questa fu una delle tante opere rifiutate dal Salon, in questo caso per la radicalità del trattamento pittorico e l’assenza di prospettiva.

Dalla Spagna si torna successivamente alla capitale parigina. Alla fine del 19esimo secolo artisti come Stevens, Béraud e Constantin Guys cercavano ispirazione nei cafè, nelle brasseries e nei locali notturni, dove la miseria e la prostituzione erano sempre ben presenti. Questi luoghi, frequentati al contempo dalla borghesia e dal popolino potevano offrire soggetti interessanti: accanto alle rappresentazioni delle classi meno agiate (Manet – La cameriera della birreria, 1878-79) le pareti della sala ospitano ritratti festosi della mondanità  (Boldini – Scena di festa, 1889).

 

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Boldini, Scena di festa, 1889

 

Le sezioni seguenti sono dedicate interamente a quest’ultimo tema, concentrandosi in particolar modo sulla Parigi del piacere e sulle magnificenti vedute dell’Opéra, simbolo per eccellenza della capitale moderna. Qui potrete ammirare le vedute architettoniche e le sculture di bronzo adibite alla progettazione dell’Opéra e assistere come spettatori a scorci delle realtà dell’epoca, fatta di feste in maschera, abiti lussuosi e serate di gala nei teatri parigini. Gli artisti con il proprio pennello divennero fotografi della vita contemporanea. Fu in questo periodo che Degas strinse amicizia con gli orchestrali che gli permisero l’accesso libero al teatro e iniziò a dipingere le scene di danza per cui è maggiormente conosciuto (Il foyer della danza al teatro dell’Opéra, 1877). Particolare attenzione merita inoltre Un palco al Théâtre des Italiens (1874) di Eva Gonzalès, accusata dal Salon di essersi troppo accostata allo stile pittorico di Édouard Manet, con il quale vi furono scambi reciproci.

 

Il percorso dell’esposizione ci conduce infine all’universo delle figure femminili avvolte in abiti bianchi, il  colore simbolo della purezza e di forte connotazione sociale. Alfred Stevens (Il bagno, 1847) ama dipingere le donne in situazioni domestiche, accentuando l’intimità della scena, James Tissot con Le due sorelle (1863) mostra un grande virtuosismo nella resa dei tessuti e la sua abilità nel trattare diverse tonalità di bianco l’una sull’altra.

 

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Alfred Stevens, Il bagno, 1847)

 

Ma ancora una volta Édouard Manet dà prova della sua diversità con Il balcone (1868) dove i tre personaggi appaiono assorti e il contrasto tra il verde accesso della ringhiera e i colori del resto della tela sconvolsero il Salon di ieri e gli osservatori di oggi.

Per opposizione l’ultima sala ci getta nel nero, offrendo ritratti di figure femminili dallo sguardo intenso e dagli abiti scuri quali Berthe Morisot con un mazzo di violette (Manet, 1872) e Madame Darras (Renoir, 1868), fino alla conclusiva Giovane donna con veletta (1875), una donna misteriosa dipinta di profilo come se fosse sul punto di andarsene, che sembra quasi volerci accompagnare verso l’uscita.

Il nostro viaggio si conclude qui,  ancora una volta il Palazzo Reale non ci ha deluso. Avete tempo fino al 2 luglio per scoprire le bellezze che questa mostra ha da offrirvi.

 

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