Un'incredibile esperienza di viaggio alla scoperta di uno dei paesi più visitati del Centro America: il Messico.
Dopo ben ventisei giorni di viaggio con zaino in spalla in bus dallo Yucatan a Città del Messico, passando per il Chiapas, sono pronta per raccontarvi una delle esperienze di viaggio più incredibili mai fatte, alla scoperta di uno dei paesi più visitati del centroamerica: il Messico.
Spiagge dorate, città coloniali, tacos, tequila, paesaggi colorati: scegliere di esplorare queste zone del Messico, se si hanno a disposizione poco più di tre settimane, è una scelta sensata per avere almeno un primo contatto con un paese dalle mille contraddizioni. Patria del turismo sfegatato, ma anche luogo di oppressioni indigene da parte del governo centrale e di aspetti socio-culturali poco conosciuti da chi immagina la terra della tequila essenzialmente come un posto dove incontrare rovine maya e mare caraibico. Il Messico è molto di più e proverò a spiegarvelo raccontandovi le quattro zone che ho visitato durante questo meraviglioso viaggio.
1º tappa Yucatán e Quintana Roo
Chi viaggia in Messico per la prima volta non può non andare alla scoperta di alcune delle spiagge più belle al mondo, situate nella regione di Quintana Roo, nello Yucatan, anche se il mio consiglio è quello di evitare i posti più affollati e turistici. Appena atterrati a Cancun, infatti, all’uscita dell’aereoporto, decidiamo di non fermarci e di prendere un autobus con destinazione Playa del Carmen (posto ancora troppo turistico per noi) e poi Tulum. Qui, decidiamo di fermarci almeno tre giorni, perché riusciamo a trovare la nostra dimensione. Invece di alloggiare sulla spiaggia, scegliamo un ostello nel paesino, per stare a stretto contatto con la gente del posto.
Ci muoviamo in bicicletta per raggiungere le meravigliose spiagge o prendiamo i cosiddetti “colectivos” (furgoncini che prendono a bordo passanti per pochi pesos, portandoli in diverse destinazioni); questi mezzi sono ottimi per fare tragitti più lunghi e raggiungere, ad esempio, la zona delle rovine di Tulum o, addirittura, il complesso delle rovine di Chitchén Itzá e godere delle meravigliose rovine maya, una delle sette meraviglie del mondo, o andare a visitare alcuni tra i centinaia di “cenotes” presenti in zona.
I cenotes sono letteralmente delle grotte “collassate” d’acqua dolce e cristallina, nei quali puoi godere di spettacolari giochi di luce e colori differenti. Ci sono due tipi di cenotes: quelli dove puoi addentrarti solo facendo snorkling, ed altri “aperti” dove puoi tuffarti nel pieno del relax di una piscina naturale.
Dopo il nostro soggiorno a Tulum, ci dirigiamo verso Valladolid, il nostro primo contatto con una cittadina coloniale. L’atmosfera è allegra, colorata, vivace. Valladolid è un luogo sereno, facile da girare a piedi e fatto per perderti tra le sue stradine. Agli angoli trovi bar di mezcal, tequila e liquori tipici, la bellissima Piazza della cattedrale, la Iglesia di San Sarvasio. E durante il nostro soggiorno lì, scopriamo che a pochissime ore di autobus c’è Chiquilá, un piccolo paese sulla costa a nord, da dove partono imbarcazioni per la piccola isola di Holbox. Questo luogo che definirei incantato, è una perla caraibica ancora poco conosciuta (e direi per fortuna). Spiagge immacolate, palme, acqua cristallina, atmosfera bohemia per le sue piccole stradine. L’isola va da punta Coco a punta Mosquito, offrendo panorami mozzafiato. Si possono osservare in lontananza i fenicotteri rosa e altre enormi varietà di uccelli e pesci del luogo. Uno spettacolo senza eguali.
Dopo tre giorni pieni ad Holbox ed averne (purtroppo) perso uno intero a causa di un’improvvisa alluvione (normale ad agosto, periodo di piogge), ritorniamo a Chiquilá per prendere un autobus verso Merida, ultima tappa yucateca. Merida ci appare subito una città molto più grande, piena di mercati, chiese, piazze, attività culturali per strada. Il centro si gira tranquillamente a piedi. Se siete fortunati, infatti, di sera si può assistere a qualche ballo tradizionale, come le tipiche serenate yucateche o il famoso gioco della “pelota”.
Lasciamo dunque, dopo circa undici giorni, la meravigliosa penisola dello Yucatan, con le sue tradizioni colorate e il suo turismo da cui cerchiamo a tratti di scappare per addentrarci, forse, nella tappa più affascinante di tutto il viaggio: il Chiapas.
2º tappa: Chiapas
Dopo aver lasciato la musica e i colori del mare yucateco, delle sue città coloniali, dei cenotes e del caldo umido, ci addentriamo nella zona più impervia del Messico, il Chiapas. Per arrivarci in bus o in macchina, dovete tenere in conto la possibilità di qualche controllo a bordo da parte della polizia messicana o qualche blocco per manifestazioni in corso. Questa regione, infatti, è forse la più autentica del paese e, proprio per questo, mantiene un’identità molto forte, reduce delle lotte zapatiste del passato che hanno visto come protagonisti indigeni pronti a difendere i loro diritti dinnanzi ad uno stato incapace di riconoscerli. Nelle strade che percorriamo in autobus, da Merida a Palenque, piene di curve, alberi fitti e alte colline, incontriamo piccole comunità del posto. Queste persone vivono di artigianato locale, di vendita di prodotti tipici, alcune neanche conoscono lo spagnolo. Le condizioni di vita sono precarie, molti passeggiano per le strade cercando qualcuno a cui vendere qualcosa, o durante i pit-stop per mangiare durante i lunghi tragitti in autobus. L’aria nel frattempo si rinfresca, diventa meno pesante ed è più piacevole.
La prima tappa in Chiapas è Palenque, piccola cittadina conosciuta specialmente per la sua zona archeologica di rovine maya, forse la più affascinante vista finora. Si stima, infatti, che la parte visibile di tali rovine sia solo il 5%, come il Tempio delle Iscrizioni con la tomba di Pakal, ad esempio. Mentre tutto il resto è completamente ricoperto dalla selva. Chilometri e chilometri di foresta che rendono ancora misteriose zone inaccessibili. Non si può lasciare Palenque senza visitare la cascata di Misol-Ha e le cascate di Agua Azul, meravigliose gole di acqua cristallina che, ahimè, nel periodo delle piogge non sono poi così blu come si immagina, ma ne vale comunque la pena.
Lasciamo Palenque dopo due giorni di escursioni per visitare quello che sarà il luogo che ci terrà più legati, San Cristóbal de las Casas. Questo gioiellino che si erge tra le colline del Chiapas, è una cittadina coloniale ricca di chiese dai tetti azzurri, gialli e le pareti rosse o viola. Bandierine, santini e strade colorate, mercatini, pon pon, centri culturali. San Cristóbal è l’esplosione culturale di una regione che ha voglia di far sentire la sua voce al mondo. Forte è il senso di appartenenza e molti sono gli indizi della presenza indigena.
C’è una gran voglia di far conoscere la propria storia di sottomissione che ancora esiste e ancora fa sentire la sua presenza, nonostante le ribellioni degli anni Novanta dello EZLN (esercito zapatista di liberazione nazionale). Ovunque cartelli che annunciano la volontà di un “mondo dove possano entrare molti mondi diversi”, musica, scritte di pace. San Cristóbal è una cittadina giovane, tradizionale ma, allo stesso tempo, aperta ad altre culture e nazionalità, alle tendenze musicali e sociali dell’occidente. Non puoi non sentirti a casa. Ce ne innamoriamo subito. La colazione tipica è con i “chilaquiles”, “tortitas” di mais ripiene di pollo o uova con verdure e chile. Il chile è un peperoncino piccante di vari colori, verde, rosso o giallo: una vera delizia per palati forti.
Anche i dintorni di San Cristóbal offrono bellezze imperdibili e luoghi al di fuori di ogni immaginazione. San Juan Chamula, ad esempio, è uno di quelli. A pochi chilometri da San Cristóbal, è un paesino abitato essenzialmente da indigeni che vivono di agricultura e delle visite di viaggiatori incuriositi dalle strane dicerie riguardo ciò che accade all’interno della cattedrale del paese: un posto mistico, dove si realizzano riti pagani contro le malattie e il malocchio. Eppure, la chiesa è di origini cattoliche, bianca con decorazioni e maioliche in verde e azzurro nei contorni. Decidiamo di entrare, spinti dalla curiosità e ciò che ci avvolge all’interno è una delle atmosfere più incredibili mai vissute. Un tappeto di foglie d’erba sul pavimento; piccoli gruppi di preghiera seduti e concentrati davanti a file immense di candele. Se sono bianche, significa che il male da estirpare è minimo; se sono colorate, allora vuol dire che si tratta di qualcosa di molto grave.
Il silenzio incombe, interrotto a tratti dal vocio di coloro che pregano insistentemente. Accanto a questi, bibite di ogni tipo e galline che usano per passarle sulle parti malate e fare in modo che esse assorbano il male. Sul fondo i santi della chiesa ricoperti da laccetti colorati. Un’aria ultraterrena e fuori dal tempo invade questo luogo così magico che resterà certamente impresso tra i ricordi più preziosi di questo viaggio. Ci aggiriamo, poi, per il paesino e veniamo accolti in casa di una famiglia che ci offre mezcal, bevanda alcolica estratta dall’agave, e pulque, altro estratto alcolico della stessa pianta. Guardiamo i meravigliosi tessuti che fabbricano in casa, come tele decorative o meravigliose bluse. Consiglio tantissimo di passeggiare per le stradine del paese e fermarsi a chiacchierare con le persone di questo luogo che pare quasi dimenticato da Dio.
A pochi chilometri da San Cristóbal c’è anche una riserva naturale mozzafiato che vale la pena visitare, ovvero il Canyon de Sumidero. Questo Canyon accessibile solo in barca ospita una fauna e una flora ricchissime di questa zona del Messico, come le scimmie-ragno, alcuni tipi di coccodrilli e pesci d’acqua dolce. L’unico aspetto negativo è il continuo riversarsi di rifiuti nel canale, che rende il paesaggio in alcuni tratti davvero sporco, ma ne vale comunque la pena, nonostante un velo di rabbia, inevitabile.
Chiapas ci ha regalato, senza alcun dubbio, la parte più vicina alla gente e, per quello, la parte più vera. Non dimenticheremo mai le atmosfere fuori dal tempo, le persone conosciute, gli orizzonti di nuove culture mai neanche considerate prima di allora, e che invece sono lì, nonostante gridino sottovoce tutta la loro volontà di esistere.
3ºtappa: Oaxaca
Purtroppo, in questa regione ci fermiamo solo poco più di due giorni, visitando, appunto Oaxaca, la capitale. Una cittadina in pietra, coloniale, ricca di chiese spagnole. Mescalerie ad ogni angolo e luoghi unici nei dintorni, come Hierve el Agua. Questa sorta di parco naturale circondato da cactus e piante di ogni tipo, custodisce delle cascate pietrificate dal tempo e grazie all’azione di alcuni minerali. Durante gli anni, questi ultimi hanno “fermato” lo scorrere delle acque creando quasi delle vere e proprie opere d’arte in natura: cascate e laghi pietrificati, acque termali dove bagnarsi e una vallata verde che circonda il tutto. Insomma, un posto perfetto per rilassarsi e godere della natura. Purtroppo, di Oaxaca, abbiamo avuto soltanto un piccolo assaggio, ma consiglio di non perdersi Puerto Escondido, la parte dell’oceano Pacifico che non siamo riusciti a visitare, ma che riserveremo, senz’altro, ad un possibilie ritorno.
4º e ultima tappa: Città del Messico
Per terminare il nostro viaggio, decidiamo di prendere un autobus da Oaxaca e dirigerci verso la capitale della Repubblica: Mexico DF o meglio conosciuta come Città del Messico. Una metropoli di ben ventuno milioni abitanti e con più di cento musei, questa città offre davvero un ventaglio colorato di attrazioni culturali di alto livello. Dallo Zocalo, la Piazza principale, Plaza de la Costitución, si può godere di una meravigliosa passeggiata tra la cattedrale, le rovine sotterranee della città vecchia, il Palacio Nacional con alcuni dei murales più sorprendenti di Diego Rivera o il Palazzo delle Belle Arti, dove ci sono continue esposizioni temporanee su pittori e artisti tra i più conosciuti al mondo.
Per le stradine del centro, incontrerete le famose “taquerías” dove poter provare i tacos più buoni del paese e riempirli con i più svariati tipi di carne e verdure o salse che sono una vera leccornia. Da non perdere, è il quartiere di Coyoacan, vecchio “barrio bohemio” che ospitava in passato ingenti figure del mondo artistico e culturale messicano e non, come Diego Rivera, Frida Kahlo, Tina Modotti ecc… Questa zona sembra davvero una piccola cittadina coloniale a sé stante, con la propia piazza, bar, centri culturali e case colorate. Una di queste, La casa Azul di Frida Kahlo, una tappa imperdibile per gli amanti di questa pittrice, ma anche per chi ha voglia di conoscere più a fondo la sua vita e le sue opere. Il blu intenso delle pareti, le piante del pato, i colori accesi dal giallo al verde delle sale interne; gli oggetti e gli utensili in stile maya e azteca rimandano all’amore che l’artista aveva per le tradizioni della sua terra. La camera dove dormiva, con lo specchio fisso sul letto per poter dipingere se stessa, e le sue ceneri in un vaso, sono una zona molto emocionante, dove viene ricreato a pieno l’ambiente fervido in cui Frida si muoveva e dava alla luce le sue opere, con ancora la sua sedia a rotelle, le tele, la pittura e il cavalletto.
Ultima tappa del viaggio, è stata una zona non molto conosciuta della città, e frequentata essenzialmente da gente del posto. Xochimilco è un canale che percorre la zona sud di Città del Messico. In quest’area puoi affittare un’imbarcazione colorata tipica dove puoi letteralmente “navigare” nel canale, comprare prodotti tipici da mangiare e ascoltare la tua propria musica: insomma, un modo per sfuggire al caos della città ed immergersi in un luogo per rilassarsi o svagarsi a pieno, secondo le necessità.
Con quest’ultimo pit-stop, il nostro viaggio in Messico finisce senza alcuna voglia. È strano lasciare un luogo con il desiderio di volerci ritornare il prima possibile, perchè sai che tutto quel che ti ha dato quel posto non basta a colmare l’insaziabile curiosità che ti ha ispirato. E tutto quello che ho provato a raccontarvi è solo un piccolissimo assaggio di ciò che abbiamo realmente vissuto.
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