Dovremmo inparare ad ascoltare meglio i Passi delle persone. Ecco la terza menzione d'onore del nostro concorso letterario Trenta Racconti Italiani.
I suoi capelli risplendono, illuminati dalle prime luci dell’alba; sparpagliati sul cuscino, tracciano le linee di uno scarabocchio.
Mi verrebbe da raccoglierli e sistemarli intorno alla sua testa, ma non voglio rischiare di svegliarla.
Mi dà le spalle. La schiena bianca, il respiro è regolare.
Senza fare rumore, mi alzo, raccolgo i jeans dal pavimento, la camicia stropicciata e le scarpe. Guardo la ragazza sdraiata tra le lenzuola morbide per l’ultima volta. Sono sicuro che non mi cercherà al risveglio e tra qualche settimana non ricorderà neppure il mio nome.
Esco dalla stanza, in silenzio mi rivesto e vado via da quell’appartamento.
Fuori fa freddo, penso che l’inverno arriverà prima del previsto. Il cielo è nuvoloso, potrebbe piovere.
Cosa farò adesso? Ho bisogno di un caffè.
Non me ne accorgo subito, ma qualcuno mi sta seguendo, ne percepisco la presenza, i passi silenziosi. Mi volto e non vedo nessuno.
Ripenso alla ragazza. Si chiama Sara. Vuota, insignificante. Tutta sorrisi. Nient’altro che sorrisi e apparenza.
Sono sicuro che qualcuno mi stia seguendo. Continuo a voltarmi senza tuttavia riuscire a scorgere alcun movimento. Forse si nasconde. Non voglio fermarmi per verificare se i miei sospetti sono fondati, perciò continuo a camminare.
So che c’è un bar poco più avanti. Entrerò per bere un caffè, impiegherò più tempo del solito e chiunque mi stia seguendo, di certo, tornerà sui suoi passi. Non ho nulla con me, eccetto pochi spiccioli e le chiavi di casa.
Arrivo al bar e ordino il caffè. Ho un leggero mal di testa e continuo a pensare a Sara e ai suoi capelli sul cuscino. Sorseggiando il liquido nero nella tazzina, scambio qualche parola col barista. Nessun altro avventore oltre me.
Saluto il tizio al bancone dopo qualche minuto ed esco dal bar. Mi incammino verso casa.
Lo sento ancora. Qualcuno mi sta seguendo. Allungo il passo. Ormai sono quasi arrivato. Come fa il mio inseguitore a nascondersi ogni volta che mi giro? Non può essere così veloce. Qualcosa non va. Non è possibile.
Arrivo al mio appartamento. Chiudo velocemente la porta dietro di me e sospiro. Guardo fuori dalla finestra di soppiatto ma non riesco a scorgere nessuno.
Mi tolgo le scarpe ed entro in bagno. Ho bisogno di una doccia e di altro caffè.
Sara. Penso alla sua voce, la sua risata. È una bella ragazza, potrei richiamarla se volessi. Sono sicuro che accetterebbe di stare ancora con me.
Preparo il caffè e mi chiedo il motivo di questa sensazione opprimente. C’è qualcuno in casa. Un odore che non riconosco invade il mio olfatto.
Passi. Veloci, furtivi.
«Chi c’è?» chiedo senza ottenere risposta.
Controllo ovunque, ma non vi è traccia di intrusi. Non so cosa mi stia succedendo. Ho paura. Continuo ad avere freddo, a tal punto da tremare.
Qualcuno mi ha sfiorato. L’ho sentito, come una leggera carezza al braccio.
Sono stanco adesso. C’è qualcuno con me, anche se non riesco a vederlo. Ne sono certo.
E Sara torna per insinuarsi tra i miei pensieri.
Decido di mettermi a letto. Passerà questa strana sensazione. Forse sto immaginando tutto.
Chiudo gli occhi e la vedo. Sara…
«Perché non sei rimasto?» mi chiede.
Non so cosa rispondere.
«Potevi restare» continua lei.
«Mi spiace. Perché avrei dovuto? Non pensavo ci tenessi così tanto. Nemmeno mi conosci».
«Dovevi restare, poggiare una mano sul mio cuore».
«Cosa? E perché mai?».
«Volevo che tu sapessi… che non batte più».
Parole di
Olga Gnecchi
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Lo stupro più grande della storia di Francesco Amoruso.