Lettera mai scritta, lettera al mai visto.

Conto i passi dal mattino alla sera ed il numero è sempre pari. Quando ti chiedi a cosa sto pensando, probabilmente io sto già notando un’altra simmetria, un’altra incredibile uguaglianza di altezze e di volumi, che quella mensola è esattamente sotto il culo di quei due, il lupo e l’agnello, disegnati seduti su una panchina. Che la mia mano, appoggiata chiusa vicino alla tua, aperta e stesa, è esattamente la sua metà. Il palmo.

Vorrei dirti che sento il rumore del caffè che sta uscendo, di là, in cucina ed anche l’odore della sigaretta che non ho ancora acceso, ma che ho già in bocca, sì, più o meno da quando è cominciato tutto questo. Silenzio. Assordante.

Stai continuando a scrivere e chissà per chi scrivi. Io per te e forse il tempo delle ciliegie lo passerò sotto l’albero, un giorno e così l’avrò vinta su tutti i merli che ci hanno lasciato sempre e solo i noccioli e poi sto ancora aspettando che ti volti.

Ti ho sistemato le cose in una piccola scatola. Piccola perché non erano molte, le cose. Però, proprio perché poche, le ho credute importanti e lo ho nascoste. In soffitta.

C’era una fotografia, quella me la sono presa. Solo quella e sto ancora aspettando che ti volti.

Pensa che quella volta ho davvero creduto di aver davanti la tua faccia e mi è mancato il respiro. Tutto era fermo. Ma certo che hai fatto bene, a lasciarmi prima delle bugie intendo, prima di essere costretto alla menzogna della vita e dell’amore. – Le abbiamo sempre chiamate “bianche?” – A lasciarmi quando ero ancora pura, a lasciarmi un dono, questo ricordo pulito ed allo stesso momento lacunoso, inconsistente, vuoto. La grande vuotezza, nei migliori cinema.

Tu mi hai lasciato il desiderio dell’infanzia. Tu, simbolo, hai tutto questo nella morte. Ti stringo.

Le “Pillole di letteratura” sono racconti brevi inediti pubblicati su il cARTEllo: leggi la Pillola di Letteratura N. 1