Il capolavoro di Vladimir Nabokov, Lolita, non è il romanzo scandaloso per cui è stato spacciato, ma un’opera d’arte che ha molto da raccontare.

“La mia Lolita aveva un modo impareggiabile di alzare il ginocchio sinistro flesso nell’ampio, scattante inizio del ciclo del servizio, allorché veniva a crearsi, e restava un istante sospeso nel sole, un vitale ordito d’equilibrio tra il piede sulla punta, l’ascella ancora imberbe, il braccio brunito e la racchetta gettata all’indietro, mentre lei sorrideva con denti scintillanti al piccolo globo sospeso così in alto, allo zenith del cosmo possente e armonioso da lei appositamente creato per piombargli addosso con il netto schiocco sonoro della sua frusta dorata”. Lolita, pp. 289-290

 

Sebbene sia stato spacciato a più riprese per un romanzo scandaloso e per un’apologia dell’amore per le ninfette (categoria di giovanissima donna che va dai 9 ai 14 anni, come l’autore spiega), il romanzo ‘Lolita‘ di Vladimir Nabokov serba molte più sorprese a chi abbia dimestichezza con i termini parodia, satira e poesia.

Il romanzo ha come prefazione lo scritto di un confidente legale dell’autore, il quale dà una lettura del romanzo evidentemente di parte e travisata. La presa in giro della figura del critico verrà sviscerata a più riprese da Nabokov, soprattutto nei libri La vera vita di Sebastian Knight e Fuoco pallido, dove il critico letterario (che spesso si ritrova ad essere l’Io narrante) spiega la storia da par suo, secondo il proprio personalissimo punto di vista filisteo, grossolano, borghese e in larga parte fazioso, risultando così una grottesca parodia di sé stesso.

 

Vladimir Nabokov 1

 

L’ambigua relazione tra il ‘terribile’ Humbert Humbert e la povera Lolita viene descritto a sua volta dal punto di vista dello squallido, perverso Humbert Humbert; e risulta quindi essere un racconto fazioso, dove la verità trapela a tratti, per poi sciorinarsi in visioni, memorie e riferimenti del narratore a tutto quello che lo ha influenzato (dalla letteratura ottocentesca, a certa psicologia  freudiana, a certa lirica, alle memorie familiari, a un complesso microcosmo di arte con la A maiuscola e spazzatura pressapochista di cui è infarcito il mondo, in particolar modo quello capitalista americano degli anni ’40 e ’50).

Il libro così si rivela come una complessa stanza degli specchi, dove le variopinte immagini poetiche con cui si dipinge la ‘ninfetta’, si alternano a scene comiche in cui si satireggia la società contemporanea (dal matrimonio borghese, ai motel americani, all’istruzione scolastica, alle riviste di costume, agli pseudo-artisti).

La spassosissima scena, nella prima parte, dove la grassa moglie Valeria tradisce Humbert con un tassista ex-colonnello zarista e la descrizione della separazione ‘gentile’ fra i tre rimane un fiore all’occhiello della comicità che pervade l’intero libro.

La parodia dell’artista come narcisista, egotista, millantatore, che si crede artista ma forse proprio non lo è, si ritrova evidente anche nella poesia che Humbert ricava dalla lista degli alunni della classe di Lolita, e che recita con stile declamante, credendo possa essere di interesse al lettore. Le parodie sono numerosissime e ci vorrebbe un lungo e articolato studio per elencarle tutte, perché si corre davvero il rischio di trovarne sempre di nuove e dalla difficile interpretazione.

Ma ciò che più fa brillare la polvere di stelle del libro (‘and the rest is rust and stardust‘) è la fitta serie di riferimenti che l’autore, tra una parodia e l’altra, inserisce qua e là a scolpire la figura di Lolita come emblema tragico e al contempo lirico e visivo nell’immaginario contemporaneo (merito anche dell’omonimo film di Kubrick, di cui per altro lo stesso Nabokov ha scritto la sceneggiatura). Si notino i molteplici riferimenti a elementi pittorici botticelliani e  rinascimentali: l’intrecciarsi delle mani o i piedini della vergine, i riferimenti sparsi alla letteratura russa (si va dalle poesie di Puskin a rielaborazioni di intere descrizioni di Tolstoj); si apprezzino infine le ricostruzioni di elementi e ambienti americani, tramite un peculiare impressionismo simbolista o una fulgida finitura emozionale delle parole, tipica della poesia di Poe.

 

“C’era qualcosa di strano in quei suoi grandi occhi grigi, mi domandai, o eravamo entrambi immersi nella stessa nebbia incantata? Nello spazio che andava dilatandosi lei si avvicinò con la lentezza di chi cammini sott’acqua o fugga in sogno […]” Lolita, p. 154

 

Insomma, c’è davvero tanto rispetto alla sterile storia di pedofilia a cui si è da sempre ammiccato e a cui di solito ci si riferisce parlando di Lolita.

Bisogna tener conto, d’altronde, che Nabokov non è di certo autore scandalistico; infatti chi dovesse cercare scene di sesso verrebbe puntualmente deluso (anzi, nel libro di interviste Intransigenze, più volte l’autore dichiara di non essere minimamente interessato alle ragazzine, ma di essersi molto ispirato ad un altro autore che di ragazzine se ne intendeva davvero, almeno in campo letterario, come Lewis Carrol; il cui libro Alice nel Paese Meraviglie fu originariamente tradotto in russo dallo stesso Nabokov).

Per giunta, se si studia la biografia e la bibliografia dell’autore, c’è da considerare come egli sia un fine studioso di letteratura, nonché di entomologia; un filologo, i cui studi su Tolstoj, su Gogol’, sulla letteratura inglese e russa (per non parlare dell’enciclopedica opera d’analisi del poema Eugenio Onegin di Aleksandr Puskin) rifulgono come capolavori di indubbio valore e di certo meno esplorati del best-seller con protagonista l’ammaliante ninfetta.

Ecco perché Lolita dovrebbe essere trattata in primis come una parodia della stessa letteratura e delle belle chimere che ci racconta, o che meglio ci  raccontiamo; una parodia di molteplici generi letterari e di stili, e soprattutto come finissima celebrazione del gioco di prestigio per eccellenza, dell’arte, delle illusioni dell’amore e della scrittura, e di quella pervadente nostalgia (presente in tutti i romanzi nabokoviani) che è il tema principale che c’accompagna; quell’inestinguibile vuoto che, dalla notte dei tempi, l’umanità cerca di colmare.

E lo fa tramite quelle belle favelle, o sfolgoranti bazzecole… tramite quei sogni artificiali a cui diamo il nome d’Arte; proprio come Humbert Humbert cerca di colmare il suo vuoto attraverso l’immagine santificata della dolce Lolita.

*****

Se ti è piaciuto questo articolo leggi anche: Pastorale americana – un sogno infranto.