Ecco perchè 13 Reasons Why è la serie rivelazione del 2017.
Dopo il successo di Stranger things, ancora una volta Netflix propone una serie under 18, ovvero 13 (13 reasons why), basata sul romanzo omonimo di Jay Asher che, nonostante sia completamente diversa dal racconto anni Ottanta dei ragazzini che scoprono un universo parallelo, proclama l’anno dei giovani talenti.
13, prodotta da Selena Gomez, è la serie rivelazione del 2017 che costruisce la sua trama intorno alla vita di tredici adolescenti dopo il suicidio di Hannah Baker, loro compagna di scuola.
L’argomento disturbante e drammatico di questa serie non viene trattato come una semplice storia dai toni tragici che finisce poi nel dimenticatoio, ma, al contrario, viene tessuto adagio su un intrigante sentiero di ragioni che hanno spinto la ragazza al suicidio. Queste risposte, poco a poco, disegnano il ritratto sconcertante di un fallimento collettivo, una caduta in cui tutti i personaggi si vedono coinvolti e che fa sprofondare Hannah nell’abisso della solitudine e, dunque, del folle gesto.
Lo spettatore viene coinvolto principalmente grazie alla struttura della serie. Tredici capitoli girati da tredici registi differenti che corrispondono a tredici lati di cassette e a tredici persone. La scelta del numero tredici, tra l’altro, non è casuale ma evidenzia un lato oscuro, date le accezioni negative attribuite spesso a questa cifra.
C’è da aggiungere che Hannah è la narratrice della storia e, nell’ascoltare la voce di questa ragazza ormai deceduta, si entra nell’inquietudine dell’incertezza: sarà vero ciò che ci viene raccontato? Il tutto accentuato dai salti temporali che Clay, il coprotagonista, colui che ascolta le cassette lasciate da Hannah nel momento in cui noi guardiamo gli episodi, vive attraverso i ricordi del passato in cui Hannah era viva. Memorie dal passato segnate dal filtro caldo e giallino che si alternano ad un presente azzurrino e freddo, con un montaggio di scene spesso per dissolvenza, che denotano una certa continuità tra quel “sognante” passato e il pungente futuro. È vero ciò che stiamo guardando? I registi giocano con questa strategia di aspetti lasciati in sospeso e che fanno presagire l’uscita di una tanto attesa seconda stagione, che per altro è già stata annunciata. Ma sono lì anche e soprattutto per ricordarci che il tema trattato è ispido, fastidioso, evitato dalla società e per quello ricco di dubbi e questioni irrisolte.
È importante considerare due aspetti fondamentali nel guardare questa serie: il primo è che è principalmente rivolta ad un pubblico adolescente e il secondo è che non è del tutto vero.
13 Reasons Why infatti si propone di ricreare il mondo dei teenager in una cittadina degli Stati Uniti tipica, anche se mai nominata. I ragazzi vanno a scuola, hanno gli armadietti in cui ripongono le loro cose prima di andare a lezione, parlano con un linguaggio condito da slang prettamente giovanile, vengono fermati nei corridoi dal direttore della scuola o dal bulletto di turno, prendono delle cotte e fanno delle bravate. Il tutto condito dalla realtà contemporanea delle nuove tecnologie e i nuovi mezzi di comunicazione che modellano le relazioni, i giochi di gruppo, la vita sociale. Hannah sceglie delle vecchie e obsolete audiocassette per parlare, proprio perchè tutti saranno obbligati semplicemente ad ascoltare, senza poter replicare nè rispondere, come avviene al giorno d’oggi con le reti sociali, ma saranno costretti solo a pensare.
Un adulto potrebbe sentirsi scomodo nell’osservare la vita di questi adolescenti complicarsi per delle ragioni che potrebbero essere considerate “infantili”, ridicole o di poca importanza. Ma è proprio questo l’obiettivo della serie: ricordarci quello che siamo stati, quali erano i problemi che dovevamo affrontare giorno dopo giorno quando eravamo degli adolescenti, cosa ci faceva sentire bene e cosa ci logorava. 13 Reasons Why parla di tutto questo e ci immette senza filtri nel mondo spesso così nascosto e insidioso di ragazzi bulli e di quelli bullizzati, delle delusioni scolastiche, della facilità con cui si arriva ad ottenere un’arma nel caso specifico degli Stati Uniti, su come gli adulti ascoltano dei segnali ma non li sentono, su come sia difficile entrare ed addentrarsi nel momento più delicato della nostra vita, quello appunto dell’adolescenza.
Questa serie è un’enorme critica nei confronti delle istituzioni scolastiche, dei rapporti all’interno delle famiglie e delle amicizie, delle relazioni tra alunni e professori. È il simbolo di una società moderna in fallimento, ma è anche uno specchio nel quale è necessario guardarsi per creare possibili spunti di riflessione.
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