A 50 anni dall'accaduto Firenze ricorda l'alluvione di Firenze con una bellissima iniziativa al Teatro della Compagnia.

Via Cavour. Fondazione Sistema Toscana. Teatro della Compagnia. Qui – in quella che è la nuova casa del cinema fiorentino – sono stati proiettati pochi giorni fa due documentari importanti, necessari, certamente diversi, seppur con uno stesso comune denominatore. La data del 4 novembre non è casuale. A distanza di cinquant’anni dalla grande tragedia dell’alluvione di Firenze, le immagini di Mario Carbone e Gianmarco D’Agostino vanno infatti a scavare nel fango della memoria, riportando alla luce quei giorni tremendi, in un riuscitissimo caleidoscopio di testimonianze, dolore, speranza. Quasi un atto di presenza dovuto, che assume lo stesso valore di dividere un piatto di pasta con chi ha perso tutto. Perché bisogna ricordarsi sempre di non dimenticare mai. Perché siamo presente e futuro ma anche somma del nostro passato.

 

Mario Carbone, esponente di un documentarismo neorealista che da sempre ha privilegiato le questioni sociali, fatica a trattenere l’emozione. “Ero a Roma quando seppi dell’alluvione”, ci dice l’autore di Firenze, Novembre ‘66. “Non ci pensai un secondo. Partii in macchina con un aiuto operatore e fui fra i primi a filmare l’orrore in cui era caduta la città. Non avevo niente. Dovetti fornirmi sul posto di un paio di stivali, ma l’esigenza di riportare l’accaduto era fortissima”.

 

Alluvione di Firenze 1

 

Un’esigenza bruciante, dunque, che dopo mezzo secolo si è impossessata del promettente Gianmarco D’Agostino, regista di Camminando sull’acqua. “A differenza di Mario, che ha girato il suo documentario in tre giorni densi di energia, cercando di rappresentare quello che incontrava, la mia è un’indagine più intima, che parte dalla conoscenza di Paolo Fantacci. Suo padre Beppe, presente a Firenze durante il disastro, aveva del prezioso materiale inedito di cui mi sono immediatamente innamorato. Ho sentito che la sua storia era anche la mia, oltre a quella della nostra città. Doveva essere raccontata”.

 

 

Ecco dunque che sullo schermo scorre Firenze, Novembre ’66. Immagini in bianco e nero. Frammenti di video crudi, violenti, accompagnati dai testi contundenti di Vasco Pratolini. Firenze, ferita dall’esondazione dell’Arno, ci appare come una Luna lontana anni luce dal resto dell’Italia. Un reportage, quello di Carbone, che è un vero pugno nello stomaco. Arte, voci, vite, corpi, detriti, carcasse: tutto lo sfacelo di quei giorni è trascinato forsennatamente dalle acque del fiume, dai quartieri del centro storico fino alle campagne. Uno spaccato difficile da commentare, impossibile da descrivere se non con l’indelicatezza meccanica della cinepresa. La Biblioteca Nazionale, gli Uffizi, Canto alla Briga, Gavinana, i contadini in cerca di salvezza sui tetti di Signa: tutto è sommerso dal fango, dall’odore della nafta, dalla morte. Sono particolari quotidiani che ci mettono in empatia con una dimensione remota e che ci mostrano la via indicata da chi ci ha preceduto. La reazione. Gli Angeli del fango. La voglia di ricominciare della gente.

 

Alluvione di Firenze 2

 

 

Un vero e proprio risorgimento fiorentino che, in Camminando sull’acqua, sprigiona tutta la sua potenza. In quest’opera, mix riuscito di contemporaneità e immagini del tempo, D’Agostino ci fa scoprire il personaggio di Beppe Fantacci. Padre. Imprenditore. Ma soprattutto fiorentino. Un uomo che, macchina da presa in spalla, catturò l’alluvione e la portò fino in America, per testimoniare oltreoceano la nuova guerra che Firenze si trovava a combattere. Proprio così. Mentre il sindaco Bargellini, stoicamente al suo posto, fa l’impossibile per non far sprofondare Firenze, Fantacci insieme allo stilista Emilio Pucci e al buyer Enzo Tayer parte per New York, onde mostrare lo scioccante film dell’alluvione ai più grandi departement stores americani. Servono finanziamenti per la ripresa dell’economia. Per non lasciare da soli gli artigiani messi in ginocchio. La solidarietà è immediata. Nasce il Fondo ALFA. Una sorta di secondo Piano Marshall che permette a più di trecento imprese di risollevarsi dal fango.

 

Ora il rumore degli alberi che sbattono contro Ponte Vecchio trascinati dalla furia dell’Arno fa meno paura. Gli esercenti tornano a sperare, a ribellarsi di quell’offesa quasi personale. Spirito d’unione, civiltà, coraggio, entusiasmo: è questa la ricetta per tornare in piedi più forti di prima. Le parole dei figli nel documentario diventano così un filo diretto con le gesta dei padri. Cafissi. Il Calzaturificio Masotti. SAPAF. Bijoux Cascio. La farmacia Antica Münstermann. Sono fra i tanti artigiani fiorentini che in quelle mattine trovarono sopra le proprie attività una moquette di fango e che oggi vivono ancora di nuovo splendore. Perché il momento più buio è sempre quello prima dell’alba e questo Firenze lo ha imparato sulla propria pelle. Grandi applausi alla fine, di tutta la sala, occupata fino all’ultimo posto disponibile: sono in molti, infatti, coloro che non sono riusciti ad accaparrarsi una delle poltroncine del Teatro. Un piccolo disagio che è allo stesso tempo un ottimo segnale per il nostro cinema.

 

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