Reese Witherspoon, Nicole Kidman e Shailene Woodley sono mamme, mogli, amiche in Big Little Lies, serie TV targata HBO dove nulla è come sembra.

Parliamoci chiaro: una messa in scena elegante, compiaciuta e raffinata diventa solo un esercizio di stile, per il regista, se questa non viene applicata ad una scrittura in grado di smuovere gli animi di chi guarda, oltre di chi dirige. Perché, il segreto di un buon prodotto, e nel caso specifico raccontiamo di un eccellente prodotto, è proprio quella magica alchimia che si crea tra la storia, le immagini, le sensazioni. Facciamo un passo indietro ma teniamo con noi i segreti, veri e onniscienti protagonisti di una delle migliori serie comparse sul piccolo schermo in questa Golden Age della TV. Ormai chiaro che le amate series hanno, in un certo senso, un fascino diverso rispetto al cinema, questo Big Little Lies (con il sottotitolo italico Piccole, grandi bugie), va a posizionarsi di diritto in quegli audiovisivi che fanno scuola. Prodotta dalla sempre grande HBO (e fin ora possiamo affermare che Big Little Lies è seconda solamente a True Detective o I Soprano), trasmessa in Italia, il mercoledì, da Sky Atlantic (e chi sennò?), suddivisa in sette episodi antologici e basata sul romanzo omonimo di Liane Moriarty, è stata ideata da David E. Kelley, che ha affidato la regia degli episodi ad uno dei nomi più caldi di Hollywood: il canadese Jean-Marc Vallée. Nato montatore – e il montaggio è uno dei cardini della serie – ma poi regista di film come Café de Flore, Dallas Buyers Club, Wild e il recente Demolition, Vallée sfrutta tutta la sua capacita visiva per far si che la sceneggiatura della serie diventi qualcosa di irresistibile.

 

Big Little Lies 1

Big Little Lies  è una serie ideata da David E. Kelley

 

Oltre i segreti, che legano gli eventi, le protagoniste dello show sono tre donne: mamme, amiche, compagne, mogli. Ognuna di loro radicalmente diversa dall’altra, ognuna con una storia alle spalle e un futuro davanti gli occhi, sfuggevole e mutevole come il mare che bagna Monterey, teatro, cornice, altra fondamentale protagonista nel susseguirsi della storyline. La piccola comunità californiana, infatti, con i suoi suv parcheggiati nel vialetto, le case dalle facciate bianche, i conti in banca esagerati e i sorrisi finti, è scossa da un misterioso omicidio, avvenuto durante l’annuale raccolta fondi della scuola più in voga della città. Capiamo del fattaccio all’inizio, grazie ad un flashforward che anticipa, appunto, l’elemento scatenante. Non sappiamo però chi sia la vittima, né tantomeno chi sia il colpevole (gli appassionati di Agatha Christie avranno pane per i loro denti). Lo scopriremo (forse?) con il passare delle puntate, anche se una cosa è chiara fin da subito: le tre protagoniste, Madeline, Celeste e Jane, con i loro misteri e le loro complesse (e bugiarde) famiglie, hanno non pochi attriti con quasi tutto il resto della piccola cittadina. Che siano loro le vittime? Che siano loro le carnefici? È questa la domanda chiave che la serie sbatte in faccia allo spettatore, letteralmente rapito dalle dinamiche famigliari, sessuali, amicali di queste tre donne, interpretate con estremo fascino ed estrema bravura da un tris fortissimo: Reese Witherspoon – che ritrova Vallée dopo Wild –, Nicole Kidman e Shailene Woodley.

 

Big Little Lies 2

Le protagoniste di Big Little Lies sono tre donne: mamme, amiche, compagne, mogli

 

Senza anticiparvi altro sulla favolosa trama che va dal thriller più riuscito al dramma più intenso, Big Littles Lies è, dunque, un ulteriore esempio di come le serie TV e il cinema siano divise da un confine azzerato. I canoni televisivi sono ormai strutturati e pensati per un pubblico sempre più esigente, che cerca qualità in ciò che guarda ed empatia nei personaggi destinati ad accompagnarlo per diverse settimane (e in alcuni casi solo per diverse ore!). Qui ogni cosa è al proprio posto, dalla location – da Californication a Modern Family, fino a Transparent e BoJack Horseman, questa è l’ennesima dimostrazione che la California, nonostante sia la culla del cinema americano, si presti in modo perfetto alle sfumature della serialità – agli attori, dalla soundtrack da brividi (new soul, folk, gospel, con brani di Leon Bridges, Sufjan Stevens, Charles Bradley) alla fotografia, sino al raccordo che c’è tra narrazione e narratore, entrambi allineati nel volere tratteggiare un’opera che, sotto le tante spoglie, tratti in modo delicatissimo ciò che si può leggere dietro (o attraverso) la parola più importante del mondo: mamma. E che nessuno provi mai a giudicarla.

 

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