Black Mirror 3 ci costringe a fare i conti con la nostra realtà. Un vero e proprio pugno nello stomaco.

Episodio 1, Nosedive : un incubo vestito di rosa

Premetto che terminato questo capitolo ho avuto una certa riluttanza nei confronti del mio cellulare e del mio computer. Purtroppo, però, è durata soltanto una giornata. Ed è proprio questa la morale terribile e preoccupante della storia che vi sto per raccontare.

Immaginate dei colori pastello, sorrisi alla Barbie, case e automobili rosa, giardini verdi e curati nei minimi particolari, vicini che si scambiano continue parole di stima reciproca.

No, non è un mondo perfetto ma  l’atmosfera contraffatta di una cittadina immaginaria dove ogni cosa, dal gusto di un gelato in un bar al modo in cui una persona rivolge la parola ad un’altra, viene valutato su una rete sociale. Cinque stelle e fai parte dell’élite, non hai nulla da temere, tutto ti è permesso. Ma se per caso le recensioni che ricevi non raggiungono i quattro punti, allora la tua vita sociale e professionale è seriamente messa in discussione.

 

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Questo è il quadro dolce e drammatico con cui si apre Nosedive (Caduta libera), 1º episodio della 3º stagione di Black Mirror trasmessa e prodotta per la prima volta da Netflix con sei puntate che fanno parte di un processo inquietante e riflessivo sulla condizione umana presente e futura. Lacie, la protagonista di questo episodio, cerca in ogni modo di raggiungere un punteggio superiore al suo 4.2 attraverso le “stelle” che si sforza di ottenere quotidianamente postando foto sulla sua vita e le sue finte abitudini, ossessionata dal mondo geometrico e conformista nel quale si muove a piccoli passi, cercando di non fuoriscire dal percorso in salita verso il rango sociale elitario che desidera conquistare. Ciò la porterà ad intraprendere un viaggio insensato e delirante, alla scoperta di un lato della sua vita che probabilmente da molto tempo aveva tenuto nascosto a se stessa.

 

Soffocante ed intelligente, questo episodio mette ogni spettatore con le spalle al muro sbattendogli in faccia la triste realtà: la nostra vita è autentica o cerchiamo sempre più di somigliare ad una rete sociale? L’idea degli autori dell’episodio di creare appositamente un’applicazione che raggruppasse caratteristiche di Facebook e le fondesse con le dinamiche di Instagram costruisce un’atmosfera opprimente e sempre soggetta a valutazioni e recensioni, che rappresenta la chiave dell’intera storia. Ma il bello è che ci mette davanti ad una situazione pericolosamente attuale. Il concetto, infatti, è inquietante: non riusciamo più a distinguere la realtà da un social network: inutile negare la forte  convinzione che i like raggiunti per una foto postata o un pensiero scritto possano determinare per molti il proprio essere o la possibilità di piacere agli altri. Viviamo realmente le nostre esperienze o ci approcciamo ad esse solo per condividerle, in una folle sharemania? La risposta è un brutto sogno dalle tonalità pastello in cui sono rimasta intrappolata un giorno intero. Ci vuole coraggio ad accettare questa morale, oh sì.

 

Episodio 2, Playtest : la mente è un videogioco

Quando cominci a guardare Playtest, 2º episodio di di Black Mirror 3, non comprendi effettivamente quand’è che scatta l’immedesimazione con il protagonista e quand’è che cominci a temere realmente per lui. Il percorso che affronti è decisamente doloroso e coinvolgente, uno stato di perenne attesa per un qualcosa che non sai inizialmente cosa sia, ma che ti aspetti accada da un momento all’altro. La sensazione, infatti, è che questa puntata (molto più delle altre) sia divisa in due parti nette: la prima è una sorta di spaccato della vita di un giovane statunitense, Cooper, che decide di intraprendere un viaggio tra Asia ed Europa per staccarsi dalla pesante atmosfera che vive in casa con sua madre. Giunto all’ultima tappa del suo viaggio, l’Inghilterra, si rende conto di non avere più soldi a sufficienza per comprare il biglietto di ritorno. E così, decide di prendere al volo un’offerta di lavoro come playtester per un videogioco giapponese che utilizza una tecnologia differente. Qui comincia la seconda parte della storia, che non vi racconterò.

 

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Ciò che invece preferisco evidenziare, è che ad un certo punto dell’episodio, Cooper conosce una ragazza e le racconta del suo viaggio. Lei le chiede se sia partito per ritrovare se stesso. Questa è una delle domande chiave della puntata, alla quale il nostro protagonista non riesce in quel momento a dare una risposta precisa e che, invece, arriverà solo alla fine. Credo, infatti, che Cooper intraprenda nella seconda parte un altro tipo di viaggio che effettivamente lo metterà faccia a faccia con se stesso, con le sue paure più profonde e con il suo lato oscuro, quello invisibile e che difficilmente tira fuori. Rispetto al precedente episodio, che a livello di trama riconosco più vicino alla realtà contemporanea e, dunque, realmente attuale, credo che a livello psicologico, nonostante la storia sfiori a tratti il surreale, sia umanamente molto più vicino alla nostra fragile psicologia.

 

Anche quella narrata in questo episodio è una storia claustrofobica. Nonostante il viaggio e la scoperta di nuove emozioni, il protagonista si troverà sempre intrappolato in ambienti chiusi e soffocanti, tra i quali, il più pericoloso di tutti: la sua mente. Il parallellismo che ritroviamo nell’accostare una realtà virtuale, come quella di un videogioco, con una realtà introspettiva e illusoria come quella psicologica della mente, l’ho trovato geniale. Dopotutto si tratta in entrambi i casi di due proiezioni che mai come in questo episodio riflettono la nostra parte scura, proprio come un ‘black mirror’. Guardarla di giorno è un’opzione che non sottovaluterei.

 

Parole di

Serena Russo

 

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