Il film indie di Matt Ross indaga, con toni leggeri, strade alternative per un’educazione non conformata.

Un po’ Little Miss Sunshine, un po’ Harold e Maude. Con il primo condivide la natura profondamente indie e lo sviluppo on the road della narrazione; con il secondo il radicalismo e l’anticonformismo. Ma se Little Miss Sunshine si risolveva in una celebrazione della famiglia come nucleo fondativo e protettivo, e Harold e Maude riaffermava libertà e autodeterminazione come pilastri di una rivoluzione personale, il giovane regista Matt Ross – un passato di attore per il cinema e, soprattutto, per la televisione – mescola il radicalismo di una vita a margine del sistema capitalistico americano con l’educazione (libertaria) alla vita impartita dal principale nucleo sociale, la famiglia, per confezionare un prodotto che – pur dando talvolta l’impressione di un film a tesi – si fa apprezzare soprattutto per la leggerezza con cui affronta tematiche di sicura attualità.

 

Film tipicamente da Sundance – dove è stato presentato in anteprima – e con un cast prevalentemente di giovani e giovanissimi, Captain Fantastic si affida al talento e al carisma di Viggo Mortensen, in uno dei suoi ruoli migliori. Era da almeno cinque anni (era il 2011, ed era A Dangerous Method) che l’attore di origini danesi non offriva una performance tanto convincente. Per alcuni addirittura il ruolo della vita. Un Viggo Mortensen che ha sposato a trecentosessanta gradi il progetto di Matt Ross, rappresentando il vero quid pluris del film.

 

film indie 1

 

Educazione esistenziale

Come suggerito dallo stesso Mortensen, Captain Fantastic mette in scena una nuova idea di educazione alla vita, un training fisico e intellettuale impartito lontano dall’universo civilizzato, in un contesto selvaggio e primordiale dove riscoprire il vero senso della vita. Banalmente viene in mente il pensiero di un grande filosofo anarchico statunitense, Henry David Thoreau – dal cui pensiero pescò a piene mani Peter Weir per L’attimo fuggente -, Matt Ross cita invece apertamente un altro grande pensatore americano, quel Noam Chomsky al cui compleanno è riservata nel film la festa sostitutiva di quella consumista per eccellenza, il Natale.

 

Ben Cash, il capitano fantastico del titolo, cresce e educa i propri (sei) figli lontano dalla società capitalista dei consumi, nel selvaggio nord del Continente americano. Qui, tra una seduta di addestramento fisico e una lezione di combattimento, impartisce alla prole un’istruzione che si nutre dello scritto dei migliori pensatori della razza umana. Stimola nei suoi ragazzi la pratica del pensiero libero in contrapposizione al pensiero unico frutto del monopolio informativo (ecco che ritorna Noam Chomsky).

 

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L’equilibrio apparentemente perfetto di questo (radicale) sistema di vita sarà pericolosamente messo in discussione a seguito alla notizia della morte della moglie e complice di Ben, che costringerà la famiglia ad affrontare quel mondo ostinatamente rifuggito. Si apre così la fase on the road del film, che porterà i ragazzi ad affrontare una realtà sconosciuta ai loro occhi, e Ben a interrogarsi sulla bontà delle sue scelte, e sulla possibilità di edificare un’esistenza, un micro sistema sociale, che scorra e prosperi parallelo alla società di appartenenza.

Come ogni scelta radicale, anche questa ha il suo rovescio della medaglia, qui perfettamente sintetizzata dalle parole del primogenito Bodevan (interpretato da George MacKay, già visto in Pride), che suonano più o meno così: del mondo conosciamo solo ciò che è scritto sui libri.

 

Colori sgargianti – quasi fossimo nell’universo di Wes Anderson – e una colonna sonora azzeccata contribuiscono a rendere il film più che godibile e ci accompagnano fino a un epilogo solo apparentemente scontato. Oltre all’ottimo Viggo Mortensen, a funzionare è l’intero cast, dai giovanissimi ai veterani (Frank Langella su tutti).

Forse il film pecca qua e là di eccessivo accumulo, quasi a denunciare il timore di non riuscire a dire tutto; ma lo perdoniamo a Matt Ross, convinti che far riflettere con il sorriso sulle labbra è risultato che pochi film possono vantare.

 

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