Superstizioni, leggende, credenze popolari si intrecciano in un film dal finale enigmatico e indimenticabile.

Qualche giorno fa mi sono imbattuto, del tutto casualmente, nell’esordio cinematografico (come lungometraggio, avendo già alle spalle alcuni cortometraggi) di un giovane regista scozzese, Paul Wright. Il film è For those in peril (uscito in Italia in poche sale all’inizio del marzo scorso con il superficiale titolo Il superstite).

 

Nonostante non sia un capolavoro e presenti alcuni difetti di messa in scena e un cast in generale non eccelso (escluso il protagonista, bravo nel rendere naturale la complessità del personaggio), il film mi ha decisamente impressionato, lasciandomi, alla fine, come interdetto a riflettere su quello che avevo appena veduto.
 
È ambientato lungo le coste della Scozia (luogo dove è cresciuto il regista), in un paesino di pescatori. Aaron, il giovane superstite del film, è l’unico sopravvissuto di sei ragazzi (tra i quali anche suo fratello maggiore) usciti in mare aperto con un peschereccio e mai più ritornati. Il ragazzo, che vive solo con la madre, non ricorda niente di quanto successo e sarà costretto ad affrontare, oltre al dolore per la perdita dell’amato fratello, il sospetto e le malelingue degli abitanti del paese che lo ritengono, neanche troppo velatamente, responsabile della tragedia.
 

 

For those in peril - Paul Wright_1

 

Impossibile catalogare il film secondo qualche genere, tanto complessa e sfaccettata è l’ora e mezza che lo compone. Il superstite parte, infatti, come racconto intimistico di elaborazione del lutto, si trasforma quasi impercettibilmente in uno psicodramma per concludersi quindi in qualcosa di molto simile all’horror. La grande bravura del giovane regista e sceneggiatore sta proprio nell’essere riuscito a gestire il passaggio da un registro all’altro, fondendoli e confondendoli tra loro fino a renderli qualcosa di assolutamente unico e coerente avvalendosi della voce off e del flusso di coscienza del protagonista (in stile malickiano, anche per quanto riguarda i difetti; i toni ad esempio, a volte troppo enfatici). Attraverso le reminiscenze di Aaron, e ai suoi comportamenti sempre meno giustificati dalla sofferenza per la perdita del fratello e sempre più inquietanti, veniamo a scoprire la natura deviata della sua psiche, in una folle corsa verso l’enigmatico e drammatico finale.

 

Infine, una menzione va fatta, obbligatoriamente, ad un aspetto centralissimo dell’intera vicenda, ovvero le credenze popolari molto forti nei villaggi costieri scozzesi. Superstizioni, leggende, che la madre raccontava al piccolo Aaron e a suo fratello, in particolare quella che narra dell’esistenza di un enorme mostro marino, proprio quello a cui Aaron attribuisce la colpa della sparizione del fratello in mare. Superstizioni che ritornano nei tormentati monologhi interiori del ragazzo e che ritorneranno nel già citato enigmatico finale. Enigmatico e indimenticabile.