Lunedì scorso si è svolta la cerimonia di premiazione della 61° edizione dei David di Donatello, rivitalizzata dal restyling messo in atto dal team sky.

L’edizione che si è appena conclusa potrebbe forse rappresentare una svolta per l’equivalente italico del Premio Oscar, per molti anni relegato nel dimenticatoio dal soporifero trattamento Rai. Il merito di tutto questo è senz’altro del colosso televisivo di Murdoch – e del conduttore scelto, Alessandro Cattelan, conosciuto ai più per il programma musicale X Factor – che all’indomani della serata ha portato a casa applausi convinti e condivisi.

 

Ma affinché un premio possa (ri)acquisire prestigio è necessario – direi indispensabile – che la qualità dei candidati risulti piuttosto alta. Quest’anno non è andata tanto male neppure da quel punto di vista.
A contendersi il premio più ambito – quello al Miglior film – c’erano film di qualità ottima (Il racconto dei racconti, Non essere cattivo), buona (Perfetti sconosciuti, Fuocoammare), discreta (Youth – La giovinezza). Ha vinto Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese (che porta a casa anche la Sceneggiatura), e forse avrebbero meritato di più il fantasy di Matteo Garrone o l’ultimo film di Claudio Caligari; in ogni caso, ovunque si assegnano premi cinematografici c’è un film che avrebbe meritato più di un altro, perciò va bene così.

 

Tuttavia, se Non essere cattivo resta completamente a bocca asciutta, Matteo Garrone può consolarsi con il Premio alla regia e alcuni premi tecnici (su tutti scenografia e costumi).

 

Ma il vero vincitore dell’edizione è senz’altro Lo chiamavano Jeeg Robot, omaggio a un manga di successo, del regista esordiente Gabriele Mainetti, che vince il premio riservato al Miglior regista esordiente. Il cast – con in testa Claudio Santamaria e Luca Marinelli – vince in blocco tutti e quattro i premi dedicati agli attori (protagonisti e non); cosa piuttosto singolare ma evidentemente meritata.

 

 

Mettendo da parte gli altri premi (che potete comunque consultare sul sito ufficiale dei David di Donatello 2016), in conclusione dobbiamo rimarcare come – nonostante una selezione di buona qualità – il cinema italiano versa in una fase di stanca caratterizzata dalla mancanza di coraggio nell’esplorare nuove categorie cinematografiche e nuovi strumenti di racconto. Film come Il racconto dei racconti, Fuocoammare o Lo chiamavano Jeeg Robot possono invece indicare la strada verso una rinascita che a ben vedere potrebbe non essere poi così lontana.