Da qualche parte, sbucando dall’ombra, mi è sembrato di veder apparire i lineamenti del malefico viso del Conte, il naso affilato, gli occhi iniettati di sangue, le labbra rosse, l’orribile pallore”.

(Dracula, Bram Stoker, 1897)

 

Questo è il Conte Dracula, così come ce lo aveva presentato Bram Stoker, così come ce lo siamo sempre immaginato, così come dovrebbe essere il Principe dei Vampiri.
Ma ormai lo abbiamo capito: per i vampiri, così come per gli zombie e per i nerds, è tempo di essere in, di essere i nuovi trend. Cavalcando l’onda della buona sorte, i vampiri sono diventati multiformi, multietnici, spesso bellocci e quasi sempre teneri di cuore (basti pensare ai brillantinosi vampiri di Twilight, oppure a quelli supersexy delle serie tv True Blood e The vampire Diaries).

Il vampiro-cavia per eccellenza resta però lui, il principe Vlad. Per il grande schermo sono state realizzate circa un centinaio di versioni, tutte più o meno ispirate dal personaggio ideato da Stoker.
Tra le innumerevoli sperimentazioni cinematografiche draculesche figura anche il tentativo dell’esordiente irlandese Gary Shore. Dracula Untold racconta le peripezie di un principe romeno, Vlad Dracula detto l’Impalatore, abilissimo combattente determinato a mantenere la pace nella sua terra, la Transilvania. Ma il vorace esercito turco non si accontenta del dominio sulla terra di Vlad: il sultano pretende mille fanciulli romeni (tra i quali il figlioletto di Vlad) da addestrare al combattimento finalizzato all’occupazione di nuovi territori. L’Impalatore (Luke Evans) non ha scelta: se vuole salvare i suoi cari ed il suo popolo, deve fare affidamento su una forza oscura, una forza che ogni essere teme. Diventa così un vampiro (“C’è un tempo in cui il mondo non ha più bisogno di un eroe, c’è un tempo in cui ha bisogno di un mostro”) e si batte da mostro contro l’armata nemica.

Siamo lontani anni luce non solo dal romanzo di Stoker, ma anche da Nosferatu (1922) di Murnau e da Dracula di Bram Stoker (1992) di Francis Ford Coppola. Siamo lontanissimi da quell’idea di vampiro che conosciamo da quando eravamo bambini. Dracula non è più cadaverico, orripilante, cattivo, spietato, demoniaco. Perché, secondo quello che Stoker ci diceva, quello era Dracula: un demone, creatura immortale al servizio del Diavolo. Il vampiro di Dracula Untold è — come molti altri suoi colleghi presenti in recenti versioni vampiresche — un guerriero leale, un padre protettivo, un marito devoto. Ma soprattutto è buono. Lui, il principe buono, costretto a diventare un mostro solo per salvare gli altri. Altri che però, ingrati, vedono il mostro e non l’uomo.
Troppe le lacrime, troppi i sentimentalismi, troppe le forzature della sceneggiatura, troppe le discrepanze tra il mito e questo film. Probabilmente troppe anche le finanze impiegate per la realizzazione del film (circa 70 milioni di dollari).

Cosa si salva: in primis il fatto di aver ripreso il mito originario di Vlad III, personaggio storico realmente esistito, che era stato anche la fonte d’ispirazione di Stoker. Il principe romeno Vlad è infatti ricordato dal suo popolo come l’eroe che li ha liberati dalla dominazione turca; ma è altrettanto ricordato come un uomo sanguinario dalla crudeltà inaudita.
Cos’altro si salva: l’intenzione di fare vedere il principe delle tenebre da un altro punto di vista, il suo assimilarlo ad un supereroe. Purtroppo, però, l’esperimento non è riuscito del tutto, in quanto Dracula è solo in parte credibile in quelle vesti.
Un altro punto a favore del film può essere una selezionat(issim)a manciata di inquadrature di interessante estetica — da menzionare quella in cui la brutale strage è riflessa, per qualche attimo, dalla lama sfavillante di una spada in argento. Certe riprese denotano la presenza di chi le ha progettate; ma queste piccole perle si perdono nel mare di inquadrature standard, “classicheggianti”, tradizionali, che ci accompagnano, per mano, guidati-ma-trascinati fino ai titoli di coda.

Cosa non è accettabile in questo film: il finale. È terribile, non è affatto collegato a tutto il resto. Ridicolo, mortificante. Deludente a dir poco. Pessimo.
Va ricordato, infine, che il film era nelle mani di un giovane emergente. È stato un bene, oppure un male, lasciare in quelle inesperte mani un film da 70 milioni di dollari? A voi la scelta.