Riscopriamo il recente capolavoro di David Fincher con Ben Affleck e Rosamund Pike.

Come ogni estate, la programmazione cinematografica latita, i cinema cittadini chiudono, e quelli che restano aperti proiettano film assolutamente trascurabili o ripropongono alcuni successi della stagione appena passata. Aprono invece i battenti, in città o in riviera, i cinema all’aperto, occasione propizia per recuperare quei film che per un motivo o per l’altro non siamo riusciti a vedere nel corso della stagione.

 

La latitanza di buoni film nelle sale cinematografiche rappresenta anche una valida opportunità per ripescare qualche cult dall’eredità sterminata che offre la Settima Arte.

 

Il film che invitiamo tutti coloro che non l’abbiano ancora visto a recuperare quest’estate è Gone Girl – L’amore perduto, il sottovalutato – almeno da parte dei giurati dell’Academy – capolavoro di David Fincher.

 

Clamorosamente snobbato da coloro che assegnano le Statuette, Gone Girl testimonia ancora una volta la grande capacità del cinema di assurgere a strumento politico di grande efficacia; anche quando sembrerebbe limitarsi a raccontare una storia, un dramma come tanti altri.

 

Gone Girl è invece in ultima analisi un film sulla manipolazione delle coscienze, e quindi alla fine di tutto un film prettamente politico. Perché la storia tra Nick e Amy Dunn sembra – anche, ma non soltanto – quella tra gli Stati Uniti d’America e i loro governanti, ma – anche e soprattutto – l’eterna dinamica sovrano – sudditi. Dinamica dove i secondi sono modellati, coartati, indirizzati a totale discrezione del primo.

 

Quella tra Nick Dunn (Ben Affleck) e Amy Dunn (Rosamund Pike, candidata all’Oscar) è la storia di una (de)costruzione della realtà che piega la verità alle proprie esigenze; così fa Amy inscenando la sua scomparsa e architettando un piano diabolico che prevede la sua santificazione e la dannazione – anzitutto sociale, poi inevitabilmente giuridica – del compagno macchiatosi del peccato più grande, il tradimento; sfacciato, spudorato, umiliante.

 

Gone Girl

 

Se Gone Girl fosse semplicemente una storia d’amore (e vendetta) sarebbe incredibilmente cinica nel raccontare insieme l’impossibilità di una riconciliazione e la necessità di una (finta) conciliazione finale.

Cinica è infatti l’edificazione dell’amore su di un castello di menzogne, cinica l’inevitabilità dell’infedeltà, cinica ancora è la vendetta che – cosa risaputa – è un piatto da consumarsi rigorosamente freddo.

 

David Fincher e la sceneggiatrice Gillian Flynn – anche autrice del romanzo originale – confezionano un memorabile e inquietante dramma umano e sociale, dove non esistono distinzioni tra buoni e cattivi, dove alla fine della giostra quella “pace terrificante” – per dirla alla maniera di De Andrè – non rassicura proprio niente o nessuno.