Johnny Depp veste ancora i panni di Jack Sparrow con il quinto capitolo dei Pirati dei Caraibi.

C’erano una volta i Pirati, divenuti, grazie alla letteratura, in epoca moderna, simbolo di libertà, di emancipazione, di negazione alle regole. Una vita per mare, a combattere i poteri forti, a vivere di rum e di porti dimenticati. Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non ha sognato il Mar delle Antille su di un possente galeone, con il vento tra i capelli e l’orizzonte nelle mani. Un’immagine, un’ideale che abbiamo fin da piccoli e che, anno dopo anno, ci ricorda quale ebbrezza può regalare una vita del genere. Però, per essere un pirata, non bastano solo una benda nera e una sciabola nel fodero, bensì ci vuole coraggio, follia, determinazione. Un po’ come gli slanci intuitivi che ha avuto la Disney, nel 2003, quando prendendo spunto da un’attrazione contenuta nei suoi parchi, portò sul grande schermo il primo di una saga che, appunto, avrebbe riletto e attualizzato il mito dei pirati grazie anche al contributo di Johnny Depp.

 

Sceneggiato da Ted Elliott e Terry Rossio, prodotto dal genio dei blockbuster Jerry Bruckheimer e diretto dal bravo Gore Verbinski, il quattro luglio di quattordici anni fa usciva negli USA La Maledizione della Prima Luna, incipit fantasmagorico dell’ultra remunerativa serie dei Pirati dei Caraibi. Manifesto dei cinque capitoli, con l’appena uscito e gradevole La Vendetta di Salazar diretto da Joachim Rønning e Espen Sandberg, è senza alcun dubbio il suo protagonista dall’andatura sbilenca, dalla parlantina veloce, dal mitologico appeal. Jack Sparrow è un simbolo cinematografico contemporaneo, amato da tutti, citato e osannato in modo quasi ossessivo, per merito innanzitutto dell’attore che ha deciso di farlo suo, divenendone l’estensione pure fuori dall’inquadratura, portandoselo dentro, da quel lontano 2003.

 

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Johnny Depp con Jack Sparrow ha creato un simbolo cinematografico contemporaneo

 

Johnny Depp è Jack Sparrow e Jack Sparrow è Johnny Depp, un’osmosi che ha fatto urlare milioni di ragazzine in tutto il mondo, che ha fatto sobbalzare addirittura l’Academy (meritata la nomination come Miglior Attore Protagonista ai premi Oscar 2004), che ha reso la Disney incredibilmente umana, lontana dai principi senza macchia e dalle principesse color pastello. Possiamo dire, infatti, che esiste una Disney pre e post Jack Sparrow. Ma, a conti fatti, potremmo dire che esiste anche un Johnny Depp prima e dopo di lui.

 

Intendiamoci, non c’è nulla di male ad amare un personaggio interpretato, a riprenderlo ogni volta che la produzione chiama, a portarlo avanti facendo sognare grandi e piccoli, a mascherarsi da rockstar dei settemari. Anche in questo ultimo e (con il beneficio del dubbio) definitivo tassello – sarebbe la giusta e perfetta conclusione alla saga, dimenticando il grossolano Oltre i Confini del Mare del 2011 – Johnny Depp ha ripreso la bussola che non punta al nord, con una storia che in parte riprende le dinamiche de La Maledizione della Prima Luna – una storia che parla di malefici, una ciurma di non-morti, la mitica Perla Nera da riconquistare –, tornando a condividere il set con Geoffrey Rush, con Orlando Bloom, con Kevin McNally e con le new entry Brenton Thwaites e Kaya Scodelario e in particolar modo con Javier Bardem nei panni di Armando Salazar, villain capace di oscurare lo stesso buon vecchio Jack.

 

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Javier Bardem interpreta Armando Salazar, villain capace di oscurare lo stesso buon vecchio Jack

 

E come si può riuscire ad oscurare un mito così grande? Semplice, se il film è riuscito, riavvicinando il pubblico al classico film ”adventure”, ciò che invece resta indietro è lo stesso protagonista (tanto che lui è il mcguffin negli eventi), caduto in una standardizzazione che non lo ha portato in alcun modo ad evolversi, esaurendo, pensiamo, il suo ciclo cinematografico. Sparrow è lo stesso del primo film, così come Depp, nella sua carriera dal 2003 ad oggi, pare interpretare sempre lo sbadato bucaniere. Dal primo Capitan Sparrow, l’attore di Owensboro ha, per ben tredici volte, recitato con un trucco e parrucco ”anormale”, rimanendo, per certi versi, protetto da una maschera. Insicurezza? Indecisione? Crisi artistica? Pigrizia? Certo è che non siamo noi a giudicare, ma i risultati, oggettivamente, non sono stati brillanti: The Lone Ranger, Dark Shadows, Mortdecai, Alice in Wonderland, considerando pure le scelte infelici di The Tourist, di The Rum Diary (che peccato…), di Transcendence.

 

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Johnny Depp dal 2003 ad oggi ha quasi sempre recitato con una maschera. Crisi artistica?

 

Tra un Jack Sparrow e un fondotinta colorato, però, Depp è pur risuscito a mantenere intatto (in rare occasioni) il suo essere attore capace, con le interpretazioni in Nemico Pubblico, in Sweeney Todd (maschera sì, ma anche grande film), in Black Mass (altra maschera), facendo crescere lo stupore di chi, effettivamente e al netto dei Pirati, lo apprezza davvero o attende, con pazienza, di rivederlo in un’opera alla sua altezza. Infatti: com’è possibile che la sua carriera abbia intrapreso questa rotta? Depp è lo stesso attore autoriale di Prima che sia Notte, o di Dead Man, oppure di Il Valzer del Pesce Freccia; è lo stesso enorme attore di Donnie Brasco e di Blow, di Paura e Delirio a Las Vegas e di C’Era una Volta in Messico, senza citare il suo trampolino di lancio in Edward Mani di Forbice e, per chi scrive, la sua miglior interpretazione, ovvero quella in Ed Wood, diretto dal suo ”regista fraterno” Tim Burton.

 

Davvero l’iconico Sparrow è riuscito a risucchiare tutte le possibilità di un interprete che da sempre è sfuggito alle dinamiche hollywoodiane per finirci, filmografia recente sotto gli occhi, irrimediabilmente incatenato? Quanto avremmo voluto vederlo – e quanto vorremmo – in un thriller moderno, nei panni di un uomo comune come ai tempi del sottovalutato Minuti Contati, o alle prese, chissà, con una commedia indie. Fondamentalmente, il proprio essere sopra le righe sempre e comunque, il voler districarsi dall’ortodossia dello starbiz, abbracciando lo stesso ideale piratesco, lo ha reso capitano di una carriera intrappolata in una bottiglia di vetro, che galleggia tra le onde di un cinema che non merita. E che, a dir la verità, non meritiamo neanche noi.

 

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