Xavier Dolan ci regala centosessanta minuti di altissima intensità emotiva e sequenze di grande forza espressiva.

Et par le pouvoir d’un mot
Je recommence ma vie
Je suis né pour te connaitre
Pour te nommer
Liberté

[Paul Eluard, Liberté]

C’è un momento, nel corso del film di Xavier Dolan, in cui il protagonista, Laurence Alia, in risposta alla decisione della commissione scolastica, su pressione dei genitori degli alunni, di licenziarlo dall’Istituto nel quale insegna, si congeda scrivendo sulla lavagna due sole parole: Ecce Homo. Le stesse parole che, secondo il Vangelo, Ponzio Pilato pronunciò nel mostrare Cristo ai giudei subito dopo averlo fatto frustare. Allo stesso modo si comporta il preside della scuola che per mettere a tacere gli scontenti e placare le maldicenze decide di optare per la scelta più semplice, ovvero licenziare il professore. In quest’ottica la parabola di Laurence e il suo desiderio di diventare donna possono essere letti come una sorta di via Crucis. Quella stessa via Crucis che ogni emarginato è costretto ad affrontare per affermare il proprio diritto di rassomigliare a se stesso, a vivere la vita per cui è nato. Per Laurence reprimere questo desiderio significherebbe, come ci dice lui stesso, commettere un crimine, uccidendo la donna che è nato per essere.

All’età di trentacinque anni Laurence facendo questa scelta coraggiosa decide di rischiare tutto quello che possiede. L’amore per la sua compagna di vita, la carriera di professore (nel momento in cui sta per essere pubblicato il suo primo libro di poesie), il rapporto con i genitori, in particolare con la madre (e chi conosce il cinema di Xavier Dolan sa che il rapporto madre-figlio non è mai un elemento secondario nelle vicende). Mentre il lavoro, come abbiamo detto poc’anzi, lo perde, il rapporto con la madre riuscirà a salvarlo, forse a fortificarlo, dopo le iniziali incomprensioni. Ma ciò che sta più a cuore a Dolan è il legame che lega il protagonista alla sua compagna Fred, tanto che potremmo definire Laurence Anyways anche come un intensissimo film d’amore.

1986. Montreal. Laurence e Fred (erique) condividono un grande amore fatto di passione e complicità, sempre impegnati a compilare bizzarre liste su cosa ad esempio diminuisce il loro piacere (come il cioccolato fondente) oppure su quelli che sono i segni della natura autodistruttiva dell’uomo. Quando Laurence le comunicherà, assieme al suo desiderio di vivere il resto della vita come donna, la speranza di continuare a vivere con la persona che comunque continua ad amare, lei, Fred, in un primo momento accetterà di restare al suo fianco, accompagnando i suoi primi passi verso una nuova vita. Ma quando vedrà lentamente sgretolarsi davanti agli occhi il futuro che aveva immaginato con lui, l’iniziale incondizionata accettazione cederà il posto alla rabbia e allo sconforto.

Dopo il folgorante esordio di J’ai tué ma mere (scritto a soli sedici anni) e il divertissement de Les amours imaginaires, con questo terzo lungometraggio il giovane regista canadese confeziona un capolavoro dimostrando di possedere un invidiabile talento autoriale firmando regia, sceneggiatura, montaggio e scegliendo personalmente la bellissima colonna sonora che unisce brani di musica classica a cult degli anni ’80 e ’90. Fondendo queste sue straordinarie capacità riesce a regalarci centosessanta minuti di altissima intensità emotiva e sequenze di grande forza espressiva.

Quando, verso il finale, a Laurence, ormai donna e poetessa affermata, le verrà chiesto, durante una intervista, chi è il personaggio inserito nella sua autobiografia e identificato con le lettere A. Z., lei risponderà che la donna celata dietro quelle iniziali non rappresenta altro che l’inizio e la fine di tutto. Quell’inizio e quella fine che Xavier Dolan, invertendone temporalmente la successione, ci mostra negli ultimi cinque, magnifici, minuti.