Con Snowpiercer Bong Joon-ho sembra dire “Si salvi chi può” e la speranza è l’ultima a morire.

Un treno lunghissimo si aggira per il globo percorrendo centinaia di migliaia di chilometri all’infinito; fuori, metri di neve e giaccio ricoprono la terra.
È l’avvento di una nuova era glaciale, i pochi superstiti sono ingabbiati in questa trappola per topi; costretti a sopravvivere girando intorno al mondo da diciassette anni.
La plebe è racchiusa nella coda del treno, tira avanti con poco, perché all’interno del treno-mondo ci vuole equilibrio e i ricchi, come sempre, devono prendere il piatto più buono, devono arraffare a più non posso, devono avere i posti chic in testa al treno.
Il meccanismo si inceppa, il malcontento serpeggia dalla coda, gli oppressi non ci stanno, sono stufi di mangiare sbobba proteica tutti i giorni, sono stufi di vedere i propri figli strappati dalle loro braccia e il loro leader, Curtis (orhris Evans) aspetta il momento giusto per tentare la rivolta, per cercare di sovvertire l’ordine delle cose.

 

Bong Joon-ho ci ha abituati bene, è un regista sapiente, che non sbaglia un colpo e anche qui riesce a orchestrare bene la sua banda di orchestrali, i pazzi che abitano il suo mondo folle e malato, in un futuro non troppo lontano dal nostro presente.
Bong come un esperto del naturalismo prende l’uomo, il suo campione da analizzare, da sezionare e ne sviscera i difetti più evidenti, mette a nudo la rabbia dei deboli, la voce di quella parte del popolo che non ce la fa più a ingoiare bocconi amari giorno dopo giorno, umiliazione dopo umiliazione, mentre i ricchi, voraci, li trattano come animali, o meglio come scarpe, perché le scarpe come la coda del treno sono oggetti che stanno in basso, a contatto con il suolo, strisciando in silenzio a testa bassa.

 

Snowpierce - Bong Joon-ho_1

 

La macchina da presa danza per i vagoni del treno, si muove a colpi di accetta riprendendo scontri cruenti, all’ultimo respiro, indispensabili per la meta finale, seguendo i protagonisti bagnati di sangue, sudore e lacrime.
Come sempre l’equazione Bong Joon-ho – Song Kang-ho è vincente in partenza, l’attore ormai osannato in patria come il Leonardo DiCaprio orientale interpreta l’elemento di disturbo che sposta gli equilibri, imprevedibile nella sua follia, grazie al suo estro riesce a calarsi alla perfezione nella parte di un tossico esperto di sicurezza, una di quelle persone che la società non accetta perché ritenute “diverse”, ma che saprà regalarci risate alternate a momenti di riflessione.

 

Mirabolanti inseguimenti ci porteranno dritti all’epilogo, in una parata di esseri umani in pieno caos, fra fuochi, spari, urla e un equilibrio che ormai si è rotto, come il meccanismo perfetto del treno-mondo, un meccanismo inceppato dalla nascita che risparmia poco o niente.
Si salvi chi può” sembra dire Bong Joon-ho e la speranza è l’ultima a morire.