Strade interrotte, documentario scritto e diretto da Lorenzo Borghini e narrato dall’attore Maurizio Lombardi, è disponibile su CHILI.

 

“Lunga e dritta correva la strada…” (Francesco Guccini)

 

Uno dei film più importanti che riguardano la sicurezza nelle strade e la prevenzione degli incidenti (e il primo di cui ho memoria) è del 1948 ed è di uno dei più grandi autori della storia del cinema: Carl Theodor Dreyer, che gira su commissione ministeriale danese lo splendido corto Raggiunsero il traghetto (De nåede färgen), un piccolo capolavoro di undici minuti che conserva ancora intatta tutta la sua forza emotiva e le sue suggestioni tutt’altro che didascaliche. Nel 2013 è la volta di Werner Herzog (altro grande maestro, stavolta del cinema contemporaneo) che, con il documentario From One Second to the Next, mostra i risultati di quella inimmaginabile follia quotidiana che colpisce tutti coloro che decidono di scrivere messaggi o comunque di usare il telefono durante la guida. E come dimenticare la poesia di Canzone per un’amica, dove Francesco Guccini ci parla di cieli crollati, di silenzi, di lamiere, del (non)senso di una giovane vita interrotta (e più in generale della vita stessa). Tutte opere che, in questi tempi pervasi dal Covid, ci ricordano come continuino a esistere e persistere moltissime altre emergenze planetarie, tra cui quella che, ormai da tempo, è la prima causa di morte negli adolescenti e nei cosiddetti “giovani adulti”, ovvero l’imprudenza alla guida e di conseguenza gli incidenti stradali. Un dramma per cui l’Italia solo nel 2016 è riuscita a darsi una legge che riconosce la giusta dignità di quelle vittime e che stabilisce la gravità e la particolarità di quel reato che adesso possiamo finalmente e propriamente chiamare “omicidio stradale”. È in questo contesto che si inserisce Strade interrotte, il bel film di Lorenzo Borghini che posa il suo sguardo proprio su questa tragedia, affondando le sue immagini in quella continua e silenziosa strage di giovani che giorno dopo giorno si consuma sulle strade di tutto il mondo.

 

strade interrotte

Un frame del film Strade interrotte in uno sfasciacarrozze

 

“Sopravvivere al proprio figlio è la fine di tutto ciò che esiste” dice l’avvolgente voce di Maurizio Lombardi durante il potente incipit che ci prepara all’ascolto delle toccanti storie che vanno a costruire il mosaico di questo documentario, che, come un’opera musicale, si compone di tre movimenti. Il primo è il triste adagio sinfonico dei genitori che ricordano e inevitabilmente rivivono il momento in cui sono venuti a sapere della morte dei loro figli. Il secondo è il contrappunto più inaspettato, dove le fredde e quasi panottiche geometrie del carcere di Sollicciano ci introducono al racconto di un condannato per omicidio stradale. L’ultimo movimento invece è la composita suite di coloro che di un incidente continuano a portare sul proprio corpo i segni, le limitazioni e le indelebili conseguenze. Completano il quadro due intermezzi dedicati a chi, per scelta o per professione, si trova a dovere intervenire sulla scena di un sinistro, come gli agenti della polizia municipale o la squadra di volontari di un’ambulanza di pronto intervento.

 

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Un frame del film Strade interrotte con due agenti della Polizia Municipale

 

Borghini rifiuta il semplicistico e asettico format delle talking head, mostrandoci i suoi protagonisti nella loro quotidianità, mentre raccontano le loro storie di “sopravvissuti e sopravviventi”, di vittime (a vari livelli) di quella perdita, di quella distrazione, di quel trauma che li ha costretti e li costringe attimo per attimo a rimodulare la loro vita, nella disperata ricerca di un equilibrio, forse impossibile, in quella stessa precaria quotidianità, dove ogni gesto crea quel cortocircuito in cui tutto sembra importante e contemporaneamente perdere di senso. Nonostante e forse proprio per questo Strade interrotte lascia comunque aperto un varco alla speranza, soprattutto nel “terzo movimento”, dove la maternità per Giovanna, le amicizie e il surf per Lorenzo (due giovani rimasti paralizzati agli arti inferiori) e soprattutto l’incredibile “resurrezione” fisica e muscolare di Carlo (travolto da un pirata della strada rimasto sconosciuto) diventano l’occasione per capire quanto sia importante riuscire a ridefinire costantemente la propria esistenza e anche come ognuno di noi sia, più o meno consapevolmente, chiamato a farlo.

 

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Un frame del film Strade interrotte con Carlo, sopravvissuto ad incidente stradale e rinato grazie alla forza di volontà

 

Alla fine della visione ciò che emerge chiaramente è che quello di Lorenzo Borghini non è “solo” un documentario a tema, ma un film a tutto tondo, dove lo stesso regista, soprattutto nelle immagini realizzate per introdurre le tre parti, non perde l’occasione di creare rimandi per farci intuire quali siano i suoi punti di riferimento formali e teorici, così gli spettatori più attenti potranno sorprendersi a scoprire chiari echi che rimandano a Lynch, a Malick e anche a certo cinema coreano, che oggi va molto di moda, ma che evidentemente lui ha già studiato e metabolizzato da tempo. Insomma un film da vedere, da guardare e soprattutto da riflettere, perché, come ricorda un esergo contenuto nella pellicola:

“La vita ti offre sempre una seconda possibilità. Si chiama domani” (Dylan Thomas)

 

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