Il film di Tom Hooper non è soltanto una storia sulla transessualità.

Danimarca, primi anni ’20. Einer Weigener è un pittore paesaggista molto in voga tra i suoi conterranei, sposato con una giovane e bellissima pittrice ritrattista, Gerda Weigener. I due vivono una vita coniugale felice e piena di passione e amore reciproco. Sono eccentrici, visionari e narcisisti. Sono artisti. Decidono di dar vita ad un personaggio inventato, Lili, la cugina di Einer che altro non è che lo stesso Einer con indosso un vestito e del rossetto. Questo gioco li porterà alla distruzione del loro matrimonio e alla nascita di un mito, Lili Elbe, il primo transessuale della storia che si sia sottoposto a un’operazione per il cambiamento di sesso.

 

Bene. Questa è la trama del film che è possibile leggere su qualsiasi rivista per cinefili.

 

Danimarca, primi anni ’20. Lili Elbe è una giovane donna che non ha mai visto la luce del sole. Ha vissuto trent’anni in una gabbia dorata e indorata da apparenze, accettazione pubblica ed effimere soddisfazioni. La sua gabbia è fatta di carne, ossa e completi da uomo. La sua gabbia ha un nome, Einer Wegener, una moglie, Gerda, e una vita da pittore paesaggista amato da tutti ed elogiato da molti. Odiato da pochi.
Lili Elbe vede finalmente la luce grazie ad un gioco e da quel momento in poi non potrà farne a meno. Inizia a vivere e sorridere come non ha mai fatto, smette di respirare aria filtrata dalla pelle di un uomo e comincia la sua personale rivoluzione artistica che approderà alla creazione di un mito, la più splendida opera d’arte attribuibile ad Einer Weigener. Sullo sfondo la distruzione di un matrimonio e la critica della società, l’incredulità degli amici e lo sconvolgimento dei medici. Lili Elbe sarà odiata da tutti e disprezzata da molti. Amata da pochi.

 

Questa, invece, è la trama che è possibile scorgere andando oltre le apparenze.

 

The Danish Girl

Eddie Redmayne in una scena del film

 

Lili Elbe prende vita da un quadro, dalla voglia spasmodica di evadere dalle convenzioni sociali o più semplicemente dal desiderio innocuo di scherzare con la sorte. In questo gioco fatto di calze costose (memorabile l’emozione che suscita Eddie Redmayne accarezzandosi le gambe di nylon), pizzi, parrucche e rossetti, mentre Gerda trova la musa ispiratrice per la sua più grande collezione d’arte, Einer trova la morte. Come un moderno Dorian Gray, Lili Elbe passa da una fredda tela intrisa di colori a olio alla vita. Assume plasticità, si fa donna di carne e ossa.

Esattamente come il personaggio di Wilde, anche Einer consegna la propria coscienza ad un quadro per poi riprendersi ciò che gli spetta: la realtà. Proprio come Gray, anche Lili nel momento in cui prende coscienza di sé, incontra la morte.
Alla luce di una storia complessa e dai risvolti drammatici come quella di Einer/Lili, si comprende la difficoltà che il regista Tom Hooper ha dovuto affrontare per renderla un prodotto cinematografico che non scadesse nel solito filmetto volto ad alimentare e rafforzare le moderne discussioni sulla sessualità. La difficoltà di un tale impegno consiste soprattutto nell’evitare che The Danish Girl si riduca a un’unica tematica, ormai così sdoganata da non fare più notizia. Un lavoro magistrale, dunque, quello del regista e della sceneggiatrice Lucinda Coxon, che sono silenziosamente riusciti a coniugare la calda tematica della transessualità con altre ben più importanti tematiche, rendendola quasi secondaria rispetto a queste ultime.
Morte, maternità, amore coniugale, libertà. La libertà di esprimere se stessi sacrificandosi; l’amore coniugale che non trova vincoli nelle forme; la morte che confluisce nella vita. La morte spirituale di Einer, infatti, coincide con la nascita di Lili, mentre la morte fisica di questa confluisce nella rinascita spirituale dell’Io.
E infine la maternità come desiderio ugualmente rintracciabile in una donna come Gerda, o come Lili che, sorridendo imbarazzata, chiede al medico: “Potrò mai avere un figlio? Voglio avere un figlio come una vera donna”.

 

The Danish Girl (1)

Eddie Redmayne e Alicia Vikander

 

 Cosa aggiungere a commento di una pellicola dal tocco magico che inchioda alle poltrone e fa scivolare sul viso dello spettatore delle lacrime inconsapevoli?

Forse qualche appunto tecnico sulla splendida interpretazione di Alicia Vikander, che le è valsa l’Oscar come miglior attrice non protagonista, o magari qualche cenno sulla stupefacente interpretazione di Eddie Redmayne, che dei personaggi più amabili del film, ne interpreta due.
Oppure potremmo non aggiungere nulla e semplicemente provare a rispondere alla domanda: potrà mai, Lili Elbe, avere un figlio?