Con la sapienza del cinefilo, Satoshi Kon si addentra nel sottobosco metropolitano con il suo Tokyo Godfathers, capolavoro dell’animazione nipponica.

Due barboni, una ragazza scappata di casa e una neonata abbandonata. Questi i protagonisti del terzo lungometraggio di Satoshi Kon. Il teatro della vicenda è una Tokyo innevata, durante le vacanze di Natale, in una settimana che pare non finire mai.

Gin è il tipico senzatetto ridotto sul lastrico per guai economici, affoga i suoi problemi nell’alcool e ricorda con nostalgia una vita che non gli appartiene più. Hana è un transessuale allegro e senza peli sulla lingua, che, nonostante i numerosi problemi, crede ancora che la speranza sia l’ultima a morire. Miyuki è scappata di casa da circa sei mesi, testarda e scontrosa si rifiuta di tornare a causa delle sue azioni. Il loro ‘regalo di Natale’ sarà una bambina trovata tra i rifiuti, una luce che illuminerà le loro vite dandogli uno scopo: ritrovare i genitori della piccola.

 

“Neanche il peggiore dei padri abbandona suo figlio”.

 

Tokyo Godfathers 1

Il regalo di Natale per i tre protagonisti di Tokyo Godfathers sarà una bambina trovata tra i rifiuti

 

In Tokyo Godfathers, Satoshi Kon, decide di adattare una delle sceneggiature più usate del cinema hollywoodiano: I tre padrini di Peter Kyne, trasposto nel ’48 anche da John Ford.

Kon, da buon cinefilo sapiente, decide di ribaltare la morale evangelica di Ford, dando vita ad un penetrante ritratto di un Giappone moderno e notturno.

Dal modello americano prende l’idea di una grazia che bacia le buone intenzioni e, nonostante le avversità, conduce all’amorevole obiettivo. Dall’altra parte, invece, la meschinità abietta di un mondo moderno spietato, e un lieto fine che lieto fine non è, ma che appare come una tregua dopo la tempesta, priva di quel senso di pace e durevolezza.

 

I personaggi di Tokyo Godfathers sono dei losers per antonomasia, anime ferite che si barcamenano tra le pagine amare della vita. Il ritrovamento della piccola, gli conferisce una speranza, una luce che rischiara il grigiore delle loro esistenze. Il riscatto, anche se parziale, può avvenire, ‘basta solo’ ritrovare i genitori in una delle metropoli più popolose al mondo.

 

Tokyo Godfathers 2

Gin e Miyuki con la bambina

 

Satoshi Kon, conferisce ai suoi protagonisti uno spessore degno dei romanzi di Dickens, perché il regista nipponico è sempre stato attento alle dinamiche sociali, dando respiro a quel sottobosco metropolitano che tanto lo affascina e fa riflettere.

Pregno di citazioni Tokyo Godfathers strizza l’occhio anche al Padrino, con un matrimonio tra mafiosi che ci ricorda il capolavoro di Coppola, ma allo stesso tempo guarda anche verso Satoshi Kon stesso, quando Gin incontra il presunto padre della bambina, e sopra un tavolo si può vedere un giornale con una foto delle Cham, il trio di idol di Perfect Blue, film d’esordio del regista a cui rimarrà sempre legato.

 

Satoshi Kon, nonostante la sua prematura dipartita, insieme a Katsuhiro Ōtomo, Isao Takahata e Hayao Miyazaki, entra a pieno titolo in quella schiera di registi che hanno saputo elevare l’animazione da semplice strumento per bambini a forma d’arte intramontabile che regge il passo coi tempi.

 

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