Mi sono sempre chiesta cosa si provasse a stare dalla parte di chi può mescolare le carte, cambiare le sorti, in sostanza decidere effettivamente cosa la gente “comune” potrà vedere e cosa no al cinema.
Sicuramente una bella responsabilità, anche perché un film senza distribuzione è come se non fosse mai stato girato, costretto ad esistere solo nel limbo dei film mai visti prima che qualcuno si accorga di lui.
Per fortuna a chiarirci dinamiche e implicazioni di questo misterioso lavoro ci ha pensato Andrea Romeo, fondatore della I Wonder Pictures grazie alla quale distribuisce in Italia numerosi documentari tra cui Searching for Sugar Man di Malik Benjelloul, The Act of Killing di Joshua Oppenheimer, Stop the Pounding Heart di Roberto Minervini, The Unknown Known di Errol Morris.
Un uomo di grandi vedute e di una grande limpidezza morale che, come si può facilmente intuire dai titoli elencati, non diventerà mai milionario grazie agli incassi al botteghino!
Noi della redazione facciamo a lui e alla I Wonder Pictures i migliori auguri, affinché il suo lavoro continui a esistere e a proliferare, sperando un giorno che nel “limbo dei film mai visti” rimangano solo quelle pellicole scarse e di basso contenuto morale che di visibilità ne hanno anche troppa…
Intanto però Andrea si prende le sue piccole, grandi rivincite aggiudicandosi alla 71^ Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con “The look of Silence”, documentario da lui distribuito e diretto da Joshua Oppenheimer, il gran premio della giuria.

Ecco la breve, ma piacevolissima, conversazione che ho avuto il piacere di scambiare, qualche settimana fa a Venezia, con Andrea dopo la prima del film.

Ciao Andrea, ho fatto un po’ di indagini sul tuo conto, so che ti sei laureato al DAMS di Bologna, che sei diventato giornalista e poi responsabile di una famosa rivista cinematografica, successivamente hai affiancato a questa attività quella di programmatore di eventi culturali lavorando al Future Film Festival, primo festival italiano dedicato al cinema d’animazione e alle nuove tecnologie.
Come mai hai abbandonato la finzione, per dedicarti al documentario?

E’ vero, 15 anni fa venivo dal cinema di animazione e di effetti speciali, ma dopo un po’, nonostante ne fossi molto appassionato, ho cominciato a sentire la stanchezza di quel genere, dovuto forse a quel momento… pensate alla rivoluzione digitale che ancora è in continua espansione; insomma, ogni cosa era mirata e finalizzata a quel mondo… così ho sentito la necessità di un cambiamento verso le nuove frontiere del dispositivo digitale interrogandomi su cosa realmente potesse rendere filmabile. Così ho preferito semplificare trasformando un film nella realtà… da qui è nata l’attenzione al documentario e alle storie di vita di tutti i giorni ordinarie o straordinarie che siano..

Nel 2005 hai fondato, inoltre, a Bologna il Biografilm Festival – International Celebration of Lives, primo evento mondiale dedicato alle biografie ed ai racconti di vita, di cui sei tuttora direttore artistico. Quanto pensi sia importante per un film passare da una vetrina come quella dei festival?

Credo che i festival siano un’occasione importante e immediata per arrivare più velocemente al pubblico…

Ti spaventa il fatto di essere un piccolo pesce in un mare di squali “mangiatori di incassi”?

No, non mi spaventa; i numeri più piccoli ti consentono di partorire idee continuamente nuove da un punto di vista diverso e di valorizzare e valutare la possibilità che una storia possa conquistare un pubblico o meno…

Parlaci di “The look of silence”…
Se c’è un nuovo cinema da seguire è quello di Joshua Oppenheimer, The Look of Silence, che poi sarebbe il seguito del documentario drammatico The Act of Killing, analizza ancora una volta il tema del genocidio in Indonesia, affrontandolo però da un’altra prospettiva.
Se The Act of Killing esprimeva il punto di vista degli assassini, The Look of Silence capovolge la visione del racconto incentrando l’episodio dalla parte lesa della storia: le vittime. In quest’ultimo si osserva la famiglia di un uomo ucciso, in particolare concentrandosi sul fratello minore che decide di incontrare i carnefici di quella atroce violenza.

Infine…un consiglio per aiutare i giovani cineasti allo sbaraglio?
Guardare tanti, tanti, ma tanti film!

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