Paul Thomas Anderson interpreta magistralmente la materia oscura uscita dalla penna di Thomas Pynchon con Vizio di forma.

California. Gordita Beach. Inizio anni Settanta. Location e periodo di Vizio di Forma.

Doc Sportello (uno straordinario Joaquin Phoenix), un investigatore privato a tempo perso con un debole per le droghe, viene contattato dalla sua ex fiamma Shasta. Gli chiede di proteggere Mickey Wolfmann, il suo nuovo amante, un importante costruttore miliardario in pericolo poiché la moglie vuole liberarsi di lui.
Doc accetta. Come dire di no al suo (vecchio) amore?
Sashta gli appare in casa come un sogno ad occhi aperti e dopo avergli rifilato l’incarico si dissolve come un sogno al mattino, scomparendo con i colori pastosi di fine tramonto quando la notte è ormai vicina.
“Puoi rimanere da me” le dice Doc.
“Non posso, devo andare” risponde lei sgommando via in macchina verso chissà dove.
Partenze senza arrivi e arrivi senza partenze, tipica tematica pynchoniana per definire l’indefinitezza della vita.

Doc si butta a capofitto nelle indagini, ma si ritrova arrestato per l’omicidio di una delle guardie del corpo di Mickey Wolfmann. Ma Wolfmann è sparito come pure Shasta.
Da qui in poi Doc sarà una vittima degli eventi, un agnello sacrificale che si oppone fortemente al passaggio traumatico tra un’epoca e un’altra, sempre racchiuso in quell’inquadratura che non lo lascia mai. Doc non accetta che il suo sogno, e quello di altri, sia stato trasformato in un incubo dai soldi e dalle alte sfere. Per questo lotta come un naufrago in una tempesta, cercando di rimanere fedele ai suo dettami, al suo anticonformismo che è la faccia di una medaglia contrapposta a quella conformista di Bigfoot (Josh Brolin), ispettore della Omicidi che lo perseguita.
In Vizio di forma Doc cerca costantemente di far luce sugli strani intrighi che si vanno intessendo, un guazzabuglio di situazioni sconclusionate e personaggi a ripetizione che lo aggrovigliano in un vortice magmatico. Magmatico come il romanzo di Pynchon, un vulcano di adrenalina e leggerezza, una dolente dichiarazione d’amore per gli anni Sessanta e la loro inevitabile fine.

 

Vizio di Forma 1

Joaquin Phoenix è il protagonista di Vizio di Forma

 

Paul Thomas Anderson riesce a interpretare magistralmente la materia oscura pynchoniana trasponendola quasi letteralmente, trasformando le immagini mentali di ogni lettore in pura realtà, facendoci toccare con mano il sogno e i colori ormai sbiaditi di un’epoca durata troppo poco, ma anche immergendoci nell’altro sogno di Doc, quell’amore fugace fatto di partenze senza arrivi e arrivi senza partenze.
Doc insegue l’amore, o quel barlume di felicità passata che non gli appartiene più. Quindi insegue Shasta per tutto il film, insegue i loro ricordi, insegue quel giorno di pioggia in cui tutto sembrava andare bene. Ma Shasta dov’è? Durante la storia appare tre volte agli occhi di Doc. Occhi sognanti che la accettano a braccia aperte. È un’allucinazione, oppure la incontra davvero? La incontra solo all’inizio, sempre, o mai? Queste domande non avranno mai risposta, come non ne hanno i grandi quesiti della vita. I due si incontrano sempre da soli, in casa o in macchina, per questo tutto assume i toni del sogno, perché lì ci sono solo loro, due anime figlie del proprio tempo, che si isolano dal resto del mondo, perché tutto sta cambiando e il valzer degli addii è cominciato.

Doc è un uomo libero, un uomo libero di sognare il proprio sogno.