Hanno visto la nascita del punk e non solo. Sono gli anni 70, e vi presentiamo la loro parte più oscura.

Gli anni 60 sono finiti. La cultura flower power è ormai superata e va a scontrarsi contro un muro fatto di rutti, creste e anarchia. Non c’è più una Woodstock, gli hippie cominciano a scomparire dalle strade, le ferite della guerra del Vietnam (quasi giunta al termine) sono fresche, anzi appena aperte. Ma la protesta cambia, e una generazione intera espone la propria disperazione al grido di “No Future For You”. Nasce il punk, e nient’altro sarà come prima.

In mezzo a tutto questo fermento, sono comparsi dal sottosuolo centinaia di gruppi che hanno fatto la storia della musica, quella oscura. Ecco i capolavori perduti degli anni 70.

 

10- Ready For The House (1978) Jandek

 

Si dice che il disco sia uscito nel 1978, ma siamo proprio sicuri? Attorno a Jandek, noto come Sterling Richard Smith, si è creato un vero e proprio alone di mistero che lo accompagna sin dal suo esordio. Artista enigmatico quanto geniale, di Jandek si conosce veramente poco. Girano poche foto del suo volto e la sua biografia è un rebus inesplicabile. Tutto questo ha fortemente contribuito a trasformarlo in un vero e proprio oggetto misterioso del desiderio, attraendo curiosi da tutto il mondo (i fan hanno pure creato una guida all’artista). Fino al 2004, anno in cui S.R. Smith si è mostrato per la prima volta in un live. Ma cosa dire della musica? Quello di Jandek è un universo oscuro, quasi maniacale, dove si scorge spesso il genio. Genio che, partendo da una base folk (?), come nel miglior stile del cantautorato americano, ha stravolto un intero genere dando origine al primo lo-fi e alla prima indie (molti i suoi seguaci anche tra gli artisti attuali). Sicuramente non di facile ascolto ma essenziale, artista prolifico come pochi (rinunciate subito ad avere la sua intera discografia) Jandek è una meteora , un pianeta per pochi eletti.

 

 

9- Pink Flag (1977) Wire

 

Oscurato (ingiustamente) dalla fama di 154, si può incoronare Pink Flag come opera magna degli Wire. Difatti i Punk Floyd (così venivano chiamati dalla stampa) inglesi con questo album superano in uno degli anni di grazia del punk il punk stesso. Siamo molto distanti dai Sex Pistols e tra le note delle 21 tracce dell’album (condensate in ben trentasei minuti) si intravedono già i germi del post-punk e della new-wave che verranno nel futuro. Lezione di stile che, in maniera velata, prende tanto dal rock(abilly) e dal funk del passato, Pink Flag è uno dei dischi punk fondamentali. Da recuperare assolutamente la versione giapponese, contenente un sacco di bonus track che non hanno niente da invidiare alla scaletta originaria del disco. Ad esempio Too True, una delle canzoni punk più folli di sempre.

 

 

8- Schwingungen (1972) Ash Ra Tempel

 

Il punk ancora non esisteva e si sentiva sempre un certo bisogno di psichedelica (prima che venisse rinnegata da Rotten & Co.). Gli acidi erano sempre la droga preferita e le porte della percezione ancora aperte. Al termine di questa vera e propria ondata lisergica, gli Ash Ra Tempel davano alle stampe il loro capolavoro. Un certo Klaus Schulze aveva appena abbandonato il gruppo, ma la band tedesca riuscì lo stesso nell’impresa di scrivere uno dei manifesti della kosmische musik, la musica del cosmo. Uno dei primi passi verso il krautrock (e qui viene da pensare alle parole di Neil Amstrong visto lo stile musicale: “un piccolo passo per l’uomo un grande passo per l’umanità”) Schwingungen è un sogno ad occhi aperti da cui non ci vorremmo svegliare. Di un’altra galassia.

 

 

7- Rock Bottom (1974) Robert Wyatt

 

Canterbury è una ridente cittadina inglese situata nella contea del Kent, non lontanissima da Londra. Qui, alcuni gruppi di amici con in comune la passione per il jazz, daranno vita ad una delle più importanti scene del panorama britannico. Uno di questi è appunto Robert Wyatt, già leader di una certa band chiamata Soft Machine, dove ha militato fino al 1971. Nel 1973 un grave fatto scuote la sua esistenza: durante una festa di compleanno cade dal terzo piano di una casa. È la caduta negli abissi, quella che lo condannerà ad essere paralizzato dalla vita in giù per l’esistenza intera, inchiodandolo ad una sedia a rotelle. Ecco la tragedia che da il via alla genesi di Rock Bottom. Un vero e proprio viaggio in apnea dove il mare è una delle figure centrali. Il mare che sommerge, il mare da cui riemergere attraverso l’unica sacrosanta verità: la vita, pulsante e semplice. Rock Bottom è l’album della maturità di uno dei grandi geni della musica. Abbandonati gli eccessi e l’istinto dada/jazz dei Soft Machine, Robert Wyatt con il suo capolavoro riesce a fare quello che in pochi sono riusciti: imprimere la propria anima all’interno di un’opera. Un’opera d’Arte.

 

 

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