50 anni fa usciva Safe as Milk. La musica non sarebbe più stata la stessa.

Leggi queste righe con Safe as Milk a tutto volume.

Alcuni giorni fa ascoltavo un live di Frank Zappa & Captain Beefheart al Country Coliseum, El Paso, 1975.

Non ho potuto fare a meno di pensare ad un paio di cose:

 

1- È vero che molti possono insegnarti l’estro e il talento, ma il genio, come sa bene il Perozzi di Amici Miei è una storia a sé.

 

“È fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione”

 

Esattamente quello che il “capitano” ha saputo trasmettere nel suo modo di fare musica.

 

Captain Beefheart 1

Don Van Vliet, in arte Captain Beefheart

 

Poi ho pensato:

 

2- Ma quanto diavolo sono fichi insieme?

Fico Zappa, fico Don Van Vliet, vero nome di Captain Beefheart.

 

Personalmente non ho mai avuto grosse difficoltà nel comprendere, accettare, ascoltare e soprattutto contestualizzare la musica di questo artista, considerato il cagnaccio dei suoi anni e l’anti-pubblico.

Così come abbandonò gli studi da ragazzino, ha sempre evitato le tendenze artistiche, non senza prima averle sperimentate.

 

Proprio come nel caso di Safe as Milk, in cui è fortissima l’influenza dei bluesman (quelli veri, quelli poveri e vagabondi). Ad essa segue l’avanguardia rocker e l’esplorazione, musicalmente parlando, delle distorsioni più sporche. L’anno in cui il vecchio si rinnova, in cui il blues diventa elettrico, l’anno delle rivoluzioni sonore, il 1967.

 

Captain Beefheart 2

Captain Beefheart e Frank Zappa

 

Nato nel 1941, nei sobborghi di Los Angeles (Glendale), Don Van Vliet sin da ragazzino mette subito le cose in chiaro: forte personalità, carattere irriverente. Dedizione e passione. Scultura e pittura prima, musica e potenza poi. Il mondo non poteva offrire nulla di brutto ad un tipo così, ma i suoi genitori diffidavano delle conventicole in cui si sarebbe ritrovato accettando le molte borse di studio a lui offerte.

 

Ma se frequenti la “Antelope Valley High School” e Frank Zappa ti sta alle calcagna, non puoi tirarti indietro.

Conoscendo Zappa conobbe sé stesso, i propri limiti e le sue capacità per superarli.

Diventava un vandalo, ma poco importava, perché simultaneamente conosceva musica, artisti e talenti del calibro di Robert Johnson (la voce del diavolo), John Coltraine e i Chicago Blues (mica poca roba).

 

“Well I was born in the desert, came on up from New Orleans,

Came upon a tornado, sun not in the sky

Ah waited ‘round all day with the moon sticking in m’eye”

 

E si nutriva di blues e rock’n roll, beveva Pepsi e formava il suo carattere burbero e riservato.

Di lì a poco l’ingresso nel mondo della musica.

La conoscenza di Alex St. Clair e l’inizio della “Magic Band” alla quale si unirono Doug Moon (chitarra), Vic Mortensen (batteria) e Jerry Handley (basso).

 

Inizia una bella storia, i primi singoli con la A&M Records e i live tra Los Angeles e Frisco, le liti con l’etichetta (che considerava quella musica “troppo strana e incomprensibile”) e l’arrivo del poco più che ventenne John French alla batteria.

Gente, 50 anni fa usciva Safe as Milk.

Captain Beefheart 3

La copertina di Safe as Milk

 

Pubblicato dalla Kama Sutra Records, sottodivisione della Buddah Records, è un capolavoro di influenze che a sua volta avrebbe influenzato il modo di fare un certo tipo di musica (chiedere ai Creedence Clearwater Revival, a Black Sabbath e Sixto Rodriguez).

 

Sure ‘Nuff ‘n Yes I Do, Call on me, Dropout Boogie, Electricity (pezzo spaventoso), Abba zaba o Autumn Child sono pezzi che, se li ascoltassi singolarmente, non penseresti mai di inserirli nello stesso album.

Già,non lo penseresti mai!

Invece ci ha pensato uno che, molto probabilmente, era così avanti che avrebbe dovuto aspettare fino ad oggi tutti gli altri.

 

Captain Beefheart 4

Captain Beefheart era così avanti che avrebbe dovuto aspettare fino ad oggi tutti gli altri

 

Certo, la pongo in maniera fica così, ma l’anima di questo album “blues” (romanticamente parlando) non è stata affatto compresa nel momento in cui è uscita. Accolto in maniera fredda negli States, ha avuto qualche considerazione in più solo in Europa.

Eppure è vero, è un album che non ha avuto mai la pretesa di rivoluzionare, quanto piuttosto di confermare, battere i piedi fissi a terra su quella che è la vera essenza del blues e di alcuni dei suoi derivati: una triste consapevolezza.

 

Questo è il “capitano”, e di riflesso questi sono i componenti della “Magic Band” che hanno assecondato ogni follia e/o pretesa di Van Vliet.

Qualcuno già sapeva della sua imponenza avanguardista. Gente come Paul McCarteney e John Lennon. Quest’ultimo aveva anche gli adesivi promozionali dell’album attaccati in veranda.

 

“High-voltage man kisses

night to bring the light

to those who need

t’ hide their shadow-deed

hide their shadow-deed (repeat)

Seek electricity………..”

 

Non mi dilungherò oltre sulle considerazioni.

Poche parole credo bastino per riportare all’attenzione un album duro fuori e duro dentro, una base importante per gli album a venire (Trout Mask Replica solo per citare il più folle e scanzonato).

 

Captain Beefheart 5

Captain Beefheart & His Magic Band

 

Capisco sia difficile affezionarsi ad un personaggio del genere e alla sua produzione, così come è difficile affezionarsi a Zappa e al suo modo così italiano di porsi.

Artisti del genere hanno bisogno di un orecchio operaio e una mente di spugna che assorba ogni effetto che assomigli ad un difetto.

E voi, ce l’avete!?

 

“Make them sandals gambol under knees of trust”

 

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