Alla scoperta del nuovo pianeta Black Star creato da David Bowie.

Per parlare di un singolo come Black Star e di un signore dell’età e del calibro indefinibili come David Bowie non si può non fare riferimento alla sua interminabile carriera.

 

He was a (…) welcome to the new world, the brave new world…”

 

Con queste parole un commosso David Byrne, nel 1996, descrisse ciò che Bowie aveva rappresentato per lui e per la storia della musica, in un bellissimo discorso di introduzione del duca bianco nella Rock’N’Roll Hall of Fame.

 

 

Le parole di Byrne rappresentano alla perfezione ciò che Bowie è ancora oggi e ciò che è sempre stato negli anni, perché tutti i suoi album hanno creato “nuovi mondi” e di volta in volta hanno dato il benvenuto a tutti coloro che volessero avvicinarvisi ad uno di questi nuovi pianeti. Basti pensare a Ziggy Sturdust And The Spider From Mars, che ci portava per mano nei favolosi anni glamour di una rockstar in declino (come si può esprimere a parole la grandezza di Rock’N’Roll Suicide?); oppure alla trilogia berlinese, che ci presentava il musicista sperimentatore eppure incredibilmente concreto quale David era a quel tempo (Low in particolar modo, perfetta fusione sperimentale di derive strumentali e singoli rock dritti al punto), oppure ancora al teatro positivamente saturo del Bowie anni ottanta di Scary Monsters (And Super Creeps).

 

Anche Black Star è un altro nuovo mondo in stile Bowie, un’ altra sua bellissima invenzione. Nonostante questo mondo sia strano, e quasi totalmente diverso da The Next Day, è comunque un nuovo scalino su cui Bowie è salito, allontanando chi vociferava di una sua possibile malattia e ammutolendo del tutto chi lo accusava di essere ormai ripetitivo e senza idee. Certo, Blackstar può non piacere per la magniloquenza, ma d’altro canto se non può permettersele David Bowie canzoni da dieci minuti con assolo di sassofono al centro del pezzo, chi può farlo? In questa epoca di talent-show e di minestre riscaldate in cui A segue B in un succedersi di banalità noiose e sconfortanti, credo che la complessità di Blackstar sia ancora più necessaria del solito. Almeno per coloro che non vogliono fermarsi al primo ascolto ma piuttosto cercare il significato e le emozioni di un pezzo tra le righe del pezzo stesso, e non farsele semplicemente arrivare in faccia.

 

Partiamo dalla musica: è innegabile una certa vicinanza al jazz seppur mescolato agli Animal Collective e ai più intimistici Nine Inch Nails, ma non sono lontani neppure alcuni suoni sintetici già usati in alcuni pezzi e remix di The Next Day. Al minuto 4:40 sembra di tornare ai tempi di Heroes ascoltando quel lungo frammento orchestrale quasi rasserenante, che poi è nient’altro che un falso avvertimento dato il clima del pezzo irreparabilmente oscuro; si spiana così la strada ad un basso funky che si protrae fino al finale della canzone.

 

Il testo non è da meno: uno dei jazzisti coinvolti nelle session (McCaslin) ha dichiarato che Bowie gli avrebbe confessato che le liriche riguarderebbero l’Isis. Ma né Tony Visconti (storico producer di Bowie), né gli altri membri della band avrebbero dato conferme in tal senso e non vedo il bisogno di stabilire con precisione di cosa parli il testo perché è l’artista stesso, con le sue oscurità e sfocature a volerci confondere. Più che all’Isis, che certo non può essere esclusa del tutto dalle possibili “fonti di ispirazione”, le immagini evocate sembrano trattare alcuni temi di magia nera e satanismo da cui Bowie in carriera già era stato affascinato (si veda Breaking Glass del già citato Low, in cui ci sono riferimenti all’albero della vita dell’occultista Aleister Crawley). Simili immagini, inoltre, si ripetono nel pauroso video, in cui Bowie diventa un profeta cieco nello spazio circondato da giovani seminudi in pieno tremore.

 

 

Aumenta quindi il clima di mistero intorno sia alla figura di Bowie, assente dai palchi da ormai infiniti anni.

In compenso l’8 gennaio esce il nuovo album e sara’ un altro bellissimo pianeta da visitare con tutte le strane orbite che il suo grande creatore è abituato a conferire ai suoi mondi, Blackstar è una di queste e va osservata in silenzio, come si osserva una eclissi: non capiamo bene cosa stia succedendo, ma sappiamo che è qualcosa di unico, che non capita tutti i giorni e che non possiamo perderci perché ci fa emozionare da pazzi.