Dopo un anno di lunghi addii arriva un 2017 di grandi ritorni, con il rock che finalmente torna ad essere protagonista.

15) Metz – Strange Peace

Metti in una sola stanza tre pazzi scatenati e Steve Albini e il risultato è assicurato. Così ecco nascere Strange Peace, terzo lavoro dei canadesi Metz. Un post-hardcore nevrotico e schizzato che martella continuamente l’ascoltatore, facendo venire il fiatone. Con più di un rimando al grunge, questa “strana pace” divulgata dai Metz (titolo più che azzeccato) è uno degli album che ha fatto del 2017 un’annata fantastica per il rock. Non resta altro che aspettare il continuo.

 

 

14) Richard Dawson – Peasant

Un universo medievale con le sue storie quotidiane di soldati, prostitute e contadini. E’ quello che ha creato Richard Dawson con questo piccolo gioiello. Un album che si avvicina maledettamente a Canterbury per sonorità e atmosfera. Sonorità che sembrano venire da un periodo incredibilmente lontano, ma che parlano anche dei nostri giorni. Perché ancora oggi esistono i soldati e le prostitute, e continuano ad avere paura e ad essere stanchi, come proclama Richard nella splendida Soldier.

 

 

13) Elder – Reflections of a Floating World

Stoner, psichedelia e emocore fusi in un unico album. Può sembrare impossibile ma è realtà grazie agli Elder. Infatti la band americana durante le sei composizioni (dalla durata media di 10 minuti) gioca continuamente con generi diversi, passando dalla progressive al kraut rock. Un mondo galleggiante che si riflette continuamente, in un gioco degli specchi che dà sempre un risultato diverso e originale. Chapeau.

 

 

12) Aldous Harding – Party

Da oggi ho un nuovo motivo per amare la Nuova Zelanda. Roy Montgomery, Dead C, Dadamah e adesso questa bravissima cantautrice che, solo con le prime tre canzoni del suo Party, riesce ad unire Joanna Newson a Elliott Smith. Perché sta (quasi) tutta nelle tracce iniziali dell’album l’essenza di Aldous Harding: un cantautorato che emoziona continuamente, grazie ad una voce che a tratti si fa teatrale (Lisa Germano docet) e a melodie nostalgiche. Living The Classics è una delle canzoni dell’anno e per questo va ringraziata la lontana Nuova Zelanda. Ovviamente insieme ad Aldous Harding.   

 

                                      

11) Blanck Mass – World Eater

La copertina la dice lunga su World Eater. Il ringhio di un cane rabbioso che fa provare subito una sensazione di minaccia, di sconforto. Ed è proprio come quel ringhio il nuovo disco di Blanck Mass, nome d’arte di Benjamin John Power, che si è già fatto conoscere con il progetto Fuck Buttons. Se gli ultimi lavori del duo (in particolare Slow Focus) avevano già fatto intravedere un lato oscuro nel nostro Benjamin, con World Eater questo lato esplode definitivamente. Difatti l’elettronica di questo album è continuamente infuocata: ritmi forsennati e sentori di industrial in ogni angolo, che mischiano senza sosta le coordinate del genere.

 

 

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