Ebbro e Sconforto sono due 45 giri registrati da Umberto Bossi. I vinili del cantante che fu ora valgono 250.000 euro

Ho scoperto che Umberto Bossi è stato un artista. Ebbene, l’Umbèrt nazionale nei primi anni ’60 si era tuffato anima e core nella stesura di testi di musica leggera nazional-popolare dal retrogusto depressivo. E siccome un 45 giri non si nega a nessuno, neppure a Scialpi, pure Umberto, prima di dare fuoco alle polveri di un indipendentismo padano da operetta, ha provato a sfondare nel mondo della musica. Musica celtica, forse? Macché, niente di più lontano. Bossi, sfruttando l’onda lunga della tradizione folkloristica nazional-popolare italiana, nel 1961, se ne esce con un disco che riporta in auge ogni idealtipo della canzone italiana da balera di provincia. Nonostante il suo cantato abbia un effetto sia deprimente che vagamente vicino alle voci fuori campo dei filmati dell’Istituto Luce sul Ventennio italiano. Insomma, un mix spiazzante di malinconia e tradizione italica. Si posiziona elegantemente fra un jingle del Campari e il Mariottide di macciana memoria. Probabilemte oggi lo chiameremmo low-fi. Umberto Bossi è così il primo vero indipententista della musica a budget zero con registrazione sporca e distorta.

I Sonic Youth gli fanno una pippa. A ogni modo, Umberto aveva pure un nome d’arte: si faceva chiamare Donato. Ed è con questo pseudonimo che riuscì a registrare e pubblicare per l’etichetta Caruso la sua piccola, gioiosa e inquieta gemma. Ma non finisce qui. Donato, che oltre a cantare (?) e buttare giù testi à-la Nico Fidenco, aveva pure messo su un complesso. Una piccola band di scapestrati padani, futuri adepti al culto del celtismo applicato ad ampolle svuotate nelle sorgenti del Po, che cercò di partecipare al Festival di Castrocaro. Ve lo immaginate Umberto Bossi – alias Donato – a cantare sul palco di Castrocaro magari insieme ad Iva Zanicchi,  che partecipò a quella edizione? Utopia visionaria degna di Syd Barrett. Attenzione però: trenta anni dopo si ritroveranno davvero fianco a fianco quei due. Seduti in Parlamento.  È l’Italia, bellezza.  Certo che ascoltare in loop i due singoli di Donato,“Ebbro” e “Sconforto”, fa intuire il doppelgänger bossiano prima e leghista poi: due facce della stessa medaglia. 

Ebbro è il lato scanzonato: quello da ballo folkloristico in osteria, con boccali di birra alzati in aria con forza insieme a canti di gruppo allegri e caciaroni, lanciati dal tuo vicino di casa con cui condividi la messa domenicale e le grappe del dopo funzione. E poi c’è Sconforto, il lato doloroso: un requiem di incolmabile sofferenza, condito da irrequietezza esistenziale e desiderio di cambiamento drastico, violento.  E se ci pensate bene in quel 45 giri già si poteva scorgere, in nuce, l’intera natura del movimento leghista: le sue anime più rappresentative e vere. Quel suo paradigma sospeso a metà tra gazzarra proto-nazionalista da osteria e slanci retrogradi alla ricerca di un’autonomia impossibile e semi-caricaturale. Donato è Umberto. Prima che diventi Bossi. E il suo 45 giri contrastante è l’anima della Lega, prima che si affacciasse con prepotenza sul nostro belpaese. E quel disco adesso vale 250.000 euro. Chapeau.