Alessandro Cortini si racconta tra i suoi progetti da solista, l'esperienza con i Nine Inch Nails ed un'ipotetica fuga dagli States.

Siamo stati al MIRA digital arts festival di Barcellona a chiacchierare con Alessandro Cortini, musicista italiano, tastierista dei Nine Inch Nails, che presenta qui il suo nuovo progetto solista ‘Avanti’.

 

Alessandro raccontaci brevemente qual è stato fin qui il tuo percorso artistico, se non sbaglio nasci chitarrista…

Certo, e lo sono tuttora. Nel ‘99 decido di trasferirmi a Los Angeles per migliorare quelle che erano le mie passioni fin da bambino, il rock e la chitarra. Il primo contatto con la musica elettronica l’ho avuto poco prima di partire, collaborando con un artista di Forlì, Franco Naddei, ed è stato così che è cambiato un po’ tutto. Una volta negli States mi è passata quasi subito quella voglia di suonare la chitarra fine a sé stessa e il tempo libero lo dedicavo a registrare pezzi completi, a creare qualcosa di mio; questa transizione non è stato qualcosa di pianificato, era invece quel bisogno giornaliero di una soddisfazione dal punto di vista umano, che mi ha spinto in modo naturale in questa direzione.

 

Sappiamo che fai parte di vari progetti, come band (il più conosciuto, Nine Inch Nails) e come solista, quale di questi ti appassiona di più?

È difficile dire quale, penso sia più una questione di attitudine. Affronto tutti questi progetti con l’atteggiamento di un bambino. C’è un legame estremamente forte tra la creatività e l’essere bambini. Tutte le idee più innovative arrivano da chi sa essere ingenuo e sa sbarazzarsi dei preconcetti mentali. Ciò che non mi è mai piaciuto è il rito della tournée, il salire sul palco e ripetere la canzone esattamente come suona nell’album. È come se dopo aver passato l’esame scritto di maturità ti dicessero che devi fare l’orale ogni giorno in diverse città. Per me produrre è una terapia, prendere gli strumenti musicali, disporli a terra a casa mia e vedere cosa ne salta fuori, lo è stato con ‘Forse’, con ‘Sonno’ (ninnenanne elettroniche per sconfiggere il jetlag) e lo è con ‘Avanti’. Per sentirmi felice ho bisogno di pensare a quello che viene dopo e non a ripetere quello che ho già fatto, e questo può avvenire anche con una produzione dei Nine Inch Nails, non deve essere per forza qualcosa di personale.

 

‘Avanti’, lo show che hai presentato oggi, condivide molto la tua intimità…

Si, ma non l’ho mai pensato da questo punto di vista. È vero, i video sono vecchie registrazioni di famiglia, di quando ero bambino, ma l’effetto sulla gente che li vede non è la sensazione di spiare nella mia vita privata ma il rievocare memorie loro, ricordi della loro infanzia e in tutto questo la musica di certo aiuta.

 

Nel processo di creazione del binomio Audio/Video, come nel caso di ‘Avanti’ o come in quello dei tuoi precedenti lavori, c’è un ordine preciso?

In realtà non c’è una regola fissa. Per esempio per ‘Sonno’ e ‘Risveglio’ ho creato la musica e poi con Sean Curtis Patrick sono arrivati i visuals che poi a loro volta hanno influenzato il modo in cui suonavo questi pezzi dal vivo. Per ‘Avanti’ alcuni pezzi erano già stati scritti però c’era qualcosa che mi bloccava ed è quando ho trovato quei filmati che quei pezzi hanno avuto senso. Avevo già una casa discografica che voleva pubblicare l’album, ma i pezzi non hanno preso la forma sonora e legata ai video nella maniera in cui volevo finché non ho passato tutti i pezzi dal sintetizzatore su quattro tracce cominciando a suonarli come dei loop – cosa che mi permette anche di fare ogni sera una performance che si differenzia dalla precedente. Ed è proprio così che sfuggo alla “situazione esame” di cui parlavo prima.

 

In una tua precedente intervista hai detto “paradossalmente la libertà artistica la ottieni non vendendo milioni di copie”. La dimensione del Mira ti permette di esprimere questa tua libertà?

Certo, perché se vendi milioni di dischi hai delle responsabilità, magari anche inconsce riguardo alle aspettative che hanno i tuoi fan. Il Mira e gli altri festival in cui ho suonato fanno parte di un mondo più adatto alla mia dimensione. Non dico che a me non importino le aspettative di chi mi segue ma credo che come essere umano sia importante cambiare, crescere, e credo che il mio pubblico questo l’abbia capito. Sono contento di non aver fatto troppo successo con i miei progetti perché magari questa libertà non l’avrei potuta avere, o forse sono io paranoico, però credo che il lavoro che ho fatto con Trent (Reznor, Nine Inch Nails) su Ghosts, un album strumentale, sia al limite della possibilità di fare qualcosa di differente. Da questo punto di vista quindi mi ritengo fortunato, la mia vita musicale si è evoluta senza grosse pianificazioni, in maniera abbastanza naturale. In Italia siamo cresciuti con l’idea che se non soffri per fare qualcosa l’opera che ne viene fuori non è valida. Sono cazzate, ciò che non è valido è ciò che non senti tuo. Per me questo percorso è stato facile emotivamente parlando proprio per questo, perché mi sentivo realizzato.

 

Alessandro Cortini 2

 

 

È la seconda volta a Barcellona in 6 mesi. Che idea ti sei fatto della città?

Barcellona è un capolavoro. Ci sarebbe da abituarsi agli orari, noi a quest’ora (20, ndr) siamo già seduti davanti alla tv, ma quando la mia agente mi dice: “C’è da suonare a Barcellona”, non faccio domande e dico di si prima di sapere di che cosa si tratta.

 

Ed al Primavera Sound com’è andata?

C’ero stato con i Nine Inch Nails e sinceramente ero un po’ preoccupato perché nonostante sia un festival d’avanguardia, presta attenzione a gruppi di una dimensione diversa a quella che può essere la mia e l’idea di suonare alle 5 di pomeriggio sotto il sole mi spaventava. In realtà il concerto era all’Auditorium, che ho trovato pieno di tremila persone che hanno risposto in una maniera incredibile alla mia musica. Pensandoci non ci sono stati posti in cui non mi sia sentito a mio agio a fare ciò che faccio, sono fortunato.

 

Forse è anche il tuo atteggiamento che aiuta…

Non lo so, ma ne sono affascinato. Credo di avere questa tranquillità perché sono me stesso, e alla fine se ci pensi chi vuoi che faccia te stesso meglio di te? Nessuno. Allora se il tuo lavoro è fare te stesso, come puoi fallire?

 

Progetti per il futuro?

L’album di ‘Avanti’ esce l’anno prossimo con l’etichetta inglese [PIAS] e un paio di collaborazioni che escono quest’anno. Una con Lawrence English, che è poi lo show che abbiamo registrato l’anno scorso all’Atonal, ed una con Mertzbow che uscirà su Important Records. E poi concerti, suono in Australia e speriamo anche Nuova Zelanda.

 

Poi ad agosto c’era l’idea di trasferirsi in Europa a Berlino, ma ora con il risultato delle elezioni negli Stati Uniti il discorso sarà un po’ più lungo. Io e la mia ragazza siamo rimasti sconvolti. La prima reazione è stata piangere, perché è una sconfitta per gli USA e il mondo intero. La gente non si rende conto di quello che succederà, è difficile avere un’attitudine positiva. Con un governo tutto Repubblicano, ci possiamo dimenticare tutti i progressi fatti da Obama per uguaglianza, diritti civili, sanità e ambiente. E quindi tornando al discorso personale, abbiamo inizialmente pensato di andarcene subito ma vogliamo aspettare, educare la gente è chiave, educare me stesso e vedere che si può fare. Senza fare nessuna ribellione o armarmi, avrei la mia musica come arma ma non ho mai pensato di usarla in maniera politica, perché non è quello che mi interessa. Ma quando il discorso politico diventa la tua vita di tutti i giorni allora le cose cambiano. Si vedrà, forse il percorso verso l’Europa dovrà essere un po’ più studiato…

 

In bocca al lupo Alessandro.

Grazie ragazzi, buon festival!

 

Parole di

Jacopo Duratti

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