Fa un caldo orribile. Umidità alle stelle. Guardo il calendario e siamo effettivamente al 10 di Ottobre. Carico in macchina la mia chitarra acustica, una scheda audio portatile, un pc, un microfono e qualche cavo: vado ad incontrare gli Elephant Stone e l’occasione è di quelle rare, avendo l’opportunità non solo di intervistare la band, ma di registrarne e filmarne una piccola esibizione live in acustico.

Gli Elephant Stone vengono dal Canada, Montreal e proseguono un’illustre albero genealogico che pone sui rami più alti mostri sacri come Neil Young, Joni Mitchell e The Band. Si inseriscono in quel filone del così detto “revival psichedelico”, insieme a Brian Jonestown Massacre, The Black Angels e Tame Impala, tanto per fare i nomi più altisonanti e popular. Vedono la luce nel 2009, quando il loro leader e frontman Rishi Dhir – di chiare origini indiane – lascia il suo progetto musicale e dà vita alla sua nuova creatura: suggestioni sixties, chitarre twang, grande songwriting e un attitudine pop che li avvicina a band come The Zombies e, cambiando decennio, ai Pavement e a Stephen Malkmus. A rendere il tutto più interessante ed esotico sono le numerose contaminazioni con la tradizione musicale indiana, Rishi è un ottimo sitarista e non manca di inserire nel sound della sua band elementi e strumenti come tabla, dirluba e appunto, sitar.

Torno alla realtà e con non pochi impedimenti climatici e respiratori arrivo al Tender, il locale dove quella sera si esibiranno per la loro unica data italiana. Al mio arrivo sono tutti intenti nello scaricare il van, montare il palco e sistemare gli strumenti, bellissimi, in attesa di fare il soundcheck.

Finalmente arriva il mio momento, ci presentiamo, ci sistemiamo nel back stage e iniziamo la nostra chiacchierata.

ilcARTEllo: Venite da Montreal, Canada e prima di chiedervi se c’è una band proveniente dalla vostra città di cui vi piacerebbe parlare mi vengono subito i mente i Suuns, cosa ne pensate?

Elephant Stone: Ti avremmo risposto proprio…i Suuns! Siamo loro fans e loro ottimi amici.

ilcARTEllo: Ebbi modo di viderli live qualche tempo dal vivo ed il concerto veniva aperto dall’imprevedibile Mac de Marco, canadese anche lui.

Elephant Stone: Si, esatto. Ci piace molto anche Mac de Marco.

ilcARTEllo: Quanta influenza ha la musica indiana sugli Elephant Stone?

Rishi Dhir – Elephant Stone: E’ sicuramente una componente importante della nostra musica anche se non so dirti quanta influenza abbia. In qualche modo è sempre lì, più o meno consciamente. Quando scriviamo del nuovo materiale, specialmente sull’ultimo disco, non pensiamo mai “ok, dovrebbe suonare in questo modo”: sono oramai cinque anni che lavoriamo assieme e capiamo in che direzione un pezzo debba andare. Lavoriamo molto bene insieme, e siamo piuttosto veloci nel farlo, l’ultimo album è uscito giusto un anno dopo il precedente.

ilcARTEllo: Rishi, tu hai anche una tua etichetta discografica, la Elephant On Parade.

Rishi Dhir – Elephant Stone: Si, il nostro primo album (“The Seven Seas” ndr) lo abbiamo pubblicato sulla mia label così come il nostro “The Glass Box Ep.

ilcARTEllo: Da dove arriva il nome “Elephant Stone”, scommeto che c’entrano gli Stone Roses, giusto?

Rishi Dhir – Elephant Stone: Stavamo pensando agli Happy Mondays che sono grandi ma hanno un brutto nome (ridono ndr). Comunque volevo chiamare la band includendo la parola Elephant, poichè ho una statua in pietra di Ganesh, il dio-elefante che nella tradizione e religione indiana è il dio della prosperità e dei nuovi inizi….e poi mi piacciono gli Stone Roses così ho unito le due cose!

ilcARTEllo: Hai preso parte a numerose ed eccellenti collaborazioni con artisti del calibro di Beck, Brian Jonestown Massacre e The Black Angels. Ci vuoi raccontare qualcosa a proposito?

Rishi Dhir – Elephant Stone: Lavoravo ad un progetto con Alex dei Black Angels ed altri amici musicisti, ma siamo sempre troppo impegnati per dedicarsi ad un side-project (ride di nuovo ndr)! Non credo che funzionerà mai: avevamo lavorato ad una canzone che era piuttosto buona ma siamo sempre tutti in tour, o con album da promuovere….

ilcARTEllo: Le tue collaborazioni extra-Elaphant Stone sono state prevalentemente live o in studio? Della tua esperienza con Beck cosa mi racconti?

Rishi Dhir – Elephant Stone: Ero in tour in Australia coi Black Angels e Beck suonava ad un festival dove eravamo in cartellone. Lo sentii eseguire Loser e ho pensato “ci starebbe bene un Sitar su quella canzone!”, così attraverso i suoi tour managers sono riuscito ad unirmi al suo tour e ho fatto due show con lui in Australia e poi uno a Montreal. Mentre Anton dei BJM lo conosco da undici anni: ho suonato con loro dal vivo e lui ha remixato uno dei nostri brani.

Photo © www.eleonorabirardi.com

ilcARTEllo: Cosa mi dite del vostro marchio di pedali per chitarra ElephantsToneSono un po’ fissato coi fuzz e distorsiori, e i vostri pedali con il loro logo fighissimo mi hanno subito incuriosito!

Elephant Stone: Siamo felici che sia venuta fuori questa domanda! (ridono di nuovo ndr) Un nostro amico produce pedali ed è un tecnico elettronico. Così eravamo in studio con 9 fuzz diversi da provare  su Motherless Child. Alla fine ne abbiamo scelto uno che è piuttosto simile al classico fuzz russo, quindi gli abbiamo dato le nostre impressioni e pareri ed è venuta fuori questa cosa degli ElephantsTone!

Finiamo l’intervista in una fragorosa risata di gruppo, uno scambio di abbracci e strette di mano, due parole su quanto a volte i pedali per chitarra siano brutti da vedere ma belli da ascoltare e quindi ci sistemiamo davanti a Rishi, lui imbraccia la chitarra, noi schiacciamo rec su telecamere e registratori e il risultato è il seguente… Buon ascolto.

Rishi Dhir degli Elephant Stone suona “Living for Something”, una canzone mai eseguita prima dal vivo ed estratta dal loro album del 2014 “Three Poisons”. – Video © Paul&Frank – Video and Photo Events