Ero al termine della mia adolescenza quando, un lontano dicembre del 2006, partecipai ad una serata destinata a divenire epica nei miei ricordi. Sto parlando del Roma Europa Festival, e quel giorno la line-up, era una di quelle line-up che nel mondo dei clubber viene considerata semplicemente come il top. James Holden, Ricardo Villalobos e Sven Vath tutti insieme, in una sola notte. E il motivo principale della mia trasferta era (a differenza del 99,9 % dei presenti alla serata) ascoltare quel ragazzino timido e un po’ nerd (anzi, decisamente nerd…giudicate anche voi) che stava ai piatti trasmettendo nei nostri padiglioni auricolari glitch folli quanto geniali. Il ragazzino in questione si era appena fatto conoscere nel mondo dei dj grazie ad una piccola gemma elettronica, quel “The Idiot Are Winning” che insieme a “Drowning In A sea Of Love” di Nathan Fake (e i punti in comune tra i due sono molti, dall’etichetta, la gloriosa Border Community, sino ad arrivare al remix che lo stesso James ha fatto per “The Sky Was Pink” di Nathan) è stato uno degli esordi più folgoranti nel suo genere (Aphex Twin e Boards Of Canada permettendo), tramutandolo in uno dei miei idoli da club. Ma abbandoniamo i sentimentalismi del passato, perché adesso stiamo parlando di futuro. Infatti, quasi dieci anni dopo, James Holden ha fatto il salto di qualità definitivo con il nuovo album, “The Inheritors” (capolavoro che, insieme ad “ISAM” di Amon Tobin, assume il ruolo di capostipite della nuova generazione di musica elettronica) allontanandosi definitivamente dai dj da sabato rilegati esclusivamente all’interno del contesto delle discoteche, dei club. Così lo ritroviamo in un live che ha come location il bellissimo Teatro Comunale di Bologna (il tutto organizzato da un Robot Festival che quest’anno ha deciso di fare le cose veramente in grande. Difatti, oltre a James Holden, prossimamente proporrà anche nella sua scaletta artisti come Moderat, Apparat, Gold Panda, Jon Hopkins etc).

James_Holden_-_The_Inheritors

Un live che, insieme a quelli di Squarepusher ed Amon Tobin (di nuovo) si propone come l’esperienza più moderna che possiamo vivere nel panorama attuale. Un’esperienza che, appunto, ci proietta immediatamente verso il futuro, facendoci sentire come le prime persone che hanno sentito i Pink Floyd all’Ufo Club, Londra. Estraniati verso qualcosa che immaginavamo solo nelle nostre fantasie più fantascientifiche. Ed eccolo qui, quello scenario sci-fi plasmato da artisti cyberpunk anni fa. Un concerto di musica elettronica in un teatro, il sacro unito al profano. Concerto che spicca subito il volo con “Renata”, ormai un cult. Ma la potenza creativa di James raggiunge il culmine con “The Caterpillar’s Intervention”, “Gone Feral” e “Seven Stars”, capolavori elettronici dalle sonorità desolate ed oscure, che portano alla mente desertici paesaggi di metallo, industrie che trasmettono musica sotto la forma di un folle richiamo apocalittico. James, accompagnato dall’ottimo batterista Tom Page, smanetta continuamente pulsando attraverso i suoi strumenti digitali, dandoci sempre le spalle come uno stregone che lavora alla propria formula magica, accompagnato da visual che rendono il live un’esperienza psichedelica e quasi religiosa. Difatti all’interno del maxi schermo sembra quasi di scorgere i simboli della nascita di un nuovo mondo, di un nuovo linguaggio gutturale proprio dell’artista che ci introduce alla sua creazione. Cellule si fondono con cellule dando inizio al cerchio della vita, molecole interagiscono tra di loro originando un brodo primordiale elettronico, protozoi fatti di suoni brancolano nell’atmosfera, e alla fine rimane solo il dio che le ha create, in piedi, esausto, ad osservare il suo creato. James Holden, dio dell’elettronica. Infine le luci del teatro si accendono e il pubblico seduto si alza improvvisamente in un applauso, un applauso verso quel creatore visionario e sregolato che in una sola notte ci ha fatto fare un balzo nel futuro, un balzo verso un nuovo universo musicale di cui sentiremo nuovamente parlare, destinato ad allargare le sue influenze. E questo è solo l’inizio.