Ecco i nostri consigli per l'ascolto sui migliori album italiani del 2016.

Alessandro Fiori – Plancton

Che dire di questo disco, cosa non dire, è un lavoro squisito e elegantissimo. Mescola con sapienza suoni, impressioni, e quel gusto naif che elimina ogni speranza di intravedere delle dinamiche da una variazione all’altra. Alessandro Fiori segna un punto altissimo, e fa nelle orecchie dei più, l’amore come fosse uno Scott Walker più tenero, come un jazzista di nuova scuola, impossibile non pensare a quell’ottima intuizione purtroppo non perseguita da absent in sonorizza il regno animale. Plancton è un compromesso inaspettatamente funzionale, fra il cantautorato a tratti strano e solare di Fiori e l’elettronica scura che lo contiene, come i cracker con la nutella, non te lo aspetti ma sono una bomba. Se vuoi accettare che il mondo continua oltre Battiato senza dover necessariamente cadere nel miserere dell’all’estero lo sanno fare, è questo il disco giusto.

 

Barsexuals – Black Brown And White

I Barsexuals finalmente incidono, dopo 10 anni e più giri dentro e fuori l’italia, un’ approccio da veri rocker di vecchia data. E ne esce BbaW che è un disco garage blues sporco ed esplosivo. Se swag non avesse assunto la connotazione contemporanea di ragazzino emaciato vestito come un pagliaccio che balla su pezzi trap, ci starebbe benissimo. Perché loro sono così nel senso più vero, suonano ubriachi marci e comunque stilosissimi. La voce calda e cavernosa del reverendo smuove i diavoli dritti dal sessanta e non ci fa mancare nulla se quello che cerchiamo è rock’n roll dell’essenza, quello figlio malconcio del blues, che tira dritto per pezzi rotondi da 3 minuti al massimo, escluse le doverose eccezioni.

 

Salvo Mizzle – Belzebù pensaci tu

Salvo Mizzle è un cantautore pugliese non ancora arrivato all’onere della cronaca, non ci è dato sapere se accadrà, per quanto crediamo meriti e quindi in questa top che non è una top ci mettiamo il suo disco che stramerita. BPT è un lavoro che dolce e intenso fatto in introversione e chitarre grunge, mescola l’indie dei primi 90 alle intuizioni di questa nuova scena, evitando i crismi del pop a tutti i costi. La scrittura del Mizzle è notevole, ricca di immagini evocative e metafore aderenti alle stanze musicali di pezzo in pezzo, se a questo s’aggiunge che fa il paio alla bella scrittua una splendida voce, si ha una prima idea di quel che è, con o senza lo zampino del Diavolo invocato nel titolo dell’album e ben celato fra le tracce.

 

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