La borsa che crolla, la borsa che sale. Ansia di inizio millennio, attentati terroristici, attentati finanziari, attentati familiari, caos e disordini, pubblicità e supermarket. TV, indici di ascolto, messaggi subliminali, la guerra in Iraq, la guerra in Afghanistan. Guerre sociali, guerre religiose, il nuovo vestito della star, disinformazione, tg fasulli. Adidas, Nike, Mcdonald, Visa, Mastercard, Sony, Samsung, Mercedes. Vivi per comprare. Compra per sprecare. I nuovi media. La lobotomia di Facebook. Bush, Obama. Sconti e furti, omicidi in diretta, crisi fin(ansia)rie, lo spread umano. I Massive Attack sono questo e molto altro. Un attacco mastodontico a tutto quello (di sbagliato) che si muove attorno alla nostra società, gravitando all’interno delle TV e dei nostri pensieri collettivi. Una sorta di presa di coscienza musicale, che spazia tra i generi e gli argomenti senza lasciare scampo a niente. I Massive Attack sono anche uno dei migliori gruppi dei gloriosi anni 90 (insieme a Nirvana, Radiohead, MBV e pochi altri eletti), tra gli inventori di quel genere musicale, trip hop, che è stata l’ultima vera e propria rivoluzione nell’ambito musicale, l’ultima ventata di fresco. Un’unione di dub, hip hop, ambient, chillout, rock, r’n’b e molto molto altro. Sono anche una delle band più importanti della mia vita, perché li seguo assiduamente dal 94, e insomma sento che siamo un po’ cresciuti insieme, fianco a fianco, tutto qui. Ed è con emozione che vado incontro alla (fottuta) pioggia di Piazzola sul Brenta, per ascoltare i miei eroi. Una pioggia che ha rischiato di spazzare via il concerto, addirittura. Ma che, fortunatamente, ad un certo punto si è fermata limitandosi solo a far slittare di un’ora l’evento. Un’ora veramente brutta per me, che, accanto a Elle Bi (sì, sono il catalizzatore di tutti gli eventi del cARTEllo, l’unica presenza fissa in ogni concerto) me ne stavo sotto la pioggia mangiucchiandomi nervoso le unghie, proiettandomi pessimisticamente verso un futuro che prevedeva il live annullato e la mia conseguente incazzatura (per non dire peggio, giuro avrei veramente perso la testa se un semplice agente atmosferico mi avesse fatto perdere i Massive), mentre il mio compagno cartelliano parlava senza ricevere troppe attenzioni. Ma naturalmente è andato tutto bene (come potevate immaginarvi visto che state leggendo questo articolo…nel caso contrario forse avreste letto mie notizie negli articoli di cronaca delle varie testate nazionali) e posso descrivervi un live che difficilmente dimenticherò. Ok, lasciamo da parte le iniziali Battlebox e United Snakes (fin troppo elettroniche e techno oriented per i miei gusti, in più eravamo sempre in fila per prendere qualche birra quando sono partite le prime due canzoni quindi) e passiamo direttamente a Risingson. La mia temperatura corporea sale immediatamente, ecco uno dei capolavori di Mezzanine. Neanche il tempo di rendermi conto di cosa sta succedendo, e mi ritrovo in mezzo alla folla a cantare a squarciagola. “Toy Like People Make Me Boy Like”. Poi la canzone finisce, alzo lo sguardo ed eccoli li. Robert “3D” Del Naja ed il fottuto “Daddy G” Grant Marshall. Neanche il tempo di realizzare la cosa, che fanno salire sul palco Martina (e quando arrivo a questo punto del nome mi viene sempre la voglia di aggiungergli come seguito “ti amo”, non chiedetemi perché, mi viene spontaneo) Topley Bird, la più grande musa del trip hop, la leggendaria cantante di Tricky (altro mostro sacro del genere per chi non lo sapesse. Ho sentito anche lui molti anni fa, in un memorabile concerto a Firenze). Martina “ti amo” Topley Bird interpreta “ Paradise Circus” e ricordo immediatamente il motivo per cui aggiungo il seguito al nome. La voce, è quella voce paradisiaca che ha cantato tanti capolavori passati del genere, e sono quasi commosso. Subito dopo subisco un nuovo colpo al cuore. Arriva l’immenso Horace Andy, e per me vederlo è quasi come far parte di una riunione tra familiari che non abbraccio da molto tempo, come per tutti gli altri componenti del gruppo, ed è bellissimo. “ Girl I Love You” suona quasi come la versione studio da quanto è interpretata alla perfezione, e improvvisamente sullo schermo scorrono notizie ironiche di cronaca italiana. Schermi che hanno un ruolo da protagonista nello show della band di Bristol. Notizie dal mondo, frasi guerrafondaie di Bush e co., codici binari, luci psichedeliche vengono trasmessi ad una velocità enorme verso i nostri occhi, creando un effetto quasi alienante. 
 
Onore anche per “Psyche”, bellissima dal vivo, e dopo “Future Proof”, “Teardrop” ed “Angel”. Sì, più o meno sono stato 15 minuti con gli occhi lucidi. Non potevo resistere a così tanto. Queste tre canzoni, anzi questi tre capolavori, uno dietro l’altro. No, fidatevi, per me è stato troppo, e non c’è nient’altro da dire. Solo che ho pianto, come un bambino. Ed ero talmente emozionato, talmente perso nei miei pensieri commoventi, che solo oggi (leggendo la scaletta) ho scoperto che dopo queste tre canzoni è stata suonata “Butterfly Caught” (cantata da Martina “ti amo” Topley Bird). Mi sono ripreso dal vortice di emozioni con “Safe From Harm”, cantata da una splendida, immensa Deborah Miller, seguita da “Inertia Creep”. Beh, qui sono passato dalla commozione, alla foga totale. Che capolavoro. Un altro classico da “Mezzanine”. 
 
Ed è quasi al culmine di “Inertia” che, cullato dalle luci dei maxi schermi, sono entrato in un viaggio a ritroso nel tempo. Un viaggio che aveva come tema il passato, il mio passato con i Massive Attack. E sono tornato nel 94, quando, piccolo bambino incollato 24 ore su 24 allo schermo della TV (canale MTV (quando MTV era MTV) fisso) vidi per la prima volta il video di “Protection” (girato da un altro dei miei idoli, quel maledetto geniaccio di Gondry) innamorandomene all’istante, tanto da trasformare la canzone e il video in una delle più importanti della mia vita. E ho ricordato quando, sempre nello stesso anno, nella penombra del salotto di mia nonna, seduto su una comoda poltrona, vidi (e sentii) “Karmacoma”, convincendomi definitivamente che i Massive Attack erano uno dei miei gruppi preferiti. E, vi giuro, mi tornano anche adesso le lacrime agli occhi se ripenso a quel lontano 1998, quando improvvisamente apparve sugli schermi delle TV l’immagine di un feto, ritmato dal battito di cuore di “Teardrop”, uno degli inni di un’intera generazione. E non finisce qui. Ricordo tutto il passato per intero, perché i Massive hanno fatto parte della colonna sonora della mia vita, e non finirò mai di ringraziarli per questo. Mi risveglio da questo viaggio lungo 25 anni che non è passato neanche un minuto, e come titoli di coda del concerto (un concerto in cui stranamente il tempo è trascorso velocissimo, quasi come se non esistesse) i Massive Attack suonano “Incantations”, “Splitting The Atom” e la bellissima “Unfinished Sympathy”, mettendo fine a questo cerchio ideale che ha fatto parte della mia vita. Della mia e di molte altre. Perché come detto prima i Massive Attack sono stati portavoce di una generazione matura e mai stanca di conoscere e di dire la propria opinione (non a caso al termine del concerto sugli schermi appare una scritta simbolica, “Fai sentire la tua voce”). Una generazione che sarà sempre pronta a rivolgere il proprio attacco massiccio e deciso verso la borsa che crolla, o che sale, verso le pubblicità e i supermarket, verso le guerre religiose,verso la disinformazione e i tg fasulli, verso Nike Adidas e McDonald, verso lo spread umano.